Sergej Pavlovič Korolev, conosciuto come il “Capo Progettista“, naque il 12 gennaio 1907 a Žytomyr, nell’attuale Ucraina occidentale. Sin da piccolo dimostrò una particolare inclinazione verso gli studi aeronautici e durante l’adolescenza cominciò a progettare alianti. Nel 1924 costruì un prototipo, chiamato K-5, realizzato a soli 17 anni per la società di aviazione e navigazione aerea dell’Ucraina e della Crimea (OAVUK).
Dopo aver frequentato l’istituto Politecnico di Kiev, nel luglio 1926 entrò all’Università “Bauman” di Mosca. Il suo interesse si spostò sulla propulsione a razzo, all’epoca ancora solo una materia teorica; qui, ebbe modo di approfondire i suoi studi finché nel 1929, il partito comunista sovietico decretò “un’accelerazione degli studi ingegneristici” per andare incontro alle necessità nazionali. Pertanto, dopo solo 3 anni di studi, in virtù del suddetto decreto Sergej Korolëv si laureò avendo come relatore l’ingegnere aeronautico Andrej Tupolev.
Nel 1931 Korolëv e Fridrich Cander fondarono il Gruppo per lo studio del moto reattivo (GIRD). Qui svilupparono i primi missili sovietici alimentati a combustibile liquido: i GIRD-9 e 10. Visto il crescente interesse militare in queste applicazioni, il gruppo GIRD si trasferì a Leningrado, nel neonato istituto per la ricerca della propulsione a reazione (RNII) di cui nel 1935 Korolev diventò ingegnere capo progettista.
Sotto la sua direzione, il GIRD continuò lo sviluppo dei motori a razzo, studiando la stabilità e il controllo del volo su una traiettoria programmata.
Il 23 marzo 1938 Valentin Glushko, collega di Korolëv, venne arrestato. Per ridurre la sua pena, quest’ultimo denunciò il suo capo, Korolëv, facendolo arrestare e condannare a 10 anni di lavori forzati. In Unione Sovietica, nella seconda metà degli anni trenta questa “prassi” era abbastanza comune. Erano in atto le “grandi purghe” volute e dirette da Stalin, un processo di cieca repressione in tutta l’Unione Sovietica. Spesso, erano eseguite con procedimenti giudiziari sommari di cui furono vittime anche semplici cittadini non iscritti al partito comunista sovietico, come Korolëv.
Dopo aver trascorso più di due anni in varie carceri, Andrej Tupolev (a quel tempo come lui prigioniero politico) era a capo di una “Šaraška”. Una Šaraška era uno dei tanti laboratori segreti di ricerca e sviluppo presenti nei gulag dell’Unione Sovietica. Su richiesta di Tupolev stesso, Korolëv venne autorizzato a unirsi alla sua squadra, migliorando notevolmente le sue condizioni di prigionia.
Nel 1945 venne inviato in Germania con un team di scienziati, per studiare ed acquisire la tecnologia dei missili balistici V2 dell’appena sconfitta Germania nazista. Il gruppo di scienziati con cui entrarono in contatto però, era quello “lasciato” dall’operazione americana “Paperclip” alla fine della seconda guerra mondiale. Infatti, l’ingegnere capo del programma Wernher von Braun, e il suo team erano già stati prelevati dagli statunitensi, assieme a tutti i missili V2.
Tuttavia un nuovo centro di ricerca, chiamato NII-88, venne istituito in Unione Sovietica nel 1946, e Korolev, sebbene ancora prigioniero politico, venne nominato ingegnere capo progettista con l’obiettivo di progettare un equivalente del V2 nazista per l’Unione Sovietica.
Il risultato della copia del V2 nazista fu il missile balistico a corto raggio R – 1, che successivamente diventerà il precursore dei missili SCUD. Il gruppo guidato da Korolëv continuò a lavorare per diversi anni sulla tecnologia missilistica, puntando a incrementare la gittata dei propri razzi. Nel 1953 Korolëv infatti, voleva progettare il primo missile balistico intercontinentale (ICBM) della storia, l’R-7 “Semërka”, con una portata di 7000 km.
Dopo una serie di insuccessi, finalmente il 21 agosto 1957 (anno in cui venne pienamente riabilitato dal governo sovietico), venne testato con successo il primo ICBM della storia, alto 34 metri e 3 di diametro, con un peso di 280 tonnellate. Era un razzo a due stadi, i cui motori utilizzavano ossigeno e kerosene, e che aveva una gittata di circa 8 800 km.
Nonostante la loro potenza e gittata, i missili R-7 furono considerati un fallimento bellico dato che per motivi di sicurezza richiedevano che venissero costruiti in luoghi remoti e lanciati da rampe molto grandi e costose. Le enormi rampe di lancio degli R-7 non potevano essere nascoste agli aerei spia U-2 statunitensi, e in caso di guerra nucleare sarebbero stati un obiettivo molto facile da distruggere. Inoltre, all’enorme R-7 occorrevano quasi 20 ore di preparazione per essere lanciato e in caso di allarme imminente non sarebbe stato utile per un contrattacco immediato.
Il 29 luglio 1955 il presidente statunitense Dwight D. Eisenhower annunciò che gli USA avrebbero lanciato il primo satellite artificiale attorno alla Terra in occasione dell’anno geofisico internazionale (IGY), indetto dal luglio 1957 al dicembre 1958. Il partito comunista sovietico, non poteva sopportare che gli statunitensi “partissero in vantaggio” in quella che alla storia passerà come “corsa allo spazio”. Pertanto, spinse i propri scienziati a lanciare un satellite in orbita prima degli USA. Purtroppo già nel 1956 risultò evidente, per i sovietici, che non sarebbe stato possibile effettuare il lancio prima degli statunitensi. Ciò era dovuto a difficoltà tecniche legate al peso del satellite.
Tuttavia nel 1957, il capo progettista dell’Unione Sovietica Korolev, propose di realizzare due satelliti più piccoli del peso di un centinaio di chilogrammi a testa, così da avere maggiori probabilità di arrivare prima degli statunitensi. Dopo numerose prove di lancio, Korolëv convinse la commissione statale ad usare il “suo” missile R-7 potenziato per il lancio del satellite, chiamato “Sputnik 1”. Il 4 ottobre 1957 i sovietici lanciarono il missile R-7 modificato con a bordo il satellite. Sei minuti dopo il lancio, lo Sputnik 1 venne eiettato dal razzo e divenne il primo satellite artificiale della storia.
Poco tempo dopo, il 3 novembre 1957, lo stesso tipo di razzo mise in orbita lo Sputnik 2 con a bordo la cagnetta Laika (il primo essere vivente nello spazio) ed un terzo satellite, lo Sputnik 3, nel maggio 1958. Nel periodo successivo, Korolëv e l’R-7 segnarono rapidamente altri primati, come le prime sonde su Luna, Venere e Marte e la prima immagine del lato “nascosto” della Luna.
La successiva grande sfida del capo progettista Korolev e dell’Unione Sovietica fu quella di mettere in orbita un uomo e riportarlo vivo sulla Terra. Per raggiungere tale obiettivo, decise di modificare un satellite spia per trasformarlo in un veicolo spaziale. L’interno infatti presentava al posto dei sensori spia, un sedile eiettabile appositamente progettato considerando il peso del cosmonauta in modo tale da mantenere il payload originale. Dopo una serie di voli di prova con manichini e cani, il lanciatore Vostok (della stessa famiglia dei missili R-7) partì il 12 aprile 1961, con a bordo il primo essere umano nello spazio, Jurij Gagarin.
Purtroppo, dopo gli anni di prigionia, la salute di Korolëv aveva sempre risentito del tempo passato nel gulag sovietico. Nel 1965 gli venne diagnosticato un polipo nell’intestino crasso e venne ricoverato per un intervento chirurgico. Durante l’operazione ebbe un’emorragia ma i danni permanenti già presenti nel suo corpo a causa delle torture subite durante la prigionia, peggiorarono il quadro clinico già compromesso. Korolëv morì il 14 gennaio 1966.
La morte di Korolëv ebbe come conseguenza un notevole rallentamento delle attività spaziale sovietiche e impedì di fatto all’Unione Sovietica di portare il primo uomo sulla Luna prima degli statunitensi.
Dopo il lancio dello Sputnik, la commissione per l’assegnazione del premio Nobel chiese all’Unione Sovietica chi fosse il capo progettista. Nikita Chruščëv, segretario generale del partito comunista sovietico, disse di non potere indicare una singola persona, poichè era l’intero popolo sovietico che stava costruendo la nuova tecnologia. Ciò di fatto precluse a Korolëv la possibilità di vincere il premio Nobel.
Infatti, nonostante il “successo” ottenuto, non ottenne mai il riconoscimento pubblico che meritava, dato che i capi sovietici temettero sempre che potesse essere ucciso dagli statunitensi. Per tale motivo, l’identità di Korolev venne mantenuta segreta fino alla sua morte da parte dell’Unione Sovietica, essendo noto in vita semplicemente come il “Capo progettista“.
La sua fama, accresciuta col passare del tempo, ha fatto si che gli fossero dedicati sia un cratere sulla faccia nascosta della Luna, sia uno su Marte. Relativamente a quest’ultimo, la European Space Agency (ESA) ha creato e condiviso sul proprio sito un filmato nel quale è possibile ammirare il lago di ghiaccio all’interno del cratere.