Concluse le difficili operazioni per disincagliare l’imponente nave Portacontainer Ever Given, è tempo di fare i conti sia dal punto di vista economico-politico sia riguardo le sfaccettature tecniche. Poniamoci, per un attimo, nell’ottica di osservatori dall’alto: cosa potrebbero osservare i nostri speciali occhi dallo spazio?
Probabilmente nessuno si aspettava che una nave mettesse a rischio una delle più importanti arterie commerciali del mondo. Di conseguenza, come spesso accade, il commercio internazionale ne ha risentito in maniera molto profonda. É il 23 marzo 2021 quando la nave, spinta forse da una forte raffica di vento, comincia a porsi trasversalmente al canale di Suez.
L’incidente si conclude con il completo sbarramento del canale di Suez; si tratta di una nave che supera le 200.000 tonnellate con una lunghezza di 400 metri. Subito partono le operazioni per disincagliare la narve cargo: l’operazione è tutt’altro che semplice, complici anche le condizioni climatiche avverse. Finalmente, dopo quasi una settimana la situazione si risolve in positivo.
Ciò che invece si è capito subito, è che questo “inconveniente” ha compromesso la complessa rete commerciale che regola gli scambi internazionali. Ad oggi, nel canale di Suez transita il 12% del traffico che alimenta il commercio globale. Si è subito creato un agglomeramento di alcune centinaia di imbarcazioni che hanno atteso giorni per poter transitare nel canale.
Per avere una maggiore consapevolezza della situazione sono stati “schierati” i satelliti che hanno fornito immagini inedite! ESA ha messo in campo i due satelliti gemelli Sentinel-1 del programma di osservazione della Terra Copernicus, che grazie ai loro particolari strumenti sono riusciti a evidenziare la criticità della situazione e fornire input per attuare le opportune operazioni di ripristino.
L’immagine confronta la situazione nei due giorni precedenti e nei due successivi rispetto al 23 marzo, giorno in cui è avvenuto l’incidente. L’immagine del 21 marzo mostra un traffico costante di imbarcazioni ben distribuite: in particolare si notano i punti luminosi delle navi che percorrono equispaziate il canale.
Al contrario, il 25 marzo c’è un accumulo di imbarcazioni nel golfo di Suez; si può vedere addirittura la portacontainer Ever Given trasversale rispetto alla direzione di scorrimento del canale. La situazione nei giorni successivi ha visto l’accumulo di quasi 400 navi tra cargo e petroliere che attendevano il risolversi della situazione.
L’immagine più rappresentativa rimane sicuramente quella di Sentinel, che consente di operare un confronto tra la situazione nominale e quella di emergenza. La coppia della prima generazione Sentinel orbita ad una quota di 693 km e osserva la Terra ormai da più di 7 anni; sono molto versatili in quanto riescono a fornire immagini in ogni condizione climatica, dalla notte al giorno.
Queste immagini sono state realizzate utilizzando un particolare sistema a bordo di Sentinel 1: C-SAR. Lo strumento sfrutta la banda C a 5.405 GHz: la superficie del mare disperde il segnale emesso dal radar risultando quindi scuro nell’immagine finale, mentre oggetti metallici come le navi appaiono punti brillanti. Il satellite riesce ad acquisire immagini attraverso 4 modalità diverse selezionabili in base al fine ultimo dell’osservazione:
Anche altre famiglie di satelliti hanno rivolto la loro attenzione al golfo di Suez: ad esempio, la coppia Pléiades-1 di Airbus Defence & Space ha fornito delle immagini molto più ravvicinate della portacontainer Ever Given incagliata. In questo caso si tratta di satelliti concepiti appositamente per la gestione delle emergenze, il che spiega il livello di dettaglio.
Mentre gli occhi del mondo erano puntati sulla portacontainer, negli uffici finanziari è iniziata la conta dei danni economici provocati da questo blocco. Ancora una volta sono emerse le debolezze del nostro sistema incapace di rispondere a piccole alterazioni, tra l’altro dovute a coportamenti umani. Per questi motivi sono necessari studi che conferiscano robustezza al nostro sistema anche mediante l’uso di satelliti come quelli del programma Copernicus.