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Scudo termico: la difesa dei veicoli spaziali dall’atmosfera

Scudo termico spaziale

Credits: lunasìcisiamoandati.it

Una delle questioni più importanti nella progettazione di un veicolo spaziale, più generalmente della missione, è il cosiddetto scudo termico termico. Si tratta di far sì che tutti i componenti del veicolo rimangano alla temperatura ottimale per i compiti che essi devono svolgere; infatti, durante l’intera missione, il veicolo è esposto ad ambienti estremi, anche molto diversi da quelli terrestri. Si pensi alla discesa di una sonda sulla superficie di un pianeta: è una delle operazioni più rischiose della missione. Si rende necessario difendere il veicolo dalle temperature vertiginose provocate dall’incontro tra l’atmosfera e le altissime velocità di entrata del veicolo.

Attrito aerodinamico 

A meno di situazioni ideali, l’incontro di un corpo con un fluido non è esente da fenomeni di dissipazione di energia anche molto pesanti. L’atmosfera esercita sul veicolo un attrito fluidodinamico, trasformando in parte la sua energia cinetica in energia termica, con un significativo aumento della temperatura

Scudo termico spaziale
La sonda Mars Pathfinder nell’assemblaggio finale. Si noti l’aeroshell sulla sommità, la cui parte esterna è costituita dallo scudo termico. Credits: NASA.

In termini di velocità di entrata dallo spazio all’atmosfera, il fenomeno è addirittura più estremo: le velocità sono ipersoniche e vi sono fenomeni di formazione di onde d’urto molto forti; conseguentemente, la temperatura dell’aria tra la struttura e il fronte dell’onda è enorme. Durante il rientro della capsula Apollo, per esempio, le temperature raggiunsero circa 3000 K, abbastanza per dissociare l’ossigeno e l’azoto molecolare in gas chimicamente reagenti.

La causa del riscaldamento è proprio l’attrito con lo strato limite, ossia la zona di fluido attorno al velivolo disturbata dalla presenza dello stesso. Questo fenomeno diventa già un problema a velocità molto inferiori a quelle di rientro in atmosfera e influenza le tecnologie e i materiali dei veicoli spaziali quanto quelle dei velivoli super e ipersonici.

Proteggersi dall’atmosfera con lo scudo termico

Per proteggere il veicolo da queste temperature spropositate, si realizza di una struttura curva (generalmente sfera-cono) smussata. La forma è adeguata affinché gran parte del calore venga trasferito all’aria che oltrepasserà il veicolo, piuttosto che alla struttura stessa, tramite convezione. L’irraggiamento è un meccanismo di trasferimento di calore che invece avviene a velocità ancora più alte, e che diventa un problema più persistente per le missioni interplanetarie.

Prototipo Mk-2, veicolo da rientro 1955: si notino le geometrie curve smussate. Credits: NASA.

Per proteggere il veicolo spaziale dal calore sviluppato dall’incontro con l’atmosfera si ricorre allo Scudo Termico, anche detto TPS, Thermal Protection System. Il suo scopo principale è la protezione fluidodinamica, ma si tratta di un sistema utile anche nel controllo termico generale nella fase di attraversamento dello spazio. Esistono vari tipi di Scudi Termici, classificati in base alle modalità di dissipazione del calore e alle temperature a cui devono reggere. 

Scudi Termici

Uno degli scudi più usati in astronautica, soprattutto per le sonde, è quello ablativo; esso consiste in una struttura generalmente di carbonio che subisce il processo di pirolisi, ovvero una trasformazione chimica che scinde i legami chimici della struttura, disgregandola completamente. Questo processo permette di spingere l’onda d’urto via dallo scudo, e blocca la trasmissione di calore per irraggiamento diffondendo il carbonio nel gas circostante, che lo assorbe al posto della struttura.

Questo meccanismo funziona bene a temperature alte, necessarie perché il processo di pirolisi si inneschi, ma non è sempre così. Quando ciò non avviene, il calore tende a penetrare all’interno dello scudo, e per proteggere il veicolo esso va espulso con tutta l’energia assorbita. I meccanismi di assorbimento del calore sono anche usati in modo riutilizzabile. Questo a patto che il materiale non permetta che il calore penetri eccessivamente, evitando quindi l’espulsione. Un esempio tra i più noti sono le mattonelle dello Space Shuttle.

Le mattonelle HRSI (High-temperature Reusable Surface Insulation) dello Shuttle Discovery. Credits: NASA.

Altri sistemi di protezione consistono nel processo di raffreddamento. Questo può essere attivo, se costituito da una struttura resistente e di un sistema di circolazione di refrigerante, oppure passivo, se consiste in un processo di continuo assorbimento e irraggiamento di calore all’esterno. Entrambe le strategie furono fallimentari: la prima si rivelò poco affidabile e funzionale, la seconda aumentava significativamente il peso del veicolo. Recentemente però sono in via di sviluppo sistemi basati su ceramiche ultra-refrattarie nel raffreddamento passivo per l’aeronautica ipersonica.

A cura di Luigi Marchese.