“Il diritto di contare”: storia di un successo
Anno 1962. Il primo americano, il grandissimo John Glenn, riesce a percorrere l’orbita terrestre, atto che permette finalmente agli Stati Uniti D’America di raggiungere l’Unione Sovietica durante la cosiddetta “corsa allo spazio”. Questo bel quadretto appena dipinto è lo sfondo su cui si va ad articolare il film “Il diritto di contare“.
Un film di Theodore Melfi che racconta la storia vera di tre donne di colore che negli Sessanta diedero un rilevante contributo alla corsa allo spazio e alle prime missioni spaziali della NASA. Le tre donne in questione sono: la matematica Katherine Johnson, l’aspirante ingegnere aerospaziale Mary Jackson e la matematica Dorothy Vaughan.
“Il diritto di contare” affronta, non solo tutte le vicissitudini che aveva la NACA (successivamente chiamata NASA) per elaborare il successo delle sue prime missioni spaziali, ma anche le difficoltà che avevano determinate persone ad emergere in questi ambienti (difficoltà che sono ancora in fase di superamento, “Le donne non sono fatte per l’ingegneria“).
Numerose scene possono indubbiamente lasciare perplesso/sconvolto lo spettatore, come la “Gag” del bagno o il vedere delle donne di colore rinchiuse in stanze con la scritta “Colored computers”. E sicuramente sarà scattata la domanda “Ma è tutto vero“?
COMPUTER UMANI
Sì. Le donne nere lavoravano in un ufficio simile a quello visto nel film dal 1943 ed erano, per farla breve, dei computer umani. Veniva chiesto loro di fare, rifare e controllare calcoli di ogni tipo, così che altri ingegneri, fisici e matematici potessero dedicarsi ad altro, ottimizzando il loro tempo. Poi arrivarono i computer, ma – come si vede nel film – continuò a servire gente che s’intendesse di matematica: per far andare quei complicati computer e per controllare che quei complicati computer facessero tutti i calcoli giusti.
LA SCENA DEL BAGNO
A metà strada tra una “gag comica” e una scena assai triste: nonostante lavori con i bianchi, Johnson è costretta a perdere 40 minuti per andare nel bagno delle persone di colore, da tutt’altra parte rispetto a dove lavora. La realtà, a dispetto del film, è stata un po’ meno pesante: Johnson usò per anni bagni per bianchi, senza far caso al fatto che fossero riservati ai bianchi (non era neanche esplicitamente scritto). Qualcuno, a un certo punto, glielo fece notare, ma lei continuò a usarli comunque, senza tra l’altro evidenti proteste da parte delle donne bianche.
Non temete, non sono solo le cose negative ad essere vere, ma anche i successi di queste tre incredibili donne:
- Johnson ha controllato i calcoli della missione che avrebbe portato il primo uomo americano nello spazio, sotto richiesta dello stesso John Glenn;
- Vaughan è stata, in assoluto, la prima donna di colore ad aver avuto un incarico di tale importanza (supervisor) all’interno della NASA;
- Jackson è stato il primo ingegnere donna della NASA.
E DOPO?
Cos’è successo alle nostre eroine dopo le vicende del film “Il diritto di contare”?
Vaughan divenne una grande esperta di FORTRAN, un importante linguaggio di programmazione dell’epoca, che si vede anche nel film. Si ritirò nel 1971 e morì nel 2008. Jackson lavorò alla NASA fino al 1985, poi si dedicò al supporto delle donne e delle minoranze; morì nel 2005. Johnson calcolò poi anche le traiettorie per le missioni Apollo 11 e Apollo 13. Andò in pensione nel 1986 e nel 2015 ha ottenuto da Barack Obama la Medal of Freedom (Medaglia della Libertà)
Cosa? Vi aspettavate delle critiche come quelle per il film “The Martian” o “Gravity”? Mi dispiace, ma questo film è semplicemente meraviglioso. E se dopo questo articolo non siete convinti, o credete di non essere interessati all’organizzazione della missione Mercury-Atlas 6 (o Friendship 7, come scelse John Glenn), vi fornirò la spinta definitiva:
IN QUESTO FILM, IL NOSTRO “SHELDON COOPER” INTERPRETA LA PARTE DI UN INGEGNERE AEROSPAZIALE
Buona visione!