sicurezza

    AoA Safety System

    AoA: Angle of Attack Safety System

    Di Dario Dave De Lorenzo

    L’AoA (o Angle of Attack) Safety System è uno strumento di misurazione, o più semplicemente indicatore, che misura l’angolo di attacco; siccome lo stallo può avvenire a qualsiasi velocità, una volta raggiunto l’angolo di attacco critico per evitare questo problema si è progettato e sviluppato questo indicatore. 

    AoA
    Credits: youtube.com

    L’AoA è stato installato prima su aerei di tipo militare, risultando di grande vantaggio per i piloti che devono effettuare atterraggi sulle portaerei: devono mantenere una bassa velocità, dovuta alla pista corta, per cui rischiano maggiormente di incorrere nello stallo a bassa quota; per questo motivo, avere uno strumento più diretto sul tipo di angolo da non superare è una vera e propria “manna dal cielo”.

    Successivamente, tale sistema di sicurezza è stato installato su aerei di tipo civile dalla Garmin, Alpha Systems – AoA, Safe Flight corporation ed infine dalla ICON; attualmente, è montato nei computer di visualizzazione sui cockpit di molti aerei di linea commerciali (Falcon7x, Airbus A380 e su quasi tutti gli Embraer) ed è, solitamente, separato dalla strumentazione o implementato sul cockpit di ultraleggeri di ultima generazione (Cessna, ICON A5, e tanti altri). 

    Le configurazioni consistono in una sonda, o tubo, riscaldata, il cui aspetto e funzionalità sono molto simili al tubo di Pitot; tale tubo AoA è forato in due particolari punti, uno lungo l’asse longitudinale del vento e l’altro sito a 45° gradi rispetto al precedente, che serve da riferimento. Come con il tubo di Pitot, si misura la pressione statica e quella dinamica così da ottenere, grazie al teorema di Bernoulli, il modulo della velocità specifica per unità di volume al quadrato: 

    𝑃𝑡𝑜𝑡=𝑃𝑠𝑡+1/2*𝜌*(𝑣^2) 

    Il flusso d’aria, passando attraverso il tubo, giunge a dei sensori piezoelettrici che trasformano il segnale di pressione in un segnale elettrico, inviato al computer di bordo, che calcola la pressione esercitata sulla determinata piattaforma piezoelettrica. Si attivano, dunque, i led verticali dell’indicatore: il colore verde significa che si sta mantenendo un corretto angolo di attacco, in particolare durante l’atterraggio si fa riferimento a tre led orizzontali che indicano le corrette condizioni di avvicinamento alla pista, arancione significa che si sta aumentando troppo l’angolo d’attacco e per evitare lo stallo (indicato con i led rossi) bisogna picchiare verso il basso e diminuire quest’ultimo. 

    AoA
    Credits: flyer.co.uk

    La velocità di stallo può variare rispetto al carico alare, cosa di cui l’anemometro non tiene conto. Mentre alcuni tipi di AoA, con l’aggiunta al tubo di Pitot di avvisatori di stallo esterni (piattaforme piezoelettriche distribuite lungo l’ala), o con l’aggiunta di più complessi meccanismi, calcolano autonomamente la distribuzione di carico di portanza lungo tutta l’ala. L’indicatore AoA, inoltre, informa il pilota della quantità di portanza che l’ala può fornire prima di stallare, risultando più affidabile del classico anemometro. 

    L’azienda ICON ha progettato e sviluppato un nuovo tipo di AoA, montato sull’aereo A-5, ultraleggero molto versatile e fruibile e di tipo analogico, a differenza di quello Garmin che è di tipo digitale. Come dichiarato dall’azienda, questo indicatore è un utile strumento di sicurezza, specialmente per neofiti e aerei di piccola taglia e viene, a tratti, sopravvalutato, indicandolo come unico componente da tenere d’occhio per poter completare un volo in perfette condizioni (motori e elettricità a parte).

    Non è ancora il caso, tuttavia, di gettare via il caro e vecchio anemometro, poiché l’indicatore AoA può solo aumentare la sicurezza, facilitando la lettura degli strumenti per una maggiore morbidezza all’atterraggio; indiscussa è l’innovazione che ciò ha portato e che porterà negli anni a venire.

    Cleanspace: verso uno spazio più pulito

    Le esplorazioni spaziali, sin dall’antichità, hanno affascinato l’uomo.

    Con il passare degli anni, mediante il progressivo sviluppo tecnologico, l’umanità è stata in grado di ampliare sempre più gli orizzonti: dai primi voli orbitali intorno la Terra, al lancio di sonde verso Marte per un’ analisi più accurata del Pianeta rosso.

    Il lancio di una sonda spaziale in orbita viene effettuato mediante un vettore, ossia un veicolo propulso mediante endoreattori, quasi sempre costituito da più “stadi”, ciascuno propulso per fornire la spinta soltanto per una parte del viaggio complessivo.

    Di tutto il missile che si vede sulla rampa di lancio, il carico utile occupa soltanto la punta;  tutto il resto è costituito dai sistemi propulsivi a razzo dei vari stadi, nei quali la gran parte del volume è occupata dalle grandi quantità di combustibile ed ossidante che servono per mandare nello spazio il carico utile.

    Gli oggetti incontrollati senza alcuna utilità come: stadi del lanciatore, materiale espulso dai motori o frammenti di satelliti, rappresentano un pericolo durante le missioni nello spazio, in quanto il lancio in orbita di successive sonde potrebbe essere compromesso mediante colluttazioni con essi.

    Il contributo dell’Agenzia Spaziale Europea

    Siccome in seguito a successivi lanci spaziali, la quantità di detriti potrebbe crescere, i livelli di rifiuti in orbite basse sono destinati ad aumentare inesorabilmente.

    Il modo più efficace per scongiurare questa reazione a catena e stabilizzare la “popolazione” di detriti in orbita, è quello di rimuovere oggetti di grandi dimensioni, ormai inutilizzati, dallo spazio.

    A tal fine, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) , con l’iniziativa Cleanspace, sta sperimentando un approccio ecologico alle attività spaziali, preservando l’ambiente orbitale come una zona sicura, privo di detriti.

    Una sfida, tre soluzioni

    Dal 2012, l’iniziativa Cleanspace dell’ESA, ha preso in considerazione in modo sistematico l’intero ciclo di vita delle attività spaziali: dalle prime fasi di progettazione al termine della missione.

    L’iniziativa segue tre strade le quali potranno garantire un primo passo per affrontare il futuro delle missioni spaziali in maniera sostenibile.
    Esse sono:

    • EcoDesign: Adottare tecnologie verdi per rispettare l’ambiente spaziale.
    • CleanSat: Progettare per ridurre la produzione di detriti spaziali.
    • eDeorbit: Rimuovere detriti spaziali.
    Cleanspace: iniziativa e.Deorbit
    Credits: esa.int

    Panoramica della missione e.Deorbit

    Un veicolo spaziale di circa 1600 Kg, sarà lanciato a bordo di un razzo Vega in una orbita quasi polare ad un’altitudine di 800-1000 km (500-620 mi).

    Una volta in orbita, la sonda eseguirà un’operazione di rendezvous, il cui fine primario è l’aggancio (docking) con il satellite inutilizzato grazie alla presenza di meccanismi atti alla realizzazione dell’agganciamento quali bracci robotici, reti ed arpioni, tuttora in fase di sperimentazione e di collaudo.

    Questa rimozione sarà effettuata spostando gli elementi ad alta velocità e alta precisione nell’atmosfera terrestre, facendoli bruciare.

    Cleanspace: Progetto e.Deorbit
    Veicolo spaziale che eseguirà l’agganciamento. Credits: esa.int

    Quadro complessivo della missione e.Deorbit

    La missione proposta per il 2024 è ancora oggi  in fase di sviluppo attraverso l’iniziativa SpaceClean dell’ESA. Gli accordi conclusivi saranno proposti al prossimo Consiglio dell’ESA a livello ministeriale, nel 2019.

    Pertanto e.Deorbit sarà la prima missione adibita alla rimozione di detriti nello spazio, e fornirà l’opportunità alle industrie europee di mostrare le loro capacità tecnologiche nell’affiancare al continuo progresso la salvaguardia dello spazio che ci circonda.

     

    Scatola nera: migliorare la sicurezza aerea

    Nonostante secondo l’Associazione Internazionale di Trasporto Aereo (IATA), un passeggero dovrebbe effettuare una media di circa 5,3 milioni di voli commerciali prima di imbattersi in un incidente, questo mezzo resta ancora il più pericoloso nell’immaginario collettivo. Tanta gente ancora ha paura di salire a bordo di un aereo, preferendo automobili o treni anche per viaggi lunghi e stancanti. Ma, come afferma ironicamente Lorenzo Pinna nel suo servizio: “Il vero rischio del volare è il viaggio in auto verso l’aeroporto!”. Infatti in tutto il mondo si attesta un incidente aereo ogni 1,6 milioni di voli. La sicurezza aerea è garantita da una serie di norme che impongono numerose operazioni di manutenzione aeronautica, severi controlli e frequenti indagini. Queste ultime sono possibili grazie all’utilizzo della cosiddetta SCATOLA NERA. Tale dispositivo è costituito da due registratori: il FLIGHT DATA RECORDER che registra i dati tecnici (altitudine, velocità, temperature, turbolenze ecc.) e il COCKPIT VOICE RECORDER che registra le conversazioni tra i piloti. Essa non solo permette di individuare le cause di un disastro aereo, ma anche di indagare guasti o manovre sbagliate all’origine di incidenti di minore entità o mancati incidenti. La scatola nera è in realtà di colore arancione per poter essere facilmente rintracciata, è progettata in maniera da resistere a condizioni estreme ed è dotata di un trasmettitore che si attiva automaticamente al contatto con l’acqua, trasmettendo segnali ad ultrasuoni fino a 30 giorni. Su un aereo commerciale in genere sono presenti due scatole nere: una nella coda e una nel muso.


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