Nessun annuncio stile Indipendence Day, al suo posto un nuovo studio che analizza le modalità su come potrebbe essere comunicata la scoperta di vita extraterrestre. Nonostante la possibile delusione degli amanti della fantascienza, difficilmente ci ritroveremo ad avvistare navicelle aliene che atterrano sul nostro Pianeta. Nonostante ciò è molto probabile scoprire forme di vita nei prossimi decenni, sarà quindi necessario pubblicare la sensazionale notizia: vediamo come la NASA si prepara a farlo.
Continuando il paragone con il mondo hollywoodiano: nessuna interazione con esserini dotati di cervelli giganteschi secondo l’interpretazione grottesca di Tim Burton sta per essere annunciata. La NASA si sta invece preparando a quando verremo in contatto con le possibili forme di vita durante l’esplorazione spaziale. Ci si aspetta in particolar modo di trovare microrganismi che riescano a sopravvivere alle difficili condizioni dei vari mondi presenti nell’Universo.
D’altronde ciò che capiamo, scoperta dopo scoperta e missione dopo missione, sembra costruire sempre di più una mappa completa e complessa del nostro Universo. L’astrobiologia è in fermento, ma ogni domanda alla quale troviamo risposta ne genera delle altre. Sempre con maggiore frequenza troviamo tracce o condizioni che richiamano alla presenza di vita sia passata che presente. Più vicino a noi gli oceani sommersi di alcuni satelliti potrebbero ospitare vita; lo stesso Marte sembra riporti indizi di vita passata.
Fino ad ora, abbiamo impostato il pubblico a pensare che ci sono solo due opzioni: è vita o non è vita. Abbiamo bisogno di un modo migliore per condividere l’emozione delle nostre scoperte, e dimostrare come ogni scoperta si basa sulla successiva, in modo da poter portare il pubblico e altri scienziati lungo il viaggio.
Mary Voytek, capo del programma di astrobiologia della NASA
Lo studio pubblicato sulla rivista Nature si pone davanti principalmente un obiettivo: stabilire una codifica universalmente riconosciuta riguardante la scoperta di vita extraterretre. Se un giornale domani mattina scrivesse “Scoperti gli alieni” le vie sarebbero sostanzialmente due: o siamo di fronte all’ennesima bufala oppure qualcosa è stato scoperto. Ma come quantificare questo “qualcosa”? Che tipo di “alieni” sono stati identificati?
Lo studio cerca di rispondere proprio a questi interrogativi attraverso l’utilizzo di un framework o più semplicemente di una scala, che possa indicare la tipologia di traccia rilevata. Gli scienziati hanno reinterpretato il più concreto concetto di TRL (Technology Readiness Level): una scala di 9 valori che indica la maturità tecnologica dei progetti aerospaziali. Partendo dal principio con il concept, passando per i test di laboratorio, poi per il prototipo, arrivando infine all’utilizzo effettivo in ambiente operativo.
La nuova scala prende il nome di CoLD “Confidence of Life Detection” e possiede 7 livelli crescenti.
Lo studio prende in analisi i campioni che un giorno saranno di ritorno da Marte grazie alla missione Mars Sample Return dell’ESA. Dopo l’attento lavoro di analisi e incapsulamento di Perseverance, l’obiettivo è far analizzare sulla Terra questi campioni da diversi Team. Nel caso in cui le conclusioni risultino storiche e senza precendenti confermando la presenza di vita, si raggiungerà solamente il livello 6 della scala CoLD, il penultimo.
Per l’ultimo tassello sarà sicuramente necessaria un’altra missione che indaghi altri luoghi del Pianeta Rosso. Non solo, nel nostro Sistema Solare è prevista l’applicazione di tale scala: anche le recenti scoperte di esopianeti possono portare alla scoperta di vita extraterrestre. Certo, in questo caso risulterà più difficile arrivare ai livelli più alti, ma stiamo già approntando gli strumenti giusti per aiutarci nella caccia, come ad esempio il telescopio spaziale James Webb.
In tempi in cui l’efficacia della comunicazione non è così scontata, avere una chiave di lettura comune su queste tematiche, che se concretizzata potrebbe coinvolgere la sensibilità dei più, risulta essenziale. Scienziati, divulgatori e media si ritroverebbero con un’interfaccia unica, in modo che l’informazione una volta diffusa, abbia dei confini precisi e determinati senza alimentare fake news e false aspettative. Inoltre in questo modo, tutti potranno avere la consapevolezza del peso della scoperta.
Con ogni misurazione, impariamo di più sui processi planetari sia biologici che non biologici. La ricerca della vita oltre la Terra richiede un’ampia partecipazione della comunità scientifica e molti tipi di osservazioni ed esperimenti. Insieme, possiamo essere più forti nei nostri sforzi per cercare indizi che non siamo soli.
Mary Voytek, capo del programma di astrobiologia della NASA