Costellazione Starlink: effetti negativi e possibili soluzioni
A cura di Caterina Triaca
Nel 2015, l’agenzia spaziale privata statunitense, SpaceX, sviluppa la costellazione Starlink con l’obiettivo di fornire un servizio di connettività internet ad alta velocità.
Nascita del progetto Starlink
Attualmente i satelliti tradizionali orbitano a circa 35000 Km di altitudine e, rimanendo in orbita geostazionaria sopra la stessa regione (cioè muovendosi con la stessa velocità orbitale della Terra), hanno il vantaggio di riuscire a garantire una copertura quasi totale.
L’elevata distanza che il segnale deve percorrere per giungere a destinazione e tornare al dispositivo di origine porta, però, ad avere un tempo di latenza che in alcuni casi può raggiungere anche i 600 ms. Questo si traduce in un effetto negativo per quanto riguarda la velocità di connessione e nasce, quindi, l’esigenza di un servizio internet più performante.
La costellazione Starlink
La proposta di SpaceX è quella di abbassare la quota a cui orbitano i satelliti in modo da raggiungere un tempo di latenza di 25/35ms, molto più basso di quello dei satelliti tradizionali.
Essendo posti a un’altitudine inferiore, i satelliti della costellazione Starlink non sono fissi su una regione come quelli tradizionali, ma orbitano rapidamente e sono visibili solo dall’area che stanno sorvolando, non da tutta la superficie terrestre. Per garantire una copertura globale è quindi necessario un aumento del numero di satelliti in orbita.
Con l’ultimo lancio, SpaceX ha permesso di ottenere attualmente una costellazione composta da 240 satelliti, ciascuno dei quali pesa circa 220kg e ricava, tramite dei pannelli che sfruttano i raggi solari, l’energia necessaria al funzionamento.
L’obiettivo è quello di arrivare a lanciarne migliaia in modo tale garantire una copertura completa e continua. Elon Musk, CEO e fondatore di SpaceX, prevede che la rete di Starlink diventerà operativa una volta raggiunte le 800 unità, numero minimo per avere una copertura moderata.
Costellazione Starlink: troppa luce in cielo
Se da un lato aumentare il numero di satelliti in orbita e abbassarne l’altitudine offre notevoli vantaggi per quanto riguarda la velocità di connessione, dall’altro questa operazione porta alla nascita di nuove problematiche. La maggiore di queste riguarda l’inquinamento luminoso spaziale, soprattutto a causa della superficie altamente riflettente di questi satelliti.
L’eccessiva luminosità in cielo, notata già dopo il primo lancio, ha suscitato la disapprovazione di scienziati e astronomi a causa delle interferenze con l’osservazione del cosmo. Infatti l’immagine di un oggetto osservata da un telescopio potrebbe essere oscurata nel momento in cui nel campo visivo entra qualcosa di luminoso. Il timore è quello che una volta completata la flotta ci saranno in ogni momento decine di satelliti visibili anche ad occhio nudo sopra l’orizzonte.
A tal proposito lo scorso maggio, Marco Langbroek, astronomo olandese, ha calcolato la posizione dei satelliti Starlink di SpaceX e li ha ripresi, pubblicando in seguito un video che ne mostra il passaggio in cielo.
Per realizzare il filmato l’astronomo non ha impiegato strumenti dedicati alla fotografia astronomica, ma ha utilizzato una videocamera WATEC 902H in grado di catturare fonti luminose anche di bassa intensità in ambienti bui. Il risultato è stato l’avvistamento di 56 oggetti luminosi in fila nel cielo.
Anche il capo-scienziato dell’Osservatorio Vera Rubin in Cile, Tony Tyson, fa notare come i satelliti, oltre a tracciare strisce luminose sulle immagini scattate dal telescopio, creino dei disturbi duraturi nei minuti seguenti saturando i pixel dei telescopi. Secondo l’astronomo per rimuovere almeno in parte di questi disturbi sarebbe necessario scurire i satelliti di 10/20 volte.
Il nuovo satellite Darksat per la costellazione Starlink
In seguito alle preoccupazioni riguardanti l’inquinamento luminoso, SpaceX ha deciso di includere un satellite sperimentale tra i sessanta lanciati il 7 gennaio 2020 con la missione Starlink L2. Questo satellite, denominato DarkSat, è stato realizzato con un rivestimento antiriflettente che permette di ridurre la riflettività.
Il satellite è stato osservato da fine febbraio, quando ha raggiunto la sua orbita operativa, e i primi risultati mostrano che la soluzione adottata ha ridotto notevolmente la luminosità riflessa. Nonostante l’esito positivo ottenuto oscurando il corpo del satellite, sembra che questo non sia ancora sufficiente.
Le proposte per risolvere i problemi legati all’inquinamento luminoso sono in continua evoluzione. In una futura missione Starlink potrebbero essere adottate nuove tecniche, ad esempio l’utilizzo di un “parasole”, in modo tale da ridurre al minimo l’impatto sulle osservazioni astronomiche.
Le vere costellazioni saranno ancora visibili?
Elon Musk afferma che la costellazione di Starlink alla fine non avrà alcuna ripercussione sulle scoperte astronomiche e che verranno adottate ulteriori misure se l’impatto sull’astronomia terrestre non dovesse essere nullo.
Nonostante queste affermazioni positive, gli scienziati nutrono delle perplessità riguardo l’effetto “zero” sulle osservazioni astronomiche. Tyson afferma che i satelliti potranno raggiungere un livello di oscuramento tale da evitare il fenomeno di saturazione nei pixel dei telescopi, ma difficilmente il loro impatto sarà nullo.
Entro la fine dell’anno SpaceX conta di avere in orbita almeno 1200 satelliti, ciò significa che il tempo a disposizione per trovare soluzioni efficaci volte a evitare di avere un’eccessiva luminosità in cielo non è molto.
DarkSat rappresenta uno dei primi tentativi di ridurre gli effetti luminosi. La speranza collettiva è quella che, una volta nell’orbita finale, i satelliti Starlink riescano a fornire una connessione internet ultraveloce senza influenzare negativamente le osservazioni astronomiche.