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    CIMON: nuovo assistente virtuale sull’ISS

    Lo scorso venerdì 29 giugno, SpaceX ha lanciato una nuova missione di rifornimento verso la Stazione Spaziale Internazionale. La navicella Dragon, già utilizzata in passato, tra vari rifornimenti ed esperimenti, ha portato con sé un ospite davvero speciale: un robot volante e parlante per tenere compagnia agli astronauti!

    Il robot, chiamato Crew Interactive Mobile Companion o CIMON (da pronunciare come Simon), userà vari microfoni e camere per comunicare con gli astronauti e un piccolo schermo digitale a raffigurare delle espressioni facciali.

    Concept di CIMON sull’ISS. Credits: DLR

    CIMON è stato sviluppato principalmente dal Centro Aerospaziale Tedesco in collaborazione con ESA, Airbus e IBM. È proprio su un’intelligenza artificiale sviluppata da IBM, chiamata Watson, che si basa il “cervello” del robot.

    Al momento è addestrato per comunicare con l’astronauta tedesco Alexander Gerst, che è sulla Stazione Spaziale dal 6 giugno. In orbita riconoscerà la faccia e la voce dell’astronauta, e lo seguirà in giro per la stazione utilizzando un sistema di propulsione ad aria.

    Portato sulla Stazione Spaziale Internazionale su un vettore SpaceX, CIMON ha l'obiettivo di aiutare gli astronauti a svolgere degli esperimenti, e costituisce un primo passo verso un assistente virtuale per i viaggi con equipaggio nello spazio profondo.
    CIMON è addestrato per riconoscere il volto dell’astronauta tedesco Alexander Gerst. Credits: www.extremetech.com

    Obiettivi attuali e futuri di CIMON

    Le missioni in programma al momento, prevedono un utilizzo fino ad ottobre, aiutando Gerst a risolvere semplici problemi, come farebbe un comune assistente digitale.

    Tre sono le missioni principali per CIMON: aiuterà Gerst a risolvere un cubo di Rubik guidandolo nei vari passaggi, registrerà e aiuterà l’astronauta mentre eseguirà un esperimento medico utilizzando la camera in modo “intelligente”, e infine, lo guiderà durante un esperimento di crescita dei cristalli.

    Portato sulla Stazione Spaziale Internazionale su un vettore SpaceX, CIMON ha l'obiettivo di aiutare gli astronauti a svolgere degli esperimenti, e costituisce un primo passo verso un assistente virtuale per i viaggi con equipaggio nello spazio profondo.
    CIMON aiuterà Gerst a risolvere un cubo di Rubik. Credits: www.meteoweb.eu

    Il robot utilizzerà delle reti neurali per imparare e interagire con l’esterno, e i dati raccolti potrebbero essere utilizzati per sviluppare futuri assistenti virtuali come questo.

    L’importanza di questa missione risiede nel fatto che l’interazione sociale tra persone e macchine equipaggiate con un’intelligenza emotiva, potrebbe essere di grande aiuto nelle future missioni a lungo termine vero la Luna o Marte, sia per quando riguarda la soluzione di problemi pratici, sia per affievolire la solitudine.

    astronauti

    Astronauti: le conseguenze della permanenza nello spazio

    Il nostro sguardo è spesso rivolto unicamente all’atterraggio dei moduli spaziali. Non tutti si soffermano sulle condizioni degli astronauti dopo l’atterraggio.

    In molti avranno sognato di essere nello spazio e quasi tutti sanno bene che, prima dell’eventuale partenza, sono richiesti anni di duro addestramento. Il motivo di questo addestramento è univoco: gli astronauti non escono esattamente indenni dal loro “soggiorno” a gravità zero. Ma quali sono le conseguenze sul loro organismo?

    In un precedente articolo abbiamo esaminato gli effetti delle radiazioni cosmiche, in questo ci soffermeremo sulle conseguenze della gravità ridotta (effetti che, ovviamente, sono “visibili” solo una volta tornati a Terra).

    Cominciamo con una crudele affermazione: Lo Spazio non è per tutti. Bisogna godere di un’ottima salute, avere nervi saldi e capacità di gestire lo stress e affidarsi scrupolosamente a piani fisici e alimentari sia prima della partenza che dopo il ritorno a Terra. L’assenza di gravità, la mancanza di luce solare, la permanenza in spazi ristretti privi di privacy e, non ultimi, il rumore che si sente a bordo e la mancanza di cibo fresco sono fattori che rendono la permanenza nello Spazio molto faticosa.

    LE CONSEGUENZE PER GLI ASTRONAUTI

    Quando tornano sulla Terra gli astronauti non riescono a muoversi bene perché i loro muscoli si sono indeboliti. All’interno delle stazioni spaziali gli astronauti effettuano regolarmente ginnastica ma, per la gravità ridotta, la potenza fisica cala comunque drasticamente.

    Altro problema grave, che non può essere completamente risolto con gli integratori, è la riduzione della densità delle ossa, circa dell’1-2% per ogni mese passato nello Spazio. Non essendoci la gravità, infatti, le ossa non subiscono il peso del corpo e quindi non si rigenerano, costringendo gli astronauti a correre ai ripari facendo uso di medicinali contro l’osteoporosi.

    Anche la vista non esce incolume: il nervo ottico si gonfia e schiaccia i bulbi oculari. In pratica, è come essere affetti da presbiopia e si possono anche vedere delle macchie.

    Per riassumere, trascorrere sei mesi nello Spazio velocizza terribilmente l’invecchiamento, in quanto, dal punto di vista psico-fisico, questi sei mesi pensano esattamente come dieci anni!

    Dati tutti questi “danni”, è ovvio che gli astronauti debbano necessariamente affrontare un vero e proprio percorso di riabilitazione (si svolge a Houston presso il centro spaziale della NASA): insomma, addirittura un atto naturale come il parlare diventa una tortura (le labbra e la lingua sembrano pesanti). Attraverso questa riabilitazione, devono rafforzare ossa e muscoli, come prima cosa, per riuscire a camminare di nuovo normalmente, non avere più problemi di equilibrio e afferrare gli oggetti senza difficoltà (cosa che appena atterrati non riescono a fare), poi devono riabituarsi al cibo e alle bevande terrestri, recuperare pienamente la vista e rafforzare anche il sistema immunitario.

    Per le prime tre settimane non possono guidare e devono anche limitare i contatti con gli altri esseri viventi, perché sono sensibili a germi e batteri e potrebbero ammalarsi facilmente. Inoltre devono stare sotto controllo per verificare che non abbiano subito danni a causa dell’esposizione alle radiazioni spaziali e che non manifestino problemi psicologici.

    Per concludere alla meglio questo articolo, inseriamo una breve dichiarazione, del Dottor Filippo Ongaro, in merito alla riabilitazione degli astronauti:

    Ongari astronauti
    Credits: diregiovani.it

    Dipende un po’ dalla plasticità del tessuto e dalla capacità e bravura dell’astronauta di fare un programma di riabilitazione. Il muscolo tende a recuperare abbastanza perché il muscolo è un tessuto piuttosto plastico, l’osso è molto più ostico. Dopo mesi e mesi di assenza di gravità il recupero dell’osso può essere più difficile. Dipende molto anche da quanto l’astronauta viene sottoposto a una riabilitazione ben fatta, ben strutturata, cosa che oggi è molto più vera di alcune decadi fa. Oggi la differenza la fa anche il piano di attività fisica che gli astronauti fanno a bordoA bordo della Stazione c’è una farmacia piuttosto completa e gli astronauti ricevono addestramento completo per la gestione dei sintomi e emergenze mediche. In ogni missione c’è poi un astronauta con un ulteriore addestramento medico

     

     

     


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