La riduzione delle emissioni, dell’inquinamento acustico e lo sviluppo di carburanti alternativi sostenibili sono tra i principali obiettivi posti all’industria aeronautica, nell’ottica di un futuro carbon-free.
In questo contesto, una nuova architettura motore ha le potenzialità di rivoluzionare il settore aeronautico: il nome è Open Rotor, o Propfan.
Un motore Open Rotor è un ibrido tra turbofan e turboelica, progettato per lavorare alle velocità tipiche del primo, con consumi paragonabili al secondo.
Questa configurazione motore consiste in una coppia di pale contro rotanti ad alta velocità, alimentate da un ciclo turbogas interno e una turbina a 6 stadi, senza componenti statorici. Teoricamente lo si può considerare come un turbofan con un valore di Bypass Ratio (rapporto tra portata di aria fredda e calda) altissimo, in quanto non è presente un case esterno.
Gli attuali programmi di sviluppo di Open Rotor prevedono una riduzione dell’emissioni di CO2 fino al 30%, rispetto ad un turbofan come il GE CFM65 LEAP.
Si stima anche una riduzione, sebbene più contenuta, dell’inquinamento acustico.
Un sistema propulsivo Open Rotor ha diversi vantaggi. Alcuni più evidenti come, essendo le pale all’esterno, una struttura più snella e quindi più leggera con conseguenze dirette su peso e resistenza aerodinamica. Altri invece prevalentemente tecnici, come gearbox avanzate che permettono di far lavorare al meglio le eliche ed i gruppi di bassa pressione della turbina.
Con una soluzione propulsiva di questo tipo, la struttura intera del velivolo potrebbe cambiare. Gli Open Rotor verrebbero infatti installati sulla parte finale dell’aereo e non sotto le ali.
Tra gli elementi più critici del motore vi sono sicuramente le pale, il cui design è frutto di diverse analisi fluidodinamiche ed aero-acustiche. La forma delle pale deve infatti garantire sia un corretto funzionamento a basso numero di giri e velocità, sia proteggere da eventuali onde d’urto localizzate e conseguente separazione del flusso (fenomeni tipici alle alte velocità di volo).
Gli sviluppi tecnologici degli ultimi decenni consentono ora di poter svolgere queste pesanti simulazioni, con le precisioni richieste, rinnovando l’interesse della comunità scientifica.
I primi progetti di Open Rotor, di aziende come General Electric, Rolls Royce e Safran (allora Snecma) sono iniziati nei primi anni ’70. La crisi petrolifera e l’embargo dell’OPEC sono stati i motivi principali della cancellazione dei programmi di ricerca.
GE ha però continuato ad utilizzare fibra di carbonio, come sul GE-9X, tecnologia sviluppata per le pale dell’Open Rotor GE36.
La necessità di ridurre l’impronta di carbonio del settore aeronautico ha permesso negli ultimi anni di indirizzare la ricerca verso sistemi propulsivi innovativi. La Commissione Europea e l’indotto aeronautico hanno siglato l’accordo Clean Sky, programma di ACARE, responsabile del programma di riduzione dell’impatto ambientale entro il 2050.
In 8 anni, Safran, Airbus ed i partners di Clean Sky (tra cui le italiane Avio Aero e Leonardo) hanno ricevuto più di 65 milioni di euro in finanziamenti dalla Commissione Europea.
Il programma di Safran, iniziato nel 2008, ha già raggiunto diverse milestone e si propone come un’alternativa concreta di sistema propulsivo entro il 2030.
Nel 2015 sono iniziati i test su un prototipo in scala 1:5 e nel 2017 è stata inaugurata una piattaforma per modelli a dimensione reale.
Ad oggi, tra i principali problemi di progettazione vi sono le forti vibrazioni e rumore, i problemi strutturali e di sicurezza per progetto e certificazione delle pale, oltre a difficoltà manutentive e di integrazione con fusoliera.
La tecnologia Open Rotor fa parte di un programma di ricerca più ampio per i propulsori del futuro. In particolare lo sviluppo entro il 2025 di UHBR (Ultra High Bypass Ratio), un’ottimizzazione degli attuali turbofan attraverso architetture più grandi e con BPR più elevati, per arrivare a riduzioni del consumo specifico del 5-10% rispetto agli attuali motori.