Rilevati nuovi lampi radio provenienti dallo spazio profondo
Anche se ancora non si conosce la reale provenienza dei lampi radio veloci, conosciuti come FBR (Fast Radio Burst), parlare di segnali alieni è fin troppo azzardato. Negli ultimi anni sono stati rilevati circa 60 impulsi di questo genere, ma solo due, tra cui FRB 180814, ricevuto ad agosto dello scorso anno, presentano ripetizioni del proprio segnale.
Così lo evidenzia uno studio di un gruppo di scienziati canadesi e statunitensi in fase di pubblicazione sulla rivista Nature e presentato in anteprima al 233° meeting dell’American Astronomical Society in svolgimento a Seattle, Stati Uniti. La scoperta è stata realizzata grazie al nuovo radiotelescopio canadese CHIME (Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment).
L’osservatorio di CHIME si trova a Penticton, in British Columbia ed è composto da quattro antenne semi-cilindriche lunghe 100 metri. La struttura opera 24 ore su 24 e scansiona l’intero cielo del nord ogni giorno, dandogli un’eccellente opportunità di catturare gli FRB transitori.
Ma cosa sono i lampi radio veloci?
Gli FRB sono impulsi radio di breve durata (si parla di pochi millisecondi), che provengono dallo spazio profondo. Grazie all’analisi delle componenti in frequenza di ciascun lampo, le quali presentano dei ritardi legati alla lunghezza d’onda, è possibile stabilire che provengano da regioni dello spazio esterne alla Via Lattea, a miliardi di anni luce dalla nostra galassia.
Il lampo radio che ha rubato l’attenzione degli scienziati
Il nuovo lampo veloce ripetitivo (ricevuto ben 5 volte) è stato denominato FRB 180814.J0422+73, ed è uno dei 13 FRB rilevati nell’estate del 2018, in un periodo di tre settimane nelle quali CHIME ha effettuato delle osservazioni di collaudo a una frazione della sua piena capacità operativa. Questo ci suggerisce che il radiotelescopio potrebbe essere capace di rilevare decine di FRB al giorno. Il primo segnale ripetitivo era stato ricevuto nel 2012, da un punto nello spazio distante 2,5 miliardi di anni luce dalla Terra.
Il fatto che più di un segnale tra quelli rilevati sia ripetitivo, fa pensare agli scienziati che esistano molte fonti di FRB nello spazio. Ciò permetterà di avere una maggiore comprensione delle origini di questi impulsi.
Un’altra particolarità dell’ultimo fascio rilevato sono le frequenze molto basse alle quali sono stati registrati i segnali: verso il limite inferiore di operatività del radiotelescopio, cioè, vicino ai 400 MHz. Finora, questo tipo di segnale era sempre stato rilevato a frequenze vicine ai 1400 MHz.
Le probabili origini del fenomeno
La natura degli FRB è al momento sconosciuta, anche se si stima che nell’intero Universo avvengano 3 lampi veloci al minuto. Tra la comunità scientifica, 3 modelli teorici hanno avuto, però, la meglio sugli altri:
1- Secondo alcuni ricercatori, l’origine potrebbe essere una stella di neutroni (Magnetar). Si penserebbe che repentini ripristini del campo magnetico super denso di queste stelle, possano generare i lampi.
2- Una seconda ipotesi è che gli FRB rappresentino degli impulsi giganti emessi da una stella di neutroni, molto più energetici e rari, di quelli rilevati nelle pulsar della nostra galassia.
3- Infine, potrebbero essere generati sempre da una stella di neutroni, ma giovane, in questo essa sarebbe circondata dalla bolla di gas ionizzato generata dalla supernova che l’ha prodotta.
Questo quadro si è ulteriormente complicato con la scoperta dei segnali ripetitivi, in quanto essi non sarebbero esclusivamente prodotti da cataclismi, come le ipotesi anteriormente elencate, suppongono. Gli esperti, tra cui Cherry Ng, dell’Università di Toronto, considerato che questi impulsi provengano da regioni speciali dello spazio:
“Queste regioni sarebbero all’interno di densi aggregati di materia, come un resto di supernova. O anche vicino al buco nero centrale di una galassia. Ma comunque deve essere in qualche posto speciale, per produrre tutta la dispersione (scattering) che vediamo.”
Per ulteriori approfondimento potete consultare lo studio, pubblicato in due articoli, sulla rivista Nature:
1-https://www.nature.com/articles/s41586-018-0864-x
2-https://www.nature.com/articles/s41586-018-0867-7