“Tutte le civiltà diventano spaziali o si estinguono”, sosteneva Carl Sagan, propugnatore di quella filosofia pionieristica propria della NASA che, con il programma Artemis, intende ripercorrere e rinnovare le impronte lasciate sul nostro satellite negli anni ’70, portando “la prima donna e la prima persona di colore sulla Luna” entro il 2025. Queste missioni darebbero alla NASA l’opportunità di testare nuove tecnologie su scala ridotta prima di tentare un viaggio verso Marte, permettendo di capire cosa serve per stabilire una comunità su un altro pianeta.
Le intenzioni dell’agenzia statunitense e dei partner internazionali coinvolti sono quelle di esplorare l’ambiente lunare con tecnologie ben superiori a quelle degli anni delle missioni Apollo, per poi instaurare una stabile presenza umana nei pressi del Polo Sud lunare, in preparazione di una futura missione con equipaggio umano per Marte. Il piano, denominato “Moon to Mars”, oltre l’allunaggio prevede infatti la costruzione di una nuova stazione spaziale in orbita lunare e, infine, una base lunare abitabile.
Artemis conta una lunga serie di partecipanti, sia in termini di agenzie spaziali pubbliche come NASA, ESA, JAXA e CSA, sia di enti privati quali SpaceX, Lockheed Martin e Airbus Defence and Space. Questi ultimi saranno protagonisti di tutte le missioni e funzioni di supporto successive alla riuscita delle apripista Artemis I e II, oltre ad essere già attivamente parte della prima fase avendo progettato la nave spaziale Orion.
Nonostante l’imponenza dell’operazione, ad accompagnare il programma non sono mancate critiche: i continui rinvii e i conseguenti sforamenti del budget hanno non poco indisposto parte dell’opinione pubblica che ha visto arrivare i costi complessivi oltre i 30 miliardi di dollari, ed aumentare i costi per lancio da una stima di mezzo miliardo fino a circa 4 miliardi cadauno. In totale, la stima della spesa prevista per il primo atterraggio si aggira intorno a 93 miliardi di dollari.
Nato dalle ceneri del programma Constellation, lo Space Launch System (SLS), una volta lanciato, diventerà a tutti gli effetti il razzo più potente mai costruito dall’uomo. Una delle sue caratteristiche principali è l’essere un veicolo di lancio non riutilizzabile super pesante: il Block 1, designato a lanciare Artemis I, II e III, è in grado di portare fino a 95 tonnellate in orbita bassa terrestre (Low Earth Orbit), mentre il Block 2 arriverebbe ad una capacità LEO di oltre 150 tonnellate con lo scopo di consentire lanci con equipaggio su Marte.
Sulla testa degli SLS siederà l’Orion Multi-Purpose Crew Vehicle (MPCV), veicolo parzialmente riutilizzabile, anch’esso frutto del vecchio programma NASA. Progettato per supportare viaggi oltre LEO, può ospitare un equipaggio di sei persone fino a 21 giorni sganciato e fino a sei mesi attraccato, per una vita operativa complessiva di circa 10 voli. Nel febbraio 2020 il modulo ha iniziato i suoi test, sottoposto dalla NASA alle temperature estreme e all’ambiente ostile che sperimenterà nello spazio.
Ad accogliere navicelle ed astronauti in orbita cislunare sarà il Lunar Gateway, una stazione spaziale ancora in fase di sviluppo consistente in laboratorio scientifico, modulo abitativo a breve termine e area di contenimento per rover e altri robot adibiti all’esplorazione unmanned del nostro satellite. La Stazione agirebbe da punto di attracco per il modulo Orion, facilitando le escursioni lunari, e da punto di lancio per le future missioni verso Marte. La sua partenza per la Luna è attualmente prevista per il 2024 a bordo del Falcon Heavy di SpaceX, e vedrà questo primo modulo già integrato con il secondo, l’Habitation and Logistics Oputpost (HALO).
Quest’ultimo sarà dotato di uno spazio pressurizzato in grado di ospitare i quattro astronauti della missione, nonché di una porta per permettere il docking di un elemento dello Human Landing System (HLS), programma con cui la NASA ha appaltato la costruzione di un lander per approdare sulla Luna: sarà infatti proprio lo HLS a rendere il Gateway uno “scalo” tra il modulo Orion e il suolo lunare.
A permettere la spoletta di umani e merci fra Luna e Gateway, attraccando direttamente con la capsula Orion, sarà il lander Moonship di SpaceX. Scelta dalla NASA in quanto proposta economicamente più conveniente, visti anche i pochi fondi ricevuti per il programma HLS, Moonship possiede i vantaggi di poter già alloggiare quattro astronauti stazionando circa 100 giorni in orbita (più dei richiesti 90), l’essere in grado di trasportare più massa di quella richiesta e l’essere riutilizzabile, permettendo un’elevata flessibilità riguardo finestre di lancio e payload.
Al fine di garantire la massima sicurezza e la maggior probabilità di successo, il programma è suddiviso in più fasi consequenziali, in cui solo il successo della precedente può garantire la partenza della successiva. Vi sono quattro fasi principali delle missioni Artemis Moon attualmente in sviluppo, fino ad un massimo suggerito di 11 in totale, senza contare tutte le missioni commerciali di supporto affidate ai privati.
Precedentemente chiamata Exploration Mission-1, questa missione senza equipaggio è un test approfondito dello Space Launch System e del modulo Orion. Gli obiettivi principali sono testare vettore e capsula in condizioni di lancio e rientro, ponendo particolare attenzione sullo scudo termico della navicella, verificarne una buona risposta all’ambiente spaziale e riuscire a riutilizzare alcune componenti al fine di abbassare i costi di produzione delle future missioni. Il mission plan prevede che il modulo Orion, una volta nello spazio, si separi dal SLS arrivando ad orbitare a circa 100 km sopra la superficie lunare prima di continuare a 65 000 km oltre la Luna. Dopo un tempo di viaggio compreso tra 20 e 25 giorni, il modulo effettuerà uno splashdown oceanico vicino alla California.
Il lancio era inizialmente previsto per il 2020 dal complesso 39B del Kennedy Space Center, ma è stato successivamente posticipato alla fine del 2021 e in seguito all’agosto 2022. Il primo tentativo di lancio del 29 agosto è stato prima ritardato di un’ora a causa di tempeste al largo del launch pad, per poi essere definitivamente bloccato 40 minuti prima del termine del countdown per problemi tecnici riguardanti il raffreddamento del motore 3 dei quattro RS-25, al di sopra del limite massimo di temperatura consentito.
Ulteriori difficoltà tecniche avrebbero comunque impedito al vettore di partire: ritardi di comunicazione tra navicella e ground control, perdite di carburante dalla sezione TSMU e una crepa sulla schiuma isolante dei giunti di collegamento tra i serbatoi di idrogeno e ossigeno liquidi, che hanno portato la NASA a cancellare l’operazione dopo la scadenza della finestra di lancio di due ore. Un’indagine ha poi rivelato un sensore difettoso indicante una temperatura dell’Engine 3 superiore all’effettiva.
Individuata una nuova finestra di lancio il 3 settembre, anch’essa di due ore, il mission control si è visto costretto a posticipare nuovamente il lancio a causa di una perdita della linea di alimentazione dell’idrogeno in un braccio di servizio collegato alla sezione del motore. Gli operatori della missione stanno indagando se una sovrapressurizzazione della linea di idrogeno liquido dell’interfaccia a sgancio rapido durante il tentativo di lancio possa aver danneggiato un sigillo, consentendo all’idrogeno di fuoriuscire. Nonostante tre tentativi di ripristinare il connettore a scollegamento rapido, gli ingegneri non sono riusciti a mettere in sicurezza il sistema entro le sette ore precedenti al lancio.
In seguito al ripetersi di questo tipo di problemi, la NASA dovrà effettuare un test criogenico per verificare che le riparazioni siano state eseguite correttamente, comportando un ulteriore slittamento della data di lancio per il 27 settembre, rimandato a causa dell’uragano Ian (mantenendo il 2 ottobre come data di backup). Essendo date molto ravvicinate a quelle del lancio della missione Crew-5 verso la ISS, la NASA mantiene in considerazione anche il prossimo launch period compreso tra il 17 e il 31 ottobre.
Sarà un pionieristico volo spaziale per il Programma Artemis, che porterà gli umani più lontano di quanto non siano mai stati ma senza che l’equipaggio atterri sulla superficie lunare. La missione, attualmente prevista per maggio 2024, consiste in un test di flyby lunare da parte della navicella Orion, che sarà lanciata dalla variante Block 1B Crew dello SLS. La durata prevista si attesta attorno agli otto/dieci giorni in cui l’equipaggio di quattro astronauti performerà diverse verifiche sul life support system e raccoglierà dati sui test di volo.
Prevista per l’ottobre del 2025, questa terza missione sarà il primo sbarco sulla Luna dall’Apollo 17 nel 1972. Basandosi sui mission data di Artemis , quattro astronauti a bordo del modulo Orion attraccheranno al Lunar Gateway e rimarranno nello spazio per 30 giorni. Il sistema di atterraggio umano (HLS) porterà quindi due astronauti al Polo Sud della Luna, una regione precedentemente non visitata dagli umani. Gli astronauti dovrebbero trascorrere una settimana esplorando la superficie ed eseguire una serie di studi scientifici, incluso il campionamento del ghiaccio d’acqua, rilevato per la prima volta sulla Luna nel 1971. In questo, gli astronauti saranno coadiuvati da alcune apparecchiature pre-posizionate nella regione d’interesse da altre missioni di supporto, come ad esempio un rover non pressurizzato controllabile a distanza.
Le intenzioni della NASA sono a ben più lungo termine delle prime tre missioni, su cui in ogni caso sta ricadendo la maggior parte dell’attenzione in quanto pilastri dei successivi programmi. Una volta completata con successo Artemis III, le ambizioni si concentreranno su ulteriori missioni con equipaggio su base annuale fino al 2030. Appare chiaro come il punto di arrivo sia la costruzione di una base superficiale sulla Luna, con l’obiettivo di inizializzare un’economia lunare ed utilizzare il satellite come punto di scalo per viaggi verso Marte ed altri pianeti.
A cura di Valerio Bartolucci
Main image credits: NASA/Eric Bordelon