Giove come non l’avete mai visto: la sonda Juno mostra l’atmosfera in 3D!
Chi, se non la sposa di Giove, poteva mostrarci meglio cosa nasconde il gigante gassoso del nostro Sistema Solare. Grazie agli strumenti a bordo della sonda Juno oggi sappiamo come si sviluppa in 3D l’atmosfera di Giove. Dalla famosa macchia rossa ai vortici nei poli, il più grande pianeta del Sistema Solare non smette di stupire. Vediamo cosa è stato scoperto, in che modo e quale è stato il contributo italiano.
I fenomeni dell’atmosfera di Giove ricostruiti attraverso i dati di Juno
Partita nel 2011, la missione Juno della NASA è arrivata dopo 5 anni nei pressi di Giove. Numerosi team di ricerca hanno analizzato i dati inviati per comprendere cosa accade su Giove. Oggi ne sappiamo molto di più rispetto al passato: ad esempio, Juno ha rilevato la presenza di enormi cicloni ai poli del pianeta. Sono vere e proprie manifestazioni della potenza della natura extraterrestre: i venti che li caratterizzano oscillano dai 150 a 350 km/h!
La caratteristica principale che li rende interessanti è la loro estrema stabilità evidenziata dallo strumento italiano JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper): sostanzialmente, un vortice in posizione centrale tende a respingere come una molla gli altri che circondano il suo perimetro. Infatti, la tendenza dei cicloni è proprio quella di raggiungere il polo, se non fosse presente la formazione ciclonica centrale. Se ne contano 6 per il polo Sud (con uno centrale) e 9 per il polo Nord (con uno centrale).
Le nuove scoperte di Juno: il caso della Macchia Rossa
Chi non ha mai notato nelle foto di Giove la famosa Macchia a forma di ellisse che staziona sotto l’equatore del pianeta? Si tratta di una tempesta anticiclonica. Per la prima volta si è riusciti a misurare non solo l’estensione della Macchia Rossa ma anche la sua profondità, stimata a circa 500 km sotto le cime delle nuvole del pianeta. Grazie al flyby di Juno del Luglio 2019 in prossimità del famoso anticiclone, si è potuta ottenere la misurazione dell’impronta gravitazionale della massa racchiusa nella macchia stessa.
Protagonista dello studio è stata una nostra connazionale: Marzia Parisi, scienziata del JPL. Nonostante la sonda possedesse una velocità di circa 209.000 km/h, il team è riuscito a rilevare una variazione di tale velocità durante il passaggio sopra la Macchia di 0.01 millimetri al secondo, conseguenza della perturbazione gravitazionale. Un risultato sensazionale considerando la sensibilità degli strumenti necessaria a rilevare una tale variazione.
Ancora una volta l’Italia è protagonista grazie a KaT (Ka-Band Translator), uno strumento sensibile alla banda Ka sviluppato da ASI e da Thale Alenia Space. Sfrutta l’effetto Doppler del segnale, legato appunto alla velocità della sonda: misurando la variazione di frequenza si riesce a risalire ai valori di velocità desiderati. Aggiungendo la precisione di tracciamento del Deep Space Network, distante più di 650 milioni di chilometri si è riusciti nell’impresa.
“La precisione richiesta per ottenere la gravità della Grande Macchia Rossa durante il flyby di luglio 2019 è sbalorditiva. Essere in grado di integrare la scoperta di MWR sulla profondità ci dà grande fiducia che i futuri esperimenti di gravità su Giove daranno risultati altrettanto intriganti.
Marzia Parisi, scienziata del JPL.
Cinture e zone: somiglianze con la Terra?
Altro dettaglio decisamente più evidente dalle foto è la suddivisione di Giove in cinture più scure (tonalità del rosso) e zone più chiare (tonalità del bianco). La separazione è garantita da impetuosi jet stream che soffiano nella direzione Est – Ovest ma con versi opposti. Resta però ancora da comprendere pienamente il meccanismo secondo cui le cinture sono più luminose nell’infrarosso rispetto alle zone fino ad un determinato livello, poi avviene il contrario.
Come sul nostro Pianeta, sembra che Giove presenti dei moti simili alle celle di Ferrel terrestri: la differenza sta nel numero ben diverso. Per la Terra ne è presente una per emisfero, Giove ne possiede 8, ma 30 volte più grandi! Grazie ad un altro strumento presente a bordo di Juno, l’MWR (Microwave Radiometer), si è seguita la traccia delle molecole di ammoniaca che ha così permesso di definire la geometria delle celle. Un altro risultato fondamentale della sonda Juno che sta aprendo la strada ad una conoscenza sempre più accurata dell’atmosfera di Giove e non solo.