A metà del secolo scorso l’uomo iniziò concretamente a lavorare per riuscire ad esplorare uno degli ambienti che gli erano ancora preclusi: lo spazio. Spinte dall’evoluzione tecnologica in ambito bellico, le grandi superpotenze mondiali dell’epoca incominciarono a concepire i loro progetti sempre più in alto e sempre più lontano dall’atmosfera, raggiungendo risultati incredibili in pochissimo tempo e gareggiando per ottenere il maggior numero di record legati allo spazio.
Se la Germania era stata capace di ritagliarsi un ruolo di capofila nello sviluppo di missili balistici e razzi, dopo la Seconda Guerra Mondiale la sfida tecnologica legata allo spazio diventò una questione a due: Stati Uniti contro Unione Sovietica. La Guerra Fredda diede un’innegabile spinta al settore tecnologico e quello aerospaziale fu uno dei settori che beneficiò maggiormente di questa competizione.
L’inizio della corsa allo spazio si fa convenzionalmente risalire al successo della missione sovietica Sputnik 1, il primo satellite artificiale mai messo in orbita e funzionante. Il famoso “beep” emesso dal satellite terrorizzò gli Stati Uniti e costrinse l’allora presidente americano Eisenhower a imporre un maggiore slancio al programma Explorer, che mise in orbita con successo il suo Explorer 1, meno di 4 mesi dopo.
Da quel momento i record legati allo spazio si susseguirono uno dopo l’altro con una velocità ed un’apparente semplicità inimmaginabili fino a qualche decennio prima e che lascia sorpresi ancora oggi. In questo articolo approfondiremo 10 dei record spaziali più significativi del secolo scorso:
Il primo record che vi raccontiamo non attiene precisamente alla corsa allo spazio, ma è il perfetto punto di partenza per l’evoluzione aerospaziale del dopoguerra. Il razzo V2 era stato progettato e costruito dalla Germania nazista con l’idea di farlo esplodere su obiettivi sensibili di Gran Bretagna e Belgio. Oltre questo disumano utilizzo, il V2 però ottenne il primo record che si può definire spaziale.
Anche se sappiamo che non esiste un confine netto tra atmosfera e spazio esterno, si è scelta convenzionalmente la Linea di Karman, posta a 100 km di altitudine, come linea di ingresso nello spazio. Nell’ambito del programma di lanci verticali messo in piedi dai tedeschi, al fine di testare il comportamento del razzo nello spazio, il 20 giugno 1944, durante il lancio MW18014, il V2 fu il primo a raggiungere una quota superiore ai 100 km, per la precisione 176 km, e quindi ad entrare nello spazio. Il razzo tedesco compì anche il primo volo spaziale suborbitale, ricadendo e schiantandosi sulla Terra.
Era il 4 ottobre 1957 quando, dal cosmodromo Bajkonur, venne lanciato il razzo che portò il primo satellite artificiale della storia dell’uomo in orbita terrestre. Il piccolo Sputnik 1, che in russo significa “satellite”, era una sfera di alluminio del diametro di 58 centimetri e del peso di 83,6 Kg, con 4 antenne lunghe 2,5 metri. La strumentazione semplicissima era costituita da un termometro e due trasmittenti, alimentate da una serie di batterie. Il suo segnale radio (trasmesso a 20 e 40 MHz) era facilmente ascoltabile anche dai radioamatori.
Per questo motivo la notizia del successo sovietico e il famoso “beep” con il quale Sputnik comunicava, ebbero un impatto enorme sull’opinione pubblica, spingendo gli Stati Uniti a entrare nella competizione spaziale. Il satellite sovietico garantì il primo di una lunga serie di record spaziali per l’URSS. Il segnale radio si interruppe dopo 21 giorni in orbita e Sputnik 1 bruciò nell’atmosfera nel gennaio 1958.
In netto vantaggio sugli americani, i sovietici decisero di stupire il mondo mandando il primo essere vivente in orbita, già nel novembre 1957. Dopo il successo dello Sputnik 1, in brevissimo tempo venne costruito lo Sputnik 2, di dimensioni ben maggiori (508,3 Kg) e con un minimo supporto vitale, in grado di ospitare un essere vivente. Per la missione fu scelta una cagnetta di nome Kudrjavka, nota al mondo occidentale come Laika, termine che però indica la razza canina. Nella capsula all’interno del satellite erano presenti cibo e acqua sotto forma di gel, impianto di aerazione e controllo della temperatura.
Alla partenza inoltre vennero collegati dei sensori che mandavano a terra i parametri vitali dell’animale. Nonostante questo, la missione non prevedeva un rientro e quindi il destino di Laika era segnato fin dall’inizio. Le fonti ufficiali sovietiche annunciarono che la cagnolina era sopravvissuta 4 giorni, ma ricerche recenti hanno stabilito che il cane perse la vita dopo solo 5 ore dal lancio, probabilmente a causa degli sbalzi di temperatura. Il record per il primo animale nello spazio venne registrato, ma questa missione causò moti di protesta in tutto il mondo, contro l’uso di cani nelle missioni spaziali.
Conquistata l’orbita terrestre bassa, i sovietici spostarono l’obiettivo verso la Luna. Il programma spaziale Luna puntava a mandare sonde sul nostro satellite per studiarne la composizione e le caratteristiche, in modo da progettare un futuro sbarco umano. La prima sonda, Luna 1, fu il primo oggetto ad entrare nell’orbita lunare, ma mancò l’obiettivo principale, ovvero quello di schiantarsi sulla superficie.
Pochi mesi più tardi, il 13 settembre 1959, Luna 2 entrò nell’orbita lunare e raggiunse con successo la superficie: era il primo oggetto ad impattare il nostro satellite. Non era previsto un atterraggio morbido e quindi la missione fu un successo. Inoltre grazie alla strumentazione a bordo di Luna 2, si potè confermare l’esistenza del vento solare e il fatto che la Luna non possedesse un campo magnetico apprezzabile.
Il 12 aprile del 1961, dal cosmodromo di Bajkonur, decollò il razzo R-7 sovietico. Dopo pochi minuti la capsula Vostok 1 stava già orbitando attorno al nostro pianeta ad una quota tra 169 e 315 km. Al suo interno, il maggiore Jurij Alekseevič Gagarin stava fluttuando: era il primo essere umano nello spazio. La missione prevedeva il completo controllo della navicella da terra e, solo in caso di emergenza, Gagarin avrebbe potuto prenderne il comando.
Dopo che Vostok 1 ebbe compiuto un’orbita completa, iniziarono le manovre di discesa per il rientro a terra. Se le manovre non fossero andate a buon fine, la navicella avrebbe rallentato a causa dell’attrito con l’atmosfera e sarebbe atterrata dopo 10 giorni: per questo, a bordo, era stato previsto cibo, energia e ossigeno per resistere molto tempo nello spazio. L’atterraggio invece funzionò come previsto: la Vostok 1, rientrando in atmosfera, aprì il paracadute che ne frenava la discesa. Ad un’altitudine di 7000 metri, il maggiore Gagarin azionò il seggiolino eiettabile, per atterrare poco dopo sano e salvo. Il volo del primo uomo nello spazio durò appena 1 ora e 48 minuti, ma inaugurò un’era totalmente nuova per l’esplorazione umana.
Jurij Gagarin, venne accolto con tutti gli onori, divenne un eroe nazionale e un simbolo della propaganda sovietica, nonché una celebrità internazionale. Per proteggere l’uomo diventato simbolo, non volò mai più nello spazio, ma intraprese la carriera politica e accademica. Nel 1968, durante un volo di addestramento con il suo istruttore, perse il controllo del MiG-15 su cui stava volando, per cause mai chiarite con precisione, e morì a soli 34 anni.
Questo record spaziale, ottenuto nuovamente dai sovietici il 16 giugno 1963, è ancora più sorprendente se si pensa al ruolo della donna nella società degli anni ‘60. Ovviamente l’idea di addestrare cosmonaute donna per il programma Vostok fu inizialmente osteggiata da buona parte dell’apparato militare sovietico, ma, nonostante questo, vennero selezionate 5 possibili candidate.
La prescelta a pilotare la Vostok 6 fu la paracadutista Valentina Tereškova, che orbitò attorno alla Terra per tre giorni. Rientrò con successo sulla Terra, nonostante una fase di atterraggio senza comunicazioni radio a causa di un guasto. La Tereškova per quasi 20 anni fu l’unica donna ad essere stata nello spazio; bisognerà attendere infatti fino al 1982, con il volo della cosmonauta Svetlana Savickaja, per vedere la seconda donna in orbita.
Modificando la capsula usata nella missione Voschod 1, i sovietici crearono una nuova capsula con una chiusa d’aria gonfiabile, chiamandola Voschod 2. Una volta che questa navicella avesse raggiunto l’orbita, la chiusa d’aria sarebbe stata gonfiata all’esterno della navicella ed usata come punto d’uscita per la prima attività extraveicolare. Le prime fasi della missione proseguirono senza intoppi e, il 18 marzo 1965, il cosmonauta Aleksej Leonov indossò la tuta spaziale appositamente progettata per la passeggiata spaziale, pronto per fare la storia.
Il cosmonauta passò dalla capsula alla chiusa d’aria gonfiata all’esterno e, da lì, si “lanciò” nel vuoto, collegato alla struttura da una fune di sicurezza. La sua passeggiata durò circa 12 minuti, ma al momento di rientrare, il cosmonauta non riuscì ad introdursi nello stretto passaggio della chiusa d’aria. A causa della mancanza di pressione esterna, la sua tuta si era infatti gonfiata di molto e non gli permetteva il rientro. Lenov fu costretto a sfiatare un po’ di aria presente all’interno della tuta, con il rischio di rimanere senza ossigeno. Così facendo però riuscì con fatica a reintrodursi nella chiusa e poi nella capsula, raggiungendo il suo collega Beljaev.
La missione fu un successo e le immagini del record spaziale furono registrate tramite una telecamera e inviate a terra. Il rientro sul nostro pianeta non fu meno spettacolare. A causa di problemi tecnici le manovre di atterraggio furono attivate in ritardo e i due cosmonauti si ritrovarono a toccare terra in una pineta sui monti Urali invece che nelle pianure kazake. I soccorsi, resi difficili dalla vegetazione e dalla neve, riuscirono a portarli in salvo solamente dopo due giorni.
La sonda Luna 9 fu il primo oggetto ad atterrare in modo controllato su un altro corpo celeste, consegnando l’ennesimo record legato allo spazio all’Unione Sovietica. Il 3 febbraio 1966 il modulo di atterraggio si staccò dalla sonda e azionò i retrorazzi per controllare l’allunaggio. La discesa fu ammortizzata da un airbag e, una volta appoggiata sulla superficie, il sistema automatico dischiuse i petali protettivi. Così facendo si esponeva la capsula chiusa ermeticamente che conteneva il sistema televisivo per la raccolta delle immagini e la strumentazione.
Durante la sua permanenza sul suolo lunare, la sonda registrò ed inviò a terra riprese per un totale di più di 8 ore, mostrando il panorama lunare dell’Oceanus Procellarum, il sito d’allunaggio.
Lo spirito con il quale gli Stati Uniti avevano deciso di recuperare sui sovietici e conquistare il record spaziale più ambito, ovvero sbarcare un uomo sulla Luna, si può riassumere nel famoso annuncio del presidente Kennedy nel discorso alla Rice University nel 1962.
scegliamo di andare sulla Luna e le altre cose entro questo decennio, non perché siano facili, ma perché sono difficili
John Fitzgerald Kennedy
Il programma Apollo era stato avviato proprio per portare un astronauta americano sul nostro satellite entro la fine degli anni ‘60. Uno sforzo enorme venne profuso dal governo e dagli uomini e dalle donne coinvolti nel progetto, sostenuti dall’entusiasmo e dal crescente interesse della popolazione.
La tabella di marcia era serrata e una missione dopo l’altra veniva completata, ottenendo risultati sempre più convincenti. Gli inconvenienti furono molti, ma la maggior parte delle missioni Apollo raggiunse i propri obiettivi. Come previsto sarebbe stato l’Apollo 11 a dover compiere l’impresa storica. I tre astronauti Neil Armstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin partirono spinti dal Saturno V il 16 luglio 1969. Il 20 luglio il modulo lunare Eagle, con a bordo Aldrin e Armstrong, si staccò dal modulo di comando e iniziò la discesa verso la Luna.
La fase di allunaggio fu più complicata del previsto. I due astronauti si accorsero di star scendendo più velocemente di quanto programmato, con il rischio di mancare il sito d’allunaggio e andare “lunghi”. Poi il computer di bordo segnalò ripetutamente due errori, 1201 e 1202, che vennero però ignoranti in quanto tutta la strumentazione funzionava ottimamente. Quando il carburante iniziava a scarseggiare, Armstrong notò che il luogo suggerito dal computer per l’allunaggio era costellato di massi ed era vicino ad un cratere; decise quindi di prendere il controllo del modulo Eagle e fece toccare il suolo al modulo lunare qualche secondo prima di consumare tutto il carburante.
Qualche ora dopo Neil Armstrong aprì il portellone dell’Eagle, discese i 9 gradini della scaletta, saltò su una zampa del modulo lunare e da lì potè compiere il primo storico passo sulla Luna.
That’s one small step for a man, but a giant leap for mankind.
Neil Armstrong
L’ultimo record spaziale che elenchiamo non può essere classificato come appartenente alla Corsa allo Spazio. È doveroso però citare il record per la maggior permanenza in orbita, attualmente detenuto dal cosmonauta russo Gennadij Ivanovič Padalka. Pilota dell’aviazione russa, è stato selezionato per l’addestramento da cosmonauta nel 1989. Ha partecipato a 5 differenti missioni: la prima diretta alla stazione spaziale MIR, le successive dirette alla Stazione Spaziale Internazionale. Questi voli gli hanno permesso di ottenere il record assoluto di tempo trascorso nello spazio: ben 878 giorni 11 ore 29 minuti, circa 2 anni e 5 mesi nello spazio!