«La NASA fa sapere che ciascuno di noi ha una possibilità di essere colpito da un meteorite pari allo 0,046%, poiché la mortalità (calcolata sulla intera popolazione) da virus Covid è dello 0,026% conviene mettere il casco più che le mascherine»
Questo è quanto affermava il 9 Ottobre il consigliere della regione Lazio Davide Barillari (eletto con il MoVimento 5 Stelle e poi espulso dal partito) in un Tweet. Nel giro di qualche giorno, l’affermazione ha fatto il giro del Web, fino a diventare la bandiera ideologica dal gruppo di NO-Mask che ha partecipato alle recenti manifestazioni di piazza.
Ma quanto c’è di vero in questa stima? Dobbiamo davvero iniziare a camminare col casco? O sarà sufficiente un ombrello a proteggerci? Gli studi sul rapporto tra la Terra e i meteoriti sono numerosi ed alcuni prendono in esame anche le possibilità che uno di questi possa finirci in testa, semmai proprio mentre siamo in fila per il tampone.
Partiamo dal presupposto la nostra atmosfera è continuamente punzecchiata da oggetti più o meno piccoli che entrano in contatto con essa. Che si tratti di oggetti di origine naturale o di vecchi frammenti di Space-Junk, la Terra non è per niente estranea a questi incontri spaziali. Ovviamente però, condizione necessaria (ma non sufficiente) affinchè qualcosa ci tramortisca mentre portiamo a spasso il cane, è che uno di questi oggetti raggiunga il suolo. È stato stimato in circa 6100 unità all’anno, il numero di frammenti che entrano in atmosfera e sono sufficientemente grandi da toccare terra senza incenerire del tutto a causa dei fenomeni di attrito. Parliamo di un numero piuttosto alto se consideriamo che determinerebbe una media di 17 impatti o micro-impatti al giorno.
Arrivare sulla superficie, non significa colpire una persona. Infatti solo un terzo della superficie terrestre è coperta da terre emerse e solo lo 0.13 percento di queste è abitata. Non risulta difficile pensare che, considerando una distribuzione uniforme della caduta al suolo di meteoriti, non più di un paio al giorno impattino zone prossime a centri abitati, mentre un’abbondante dozzina finisca in mari, oceani, deserti e foreste.
Conoscere quanti piccoli oggetti entrano nella nostra atmosfera quotidianamente non è sufficiente a stimare quanto è probabile che uno di questi ci uccida. Per poter determinare una probabilità verosimile di morire a causa qualche oggetto vagante per il cosmo, conviene tenere in considerazione anche i dati storici in nostro possesso. Stando alle fonti note, il numero di persone morte a causa di meteoriti sarebbe pari a…ZERO! Addirittura cifra nulla, ma è il caso di fare alcune precisazioni.
Esiste un caso certamente documentato di persona colpita (ma non uccisa) da un meteorite. La “fortunata” è la signora Ann Hodges che nel 1954 mentre riposava beatamente nel suo soggiorno si vide piombare dal tetto un frammento meteorico, che dopo aver urtato la radio le rimbalzò sul fianco, ferendola. Le conseguenze non furono gravi. Anzi, l’evento finì per fare le fortune degli avvocati della ridente cittadina di Oak Grove che dovettero seguire l’inutile causa tra la Hodges e il suo padrone di casa sulla legittima proprietà del raro frammento spaziale.
Conseguenze indirette dell’arrivo di un meteorite, hanno invece ferito più di 1200 persone nei dintorni della città di Chelyabinsk, in Russia nel 2013. Questa volta a causare danni non è stato l’impatto del grosso oggetto ma l’onda d’urto generata dalla sua esplosione che ha rotto vetri e finestre in un’area vasta circa 200000 miglia quadre. Questo evento ha anche sollecitato ulteriori provvedimenti in materia di sicurezza planetaria da parte dei vari enti.
Alcuni altri episodi più antichi (ai quali a volte sono collegati anche presunti decessi) sono raccontati in vecchi scritti ma nessuno di questi può essere ritenuto del tutto attendibile. Il più recente è l’evento di Tunguska, avvenuto in Siberia nel 1908. In questo caso non è mai stato possibile appurare con certezza che l’enorme esplosione che ha interessato l’area sia stata generata da un bolide (la maggior parte degli astronomi sono concordi su questa linea), nè le 3 presunte vittime sono mai state ufficialmente confermate.
Beh no. Alcuni studi hanno calcolato questa probabilità. Uno di quelli più ricorrenti in letteratura quando si parla di questi eventi è quello di Clark R. Chapman e David Morrison. I due scienziati hanno considerato decessi collegati direttamente all’oggetto celeste (impatto o esplosione in atmosfera) escludendo gli tsunami generati da un impatto in oceano o le morti legate alle carestie conseguenti a un evento molto grande. Sono risultati vari scenari che dipendono dal tipo di evento (impatto di un meteorite di varie dimensioni, esplosione in atmosfera, eventi simili a quello di Tunguska) e dalla sua cadenza calcolata in base ai dati storici in nostro possesso. Possiamo riassumere tutti i dati riportando la probabilità combinata di morte risultante dal realizzarsi di uno degli scenari analizzati (nell’arco della vita media di una persona): il risultato è un range piuttosto ampio che va da una probabilità massima di 1 su 3000 (0,00033) e una minima di 1 su 250000 (0,000004).
Come per il caso del meteorite, determinare le probabilità di essere uccisi dal Covid non è semplice. Dobbiamo distinguere due dati clinicamente rilevanti che sono quello della letalità e della mortalità. La prima è la percentuale di persone uccise da una malattia sul totale di quelle che la contraggono mentre la mortalità è la percentuale di persone morte a seguito di una malattia su una popolazione osservata.
Attualmente il Covid-19 ha ucciso più di un milione di persone (1,08mln per la precisione), ed è stato contratto da 37,8 mlln di persone in tutto il mondo. Questi dati, ci fornirebbero una letalità del 2 percento (è probabilmente questo il dato a cui si rifanno i negazionisti) e una mortalità di circa 0,000154 (stimata su 7miliardi di popolazione). Nessuno dei due dati ovviamente indica la probabilità di essere uccisi dal Coronavirus. Il primo, in particolare, dipende molto dalla fascia di età che si prende in considerazione (un corpo cosmico tenderebbe a non fare questo tipo di distinzioni) ed è inoltre sovrastimato dall’impossibilità di tracciare con esattezza il totale dei contagiati. Resta comunque un dato sufficientemente alto da necessitare massima allerta, inoltre alcuni paesi (come l’Italia) che hanno criteri più stringenti nell’attribire al Covid le cause di un decesso, registrano tassi di letalità anche quintupli (10 percento nel nostro paese). Il dato sulla mortalità è invece tenuto così basso dai provvedimenti di contenimento dei contagio messi in atto dalle varie nazioni oltre ad essere purtroppo inevitabilmente provvisorio e destinato solo a crescere. In ogni caso risulta evidente la sproporzione tra meteorite e Covid in fatto i letalità e mortalità.
La risposta in questo caso non lascia spazio ad interpretazione:il Covid è più letale, la mascherina più utile a proteggersi! I motivi sono due. Innanzi tutto, i dati riportati da i No-Mask sono assolutamente campati in aria (specie quelli relativi ai meteoriti) e che quindi morire di Covid è infinitamente più probabile di essere uccisi da un meteorite o da qualunque oggetto cosmico. In secondo luogo bisogna considerare l’efficacia dei dispositivi adottati. Una mascherina chirurgica, pur non proteggendoci dal virus, ne limita la propagazione proteggendo le persone attorno a chi la indossa. Il casco risulterebbe al contrario assolutamente inefficace nel proteggerci da qualunque tipo di incontro con un meteorite. In particolare, sia che un frammento come quello che ha ferito la signora Hodges ci piombi in testa, sia che siamo interessati dall’onda d’urto di un fenomeno come quelli di Tunguska e Chelyabinsk, sia che un grosso asteroide come quello che potrebbe aver determinato la scomparsa dei dinosauri colpisca il pianeta, affidarsi al casco per proteggersi da un meteorite sarebbe come sperare di sopravvivere a un incidente aereo indossando le ginocchiere, o come proteggersi dal Covid coi presidi adottati dal nostro amico qui sotto.