Traiettorie balistiche e volo suborbitale: quando le orbite incrociano la superficie terrestre
Distinguere il volo di un aeromobile da quello di un veicolo spaziale è un esercizio estremamente intuitivo per tutti. Meno scontato, invece, è definire con accuratezza un limite netto tra una traiettoria aerea e un moto orbitale. Convenzionalmente, infatti, lo spazio viene considerato tale a partire da circa 80-100 km di quota sulla superficie terrestre: un’altitudine decisamente superiore alla crociera di un qualsiasi aeroplano, ma inferiore anche alle tipiche orbite basse terrestri. Ma dove possiamo inquadrare le traiettorie balistiche e il volo suborbitale?
Ci sono, però, situazioni particolari in cui il confine non risulta più così netto. È il caso, per esempio, delle traiettorie dei missili balistici: oggetti il cui percorso inizia e finisce in due punti differenti della superficie terrestre, ma che si può descrivere con le equazioni delle orbite spaziali! Curioso vero? Allora non ci resta che andare a scoprire i principali segreti di questo moto…
L’orbita: una traiettoria spaziale
Per prima cosa partiamo dal concetto di orbita. Molto sinteticamente, considerato un qualunque oggetto in movimento nello spazio, la possiamo definire come la traiettoria compiuta intorno a un corpo di riferimento. Dal punto di vista matematico si descrive attraverso l’equazione di una conica: i casi più comuni sono le orbite ellittiche e quelle circolari. Concentrandoci sul caso delle orbite ellittiche, la traiettoria seguita dal corpo orbitante si esprime come:
Dove r rappresenta la distanza tra il corpo orbitante e quello di riferimento, mentre a ed e sono, rispettivamente, il semiasse maggiore e l’eccentricità dell’ellisse. Particolarmente importanti sono anche il perigeo, cioè il punto dell’orbita più vicino al corpo di riferimento, e l’apogeo, quello più lontano. Infine, ν rappresenta proprio l’angolo tra la direzione di r e quella del perigeo: ovviamente r e ν non sono costanti nel tempo.
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Le traiettorie balistiche e il volo suborbitale: il problema fisico
Ora che abbiamo capito cosa sia un’orbita, possiamo tornare ai missili balistici. Il tipico profilo di missione presenta tre fasi: il lancio, il free–flight e il rientro. Il lancio consente di portare il vettore alla quota di burnout, cioè il momento in cui il corpo balistico riceve l’impulso che origina il volo non propulso. Quest’ultimo – detto free-flight, appunto – rappresenta quasi l’intera missione e subisce unicamente l’effetto delle forze gravitazionali: è proprio la parte che ci interessa! L’ultimo tratto, invece, risente anche dell’azione aerodinamica dell’atmosfera e costituisce la fase di rientro.
Il cuore della nostra trattazione è quindi il moto di free-flight: questa infatti altro non è che un tratto di orbita ellittica che interseca la superficie terrestre. Uno dei fuochi coincide con il centro della Terra e la massima quota raggiunta dal missile rappresenta l’apogeo dell’orbita.
Durante il free-flight si individuano tre parametri fondamentali:
- Gittata (∑)
- Fly-path angle (ϕ)
- Velocità di burnout (v0)
La gittata ∑ esprime la distanza coperta dal missile e rappresenta l’angolo presente tra le congiungenti dei punti iniziali e finali del tratto di orbita con il centro della Terra. Permette di ricavare geometricamente il valore di ν0. Il fly-path angle ϕ0 (angolo di rampa) è l’angolo tra il vettore velocità e l’orizzonte celeste: permette di identificare la traiettoria.
Infine v0 è la velocità di burnout, ovvero la velocità alla quale il corpo balistico viene rilasciato. In particolare tale valore ricopre un grande valore strategico, essendo il parametro fisico che esprime il costo energetico della missione!
La rappresentazione matematica
Ora non rimane che passare alle osservazioni matematiche. Per poter descrivere le equazioni del moto si utilizza un parametro adimensionale:
Q rappresenta il rapporto tra la velocità del corpo e quella che esso stesso avrebbe se si trovasse su un’orbita perfettamente circolare. Utilizzando Q non solo è possibile ricavare i parametri orbitali, ma soprattutto si ottiene l’equazione che lega tra di loro tutte e tre le principali grandezze che determinano la traiettoria balistica:
Un aspetto particolarmente interessante è che a parità di Q (e quindi di spesa) la soluzione matematica porta a due soluzioni per ϕ. Entrambi i valori hanno un significato fisico e permettono di identificare una traiettoria alta e una bassa per il missile. Ottimizzando il parametro Q, invece, si ottiene un’unica soluzione: essa rappresenta il percorso energeticamente più conveniente per coprire la gittata desiderata.
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Traiettorie balistiche e volo suborbitale: l’approccio pratico
Come si applica questa teoria nella realtà? L’obiettivo è quello di determinare univocamente la traiettoria del missile nel tempo e nello spazio, conoscendo il punto di lancio e quello di atterraggio. Dunque, a priori non conosciamo né ∑ né ϕ. Tuttavia, note le coordinate – espresse in latitudine e longitudine – delle due località, è possibile ricavare trigonometricamente il valore della gittata. La relazione finale è:
Dove δi e δf sono le latitudini dei punti iniziali e finali, Δα la differenza di longitudine, ωt la velocità angolare della Terra e tff il tempo di volo del missile. Si tratta di un’equazione da risolvere iterativamente: supposta inizialmente la Terra ferma, si ricava un primo valore della gittata. Da questo è possibile calcolare il ϕ0 e, a cascata, tutti i parametri orbitali utili a determinare il tempo di volo (tff). Introducendo quindi la rotazione terrestre, si aggiornano tutti i valori fino a giungere a convergenza. Siamo ora in grado di definire con precisione il moto nel tempo e nello spazio: il problema è completamente risolto!
Alla base di un lancio di lungo raggio, dunque, altro non c’è che l’applicazione delle equazioni della geometria analitica e della trigonometria. Insomma, concetti relativamente semplici ma sufficienti per una teoria che potrebbe aprirci anche a nuovi affascinanti scenari. Se infatti ad oggi il volo suborbitale dei missili balistici rappresenta un tipico impiego militare, un’ipotetica applicazione al trasporto aereo civile potrebbe rivoluzionare il nostro concetto di viaggio intercontinentale.
A cura di Alessandro Aimasso