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Il ritorno dell’LHC del CERN dopo più di tre anni

Durante la giornata di venerdì 22 aprile, il Large Hadron Collider (LHC) è tornato a prendersi la scena al CERN dopo tre anni di assenza fatti di manutenzione e aggiornamenti. Questi hanno permesso un miglioramento generale della macchina, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza dei magneti all’interno di essa. Alle ore 12:16 sono stati fatti circolare all’interno dell’acceleratore di particelle due fasci di protoni che hanno raggiunto un livello di energia mai visto prima. Ovvero 6.8 TeV per fascio, un numero molto vicino ai 7 TeV che è la soglia di energia per il quale è stato designato l’LHC. Il precedente record apparteneva sempre all’acceleratore del CERN che nel 2015 ha raggiunto un livello di energia pari a 6.5 TeV.

Gli acceleratori di particelle

Si ricordi che l’elettronvolt [eV] è un’unità di misura dell’energia ed è pari a 1 V moltiplicato per la carica elettrica di un elettrone. Esso può essere visto come il lavoro compiuto da un elettrone per attraversare una tensione elettrica di 1 V.

Lo scopo dell’acceleratore di particelle è quello di cercare di trovare risposte alla domanda circa la nascita dell’universo. Per questo, si cerca di simulare il comportamento delle particelle atomiche e subatomiche durante il big bang, accelerandole e facendole scontrare tra loro liberando, in questo modo, energia. Il punto più alto dell’LHC del CERN è stato sicuramente raggiunto nel 2012 con la scoperta del bosone di Higgs, noto anche come la “particella di Dio”.

LHC CERN
I magneti del Large Hadron Collider. Credits: CERN

La nuova missione del Large Hadron Collider (LHC) del CERN

Il ritorno in funzione del Large Hadron Collider è solo uno step della più vasta operazione denominata “Run 3” che dovrebbe entrare nel vivo quest’estate. L’obiettivo principale di questo nuovo periodo di funzionamento è quello di cercare prove a sostegno della materia oscura e dell’antimateria, ipotizzate da vari scienziati in tutto il mondo.

Secondo gli esperti, grazie a un numero tre volte maggiore rispetto al passato, gli esperimenti che gioveranno maggiormente del rinnovamento attuato negli ultimi tre anni sono quelli che riguardano l’LHCb, il “Large Hadron Collider beauty”. Esso si occupa principalmente dello studio di una particella denominata “quark beauty” che permette di approfondire il tema delle differenze tra materia e antimateria.

Il nuovo ciclo di funzionamento, inoltre, prevede l’entrata di altri due esperimenti: “FASER” e “SND@LHC”. Il primo consentirà di studiare dettagliatamente la luce e di cercare nuove particelle, la cui esistenza è stata predetta dai modelli scientifici precedenti. In particolare, le ricerche si soffermeranno sullo studio dell’origine del neutrino, una particella simile all’elettrone ma con una massa minore e una carica elettrica nulla. Complementare al primo esperimento, il secondo si occuperà di osservare il neutrino che rappresenta, attualmente, l’elemento incognito più importante della fisica che potrebbe aprire ad essa nuove frontiere.

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La struttura principale del CERN di notte. Credits: CERN

Il futuro dell’LHC del CERN

Il CERN, dunque, si appresta a raggiungere nuove mete e a valicare gli attuali confini ignoti della fisica come, d’altronde, ha sempre fatto sin dalla sua nascita nel 1954. Esso rappresenta non soltanto un polo scientifico ma il luogo di incontro di molteplici Paesi (attualmente 23) che hanno deciso di mettere da parte le loro differenze culturali per unire le loro conoscenze e collaborare, insieme, al fine di fare luce sugli attuali misteri del mondo subatomico.

Sebbene l’LHC sia nel pieno della sua vita operativa, a Ginevra si guarda già al futuro. Si prevede, infatti, che il Large Hadron Collider, verrà dismesso intorno al 2040 lasciando la sua eredità al nuovo progetto pioneristico del CERN: il Future Circular Collider (FCC). La lunghezza del futuro acceleratore di particelle sarà di 100 km circa (contro i 27 dell’attuale LHC) e porterà ad un aumento esponenziale dei livelli di energia delle collisioni tra particelle fino al raggiungimento di 100 TeV.

A cura di Pasquale Bencivenga