Agenzie spaziali

Lunar Gateway: il prossimo ponte tra la Terra e la Luna

Negli ultimi anni, la volontà da parte dei principali enti aerospaziali di tornare a metter piede sulla Luna dopo le missioni Apollo (l’ultima nel 1972 con Apollo 17) è diventata molto forte, in previsione anche di una futura esplorazione umana del pianeta rosso. Questo ambizioso progetto rientra nel programma Artemis sviluppato dalla NASA e in collaborazione con le altre maggiori agenzie spaziali. Diversamente dalle missioni Apollo, questo programma si concentrerà sulla possibilità di una presenza stabile dell’uomo sul satellite con capacità autosufficiente. Come? Attraverso il Lunar Gateway.

È una stazione spaziale in orbita lunare che fungerà da unità operativa permanente per astronauti diretti verso il satellite ed in futuro anche verso Marte. Questa, inoltre, verrà utilizzata come base di appoggio per esperimenti, per il rifornimento e come centro di comunicazione durante le missioni sul satellite. Avere una base fissa in orbita lunare rappresenterebbe quindi un grosso vantaggio in termini di costi anziché dover affrontare per ogni missione un viaggio diretto Terra-Luna.

L’orbita descritta dal Lunar Gateway

Durante il suo utilizzo, la stazione spaziale descriverà un’orbita molto eccentrica intorno alla Luna, dove nel suo punto più vicino sarà a circa 3000 km di distanza e nel suo punto più lontano sarà a circa 70000 km di distanza. Con questi parametri orbitali, l’orbita sarà completata in sette giorni. Per la sua forte eccentricità sarà leggermente instabile e dovrà essere corretta con degli aggiustamenti di rotta. Questo piccolo svantaggio è però compensato dai vantaggi che sono sicuramente superiori. In primo luogo, ogni sette giorni con il massimo avvicinamento, sarà possibile scendere sulla Luna o risalire a bordo consentendo così di ottimizzare i tempi tra le missioni.

Orbita descritta dal Lunar Gateway attorno al satellite. Credits: Astrospace.it

Con le analisi fatte da ESA, quest’orbita, chiamata near-rectilinear halo orbit (NRHO), dovrebbe essere la scelta migliore anche dal punto di vista di dispendio di carburante e soprattutto perché riduce le eclissi, cioè il tempo di passaggio nelle zone cieche in cui non è possibile comunicare con il nostro pianeta. In questo modo, dunque, la comunicazione risulterebbe quasi continua e questo rappresenta un ottimo vantaggio considerando le notevoli distanze che ci sono in gioco.

Moduli principali del Gateway

Per quanto riguarda l’ambiente da creare per la nuova stazione spaziale, si prevede che saranno inizialmente due i moduli lanciati insieme. Il primo è il Power and Propulsion Element (PPE) la cui realizzazione è stata affidata alla società spaziale MAXAR. Questo modulo servirà a fornire energia elettrica per alimentare i successivi moduli del gateway e per fornire la propulsione ionica grazie a dei potenti motori elettrici. L’energia elettrica prodotta dai pannelli solari dovrebbe essere di 55-60 kW e complessivamente dovrebbe pesare 9 tonnellate. Inizialmente, si pensava di lanciare singolarmente questo modulo; poi, si è visto che, in termini di rischio e costi, risulta più conveniente lanciarlo insieme al secondo modulo, l’Habitation and Logistic Outpost (HALO). 

Questo secondo modulo, servirà ad aumentare lo spazio abitabile fino a 55 metri cubi. Sarà prodotto dall’azienda statunitense Northrop Grumann e si baserà su un loro stesso veicolo spaziale: la capsula Cygnus senza pilota utilizzata per i rifornimenti della ISS. Partendo da questo progetto, la società sta lavorando per portare nuovi miglioramenti in termini di batterie, sistemi di supporto vitale, sistemi di comunicazione e soprattuto la possibilità di agganciarsi alla capsula Orion. Questo modulo avrà la capacità di ospitare quattro astrounauti fino a trenta giorni. Questi due moduli saranno lanciati verso la fine del 2023 presumibilmente con il Falcon Heavy di SpaceX e daranno inizio alla realizzazione della stazione spaziale in orbita lunare.

Nel 2025, a questi si aggiungerà un terzo modulo di costruzione europea, l’European System Providing Refueling, Infrastracture and Telecommunications (ESPRIT). Il suo compito sarà quello di immagazzinare Xenon e Idrazina gas necessari al funzionamento dei motori del modulo PPE.

Moduli successivi del Gateway

Oltre ai moduli descritti in precedenza che hanno già ricevuto i finanziamenti per la loro realizzazione, ne saranno poi lanciati altri con le missioni successive, fino ad ottenere la configurazione finale della stazione spaziale.

Uno di questi sarà l’International Habitation Module (iHAB),sviluppato da ESA e JAXA e servirà a dare un ulteriore spazio vivibile insieme al modulo HALO. Lo spazio fornito da questo modulo sarà usato per la zona notte, zona cucina e per l’esercizio fisico necessario per gli astronauti in orbita. Si userà inoltre come punto di attracco per altri moduli.

Infine, il supporto principale dell’ agenzia spaziale canadese sarà dato attraverso la realizzazione del braccio robotico Canadarm 3, successore del Candarm 2 utilizzato oggi sulla ISS e realizzato dalla stessa agenzia. Rispetto al suo predecessore sarà dotato di una migliore strumentazione; per esempio, ci saranno delle telecamere in 4K capaci di ruotare di 360° e soprattutto sarà in grado di operare in maniera automatica grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Moduli del Lunar Gateway. Crediti: NASA/ESA

Con una grande collaborazione, tutte le maggiori società aerospaziali stanno avendo un ruolo centrale in questo grande progetto. Se non ci saranno ritardi, dal 2023 si inizieranno a lanciare i primi moduli che formeranno la prima parte della stazione spaziale che poi fungerà da ponte tra la Terra e la Luna. Possiamo quindi dire che, nel prossimo decennio, l’uomo tornerà sulla Luna e il Lunar Gateway darà un grande supporto affinché ciò avvenga.

A cura di Antonio Minutillo.