Hai mai sentito parlare di Space Architecture? Se la risposta è no, è possibile che nel prossimo futuro sentirai molto spesso queste due parole. Il settore spaziale è in forte crescita negli ultimi anni grazie ai nuovi e ambiziosi obiettivi di lungo-medio termine. La School of Disruption del SIDI si proietta in avanti proponendo un corso per formare i prossimi attori della Space Architecture: progettare soluzioni che permettano di vivere oltre il pianeta Terra.
L’avanzamento delle conquiste spaziali pone di fronte delle sfide sempre più ardue e stimolanti. Un giorno molto probabilmente saremo in grado di vivere permanentemente oltre i confini del nostro Pianeta: stabilendo insediamenti in luoghi alieni, molto diversi da quelli terrestri. Già un grande passo è stato fatto grazie alla più che ventennale presenza di astronauti nella ISS. È tempo di pensare a come vivere in questi posti inospitali: questo problema ha portato alla nascita della “Space Architecture”.
Uno degli obiettivi del SIDI (Swiss Institute for Disruptive Innovation) è proprio quello di promuovere questo nuovo trend attraverso corsi formativi orientati verso il tema della Space Architecture nell’ambito della School of Disruption. A molti potrebbe sembrare prematuro o addirittura fantascientifico: la realtà è che prima o poi l’Umanità riuscirà ad espandere ulteriormente i propri confini. Basti pensare alla rinnovata corsa verso la Luna e ai futuri viaggi su Marte: quindi, zaino in spalla! Vediamo 5 buone ragioni per studiare la Space Economy.
Per altri approfondimenti: Il meglio della Space Architecture in un unico posto: scopri il corso del SIDI
Partiamo con il motivo più sentimentale: chi, tra i più appassionati di fantascienza, guardando le avventure spaziali dei propri beniamini, non ha mai immaginato di vivere in quei mondi? Spesso ambienti in cui regna tecnologia avanti anni luce rispetto a quanto disponibile oggi. Per i più pratici di Star Wars pensiamo ad esempio alla Città delle Nuvole su Bespin oppure alla stessa Morte Nera (una qualsiasi delle due).
Se puoi immaginarlo, puoi farlo: è questo l’impulso che può concretizzare oggi quanto descritto nel mondo sci-fi. Disponiamo di tecnologie che qualche decennio fa esistevano solo nelle menti dei registi più visionari: pensiamo ad esempio agli speaker con assistenti vocali integrati. Questo porta a pensare che nel futuro ciò che noi percepiamo come fantascienza oggi, molto probabilmente troverà realizzazione. Il primo passo è quindi l’immaginazione…
Le persone più concrete possono trovare questo motivo più persuasivo: ciò che viene sviluppato per mondi remoti può portare giovamento anche per chi rimane sulla Terra! Pensiamo ad esempio all’impatto che ha la nostra quotidianità sull’ambiente: realizzare una vera e propria economia circolare delle risorse porterebbe vantaggi anche al sistema terrestre. Nello spazio siamo obbligati a riciclare non avendo a disposizione ulteriori risorse. Lo stesso modello si potrebbe riproporre nelle nostre infrastrutture.
Ecco che il ruolo dell’architetto spaziale diventa necessario per coniugare parecchie abilità multidisciplinari. Pensiamo alle nozioni aerospaziali in primis, poi a quelle legate alla bioastronautica, all’astrofisica, senza tralasciare la pianificazione degli spazi. L’obiettivo finale è quindi quello di creare un ambiente funzionale che assicuri sia benessere fisico che psicologico.
La missione dell’architettura spaziale è quella di rompere la monotonia di un piccolo habitat spaziale e garantire che il design aiuti a mitigare i rischi associati all’isolamento”.
Anastasia Prosina, Space Architect
I più catastrofisti si sentiranno sollevati sapendo che c’è qualcuno che pianifica come vivere lontano dal Pianeta. Ad oggi, tra le tante “fine del mondo” proposte da Hollywood, quella purtroppo più realistica sembra essere legata al cambiamento climatico. Pensiamo alle previsioni, riferite alla metà del secolo, riguardo la scomparsa di diversi tratti di zone costiere, tutto ciò causato dall’innalzamento dei mari. Si stima che almeno 150 milioni di persone possano essere direttamente coinvolte da tale fenomeno.
Ma senza guardare troppo oltre, basta sfogliare le pagine di cronaca degli ultimi anni, dove balzano sempre più all’occhio notizie legate a fenomeni atmosferici inaspettati e violenti che si abbattono in tutto il mondo: frane, valanghe, alluvioni, uragani ecc. Una delle soluzioni possibili è quella di guardare alle stelle e trasferirsi lontano dai fenomeni terrestri; certo è che le condizioni ambientali in cui ci imbatteremmo non sono molto migliori, anzi…
Forse è il punto cruciale di tutta la faccenda: l’interesse verso lo spazio sta aumentando a dismisura grazie agli investimenti dei privati. Lo spazio diventerà sempre più accessibile non solo a coloro che dei viaggi spaziali ne hanno fatto una professione. Questo trend necessita il reclutamento di personale attivo nel settore spaziale, sia direttamente che indirettamente: siamo entrati nell’era della space economy. Si parla di aprire hotel orbitanti, creare una colonia stabile di umani sulla Lune e di viaggiare su Marte.
Obiettivi, quindi, che richiedono ingenti risorse, anche umane. Guardiamo alla collaborazione tra NASA, BIG, SEArch+ e ICON, volta allo sviluppo di una città lunare: questo è solamente uno dei tanti progetti in fase di sviluppo per il prossimo futuro spaziale! In questo contesto di edilizia la soluzione sembra venire dalla stampa 3D di strutture direttamente in loco: ciò non può che accelerare ulteriormente il campo dell’Additive Manufacturing.
Siamo assetati di conoscenza, ma per conoscere bisogna esplorare: ce lo insegna la storia. L’altra qualità che possiamo attribuire a noi terrestri è quella di mettersi in gioco, spesso mettendo da parte i rischi in favore della consapevolezza di trovare qualcosa di sconosciuto. Forse è questo il vero “carburante psicologico” che ci ha permesso di arrivare dove siamo ora.
C’è chi evidenzierebbe, a ragione, che i passi in avanti nascondono lati oscuri che spesso mettono in ombra le conquiste. Pensiamo ad esempio alla celebre frase di Einstein sul nucleare che riassume il concetto: “Il problema oggi non è l’energia nucleare, ma il cuore dell’uomo”. Vale però la pena soffermarsi troppo sulle conseguenze negative rischiando di rimanere immobili?