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Disastro aereo delle Ande: ecco le cause dell’incidente

Il 13 ottobre 1972, un evento tragico si trasformò in una delle storie di sopravvivenza più straordinarie della storia moderna. L’aereo della Forza Aerea Uruguaiana, volo 571, precipitò sulla Cordigliera delle Ande, nel territorio del comune argentino di Malargüe, portando con sé una squadra di rugby uruguaiana, i loro amici e familiari. Questo articolo esplorerà le cause dell’incidente noto come “disastro aereo delle Ande” e le incredibili vicende che seguirono.

Le cause dell’incidente: una combinazione di fattori avversi

Durante gli anni ’70, la Fuerza Aérea Uruguaya stava attraversando un periodo di difficoltà finanziarie. Per far fronte a questa situazione, l’aeronautica militare uruguaiana iniziò a noleggiare alcuni dei suoi aeroplani e equipaggi per voli charter passeggeri, sia interni che internazionali, in Sudamerica. Il volo 571, partito il 12 ottobre 1972 dall’aeroporto Carrasco di Montevideo, e diretto all’aeroporto Benítez di Santiago del Cile era uno di quei voli charter.

Il volo 571 impiegava un aereo Fairchild FH-227D, un modello noto per la sua robustezza, pilotato da personale militare esperto, composto dal comandante colonnello Julio César Ferradas e dal copilota tenente colonnello Dante Héctor Lagurara. Tuttavia, il destino di quel volo fu sigillato da una combinazione di fattori: condizioni meteorologiche avverse, errori di navigazione e limitazioni tecniche. Soprattutto, fu un tragico errore di valutazione da parte dei piloti, che credettero di essere più vicini alla loro destinazione, a causare la collisione con la montagna.

Cambiamento di piani e scelta della rotta

Il piano di volo originale prevedeva un viaggio diretto dall’Uruguay al Cile senza scali intermedi. Tuttavia, durante il sorvolo dell’Argentina, l’equipaggio fu informato di nebbia fitta e perturbazioni sulle Ande. Di conseguenza, e con la notte che avanzava, decisero di atterrare per precauzione all’aeroporto El Plumerillo di Mendoza. Questo stop forzato a Mendoza fu prolungato a causa di condizioni meteorologiche avverse e della normativa aeronautica argentina che limitava la permanenza di aerei militari stranieri sul territorio nazionale. Questo mise i piloti sotto pressione, dovendo scegliere tra rischiare il volo o tornare a Montevideo, opzione che avrebbe comportato rimborsi significativi e inconvenienti sia per l’aviazione che per i passeggeri. Dopo aver ricevuto rassicurazioni sulla fattibilità del viaggio da un equipaggio cileno, decisero di ripartire verso Santiago, scegliendo la rotta più sicura attraverso il passo Planchón.

Causa primaria del disastro aereo delle Ande: errore di navigazione

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Come accennato in precedenza, il volo 571 era operato da un Fairchild FH-227D, un aereo bimotore turboelica progettato per voli regionali. Il giorno dell’incidente, l’aereo trasportava 45 persone, inclusi membri della squadra di rugby Old Christians Club, i loro amici e familiari.

Il fattore cruciale che condusse all’incidente fu un errore di navigazione da parte dei piloti. Durante il volo attraverso le Ande, i piloti misero in atto una manovra nota come “cura navigata”, un metodo di navigazione che si basa su calcoli di tempo, velocità e distanza. Tuttavia, a causa di una combinazione di venti contrari e di una valutazione errata della loro posizione, i piloti credettero erroneamente di aver superato la catena montuosa e iniziarono la discesa verso l’aeroporto di destinazione. Ma vediamo i dettagli.

Il volo riprese il 13 ottobre, seguendo la rotta stabilita che avrebbe dovuto portare l’aereo a superare le Ande attraverso il passo Planchón. L’equipaggio, purtroppo, commise errori critici nella stima della loro posizione reale. Alle 15:21, il tenente colonnello Lagurara comunicò erroneamente di essere già sopra Curicó, quando in realtà l’aereo era ancora vicino al passo Planchón. Questo errore fu aggravato dalla decisione di Lagurara di virare verso nord, basandosi su tempi di volo inesatti e forse anche su un potenziale malfunzionamento del sistema di navigazione VOR. La torre di controllo a Santiago, non avendo il compito di verificare la correttezza dei tempi comunicati, non rilevò l’incongruenza e diede istruzioni per la discesa verso Santiago.

Credendo erroneamente di essere allineati per Santiago, i piloti iniziarono la manovra di discesa. In realtà, l’aereo si trovava ancora sopra le Ande, tra il Cerro Sosneado e il vulcano Tinguiririca, in territorio argentino. Immergendosi in un tappeto di nubi, l’aereo incontrò forte turbolenza e perse quota rapidamente.

Fattori ambientali e meteorologici

Le condizioni meteorologiche giocarono un ruolo significativo. La visibilità era ridotta a causa delle nuvole e della neve, il che complicò ulteriormente la capacità dei piloti di determinare la loro posizione esatta. L’ambiente montuoso delle Ande, noto per le sue condizioni meteorologiche imprevedibili e i suoi terreni impervi, rese il volo particolarmente rischioso.

L’impatto e le conseguenze Immediate

Alle 15:31 del 13 ottobre 1972 l’aereo colpì la montagna a un’altitudine di circa 3.600 metri. L’impatto fece staccare la coda e una parte delle ali, rendendo l’aereo incontrollabile. L’aereo scivolò giù lungo un pendio innevato prima di fermarsi in una valle remota. La violenta collisione causò la morte immediata di dodici passeggeri e ferì gravemente altri. Questo incidente portò i sopravvissuti a credere, erroneamente, di trovarsi oltre la cresta delle Ande, basandosi su informazioni errate fornite dal pilota prima della sua morte.

Questo incidente aereo è un esempio classico di come errori umani, condizioni ambientali avverse e limitazioni tecniche possano interagire per creare una situazione catastrofica. Le lezioni apprese da questo tragico evento hanno portato a miglioramenti nelle tecniche di navigazione, nella formazione dei piloti e nelle procedure di sicurezza aerea.

Disastro aereo delle Ande: la sopravvivenza contro ogni probabilità

Dopo l’incidente, i sopravvissuti si trovarono in un ambiente ostile, privi di adeguato equipaggiamento di sopravvivenza. Con temperature che scendevano ben sotto lo zero e senza cibo sufficiente, dovettero fare i conti con la fame, il freddo e le ferite. La loro resistenza e determinazione furono messe alla prova in modi inimmaginabili.

Una decisione controversa ma vitale

Conscio che l’aiuto potrebbe non arrivare, il gruppo prese una decisione drastica per sopravvivere: ricorrere al cannibalismo, nutrendosi dei corpi dei compagni deceduti nell’incidente. Questa decisione, sebbene controversa, divenne il loro unico mezzo per mantenere la forza necessaria per resistere.

Disastro aereo delle Ande: il miracolo del soccorso

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Dopo 72 giorni di agonia, due dei sopravvissuti intrapresero un audace viaggio attraverso le montagne per cercare aiuto. La loro impresa portò al salvataggio dei rimanenti sopravvissuti il 23 dicembre 1972, segnando la fine di un incubo durato oltre due mesi.

Lezione di vita e di umanità

L’incidente delle Ande del 1972 non è solo una storia di sopravvivenza, ma anche una testimonianza della forza dello spirito umano. I sopravvissuti dimostrarono una determinazione straordinaria, una volontà ferrea di vivere e un profondo senso di solidarietà e sacrificio. La loro storia continua ad essere un potente promemoria di ciò che gli esseri umani possono sopportare e superare.

La lista dei passeggeri

Sopravvissuti

  • José Pedro Algorta, 21 anni
  • Roberto Canessa, 19 anni
  • Alfredo “Pancho” Delgado, 24 anni
  • Daniel Fernandez, 26 anni
  • Roberto “Bobby” François, 20 anni
  • Roy Harley, 20 anni
  • José Luis “Coche” Inciarte, 24 anni
  • Alvaro Mangino, 19 anni
  • Javier Methol, 38 anni
  • Carlos “Carlitos” Páez, 18 anni
  • Fernando Parrado, 22 anni
  • Ramon “Moncho” Sabella, 21 anni
  • Adolfo “Fito” Strauch, 24 anni
  • Eduardo Strauch, 25 anni
  • Antonio “Tintin” Vizintin, 19 anni
  • Gustavo Zerbino, 19 anni

Morti: tra parentesi le cause del decesso

  • Tenente Ramón Martínez, 30 anni, ufficiale di rotta (risucchiato fuori dall’aereo nella caduta)
  • José Guido Magri, 23 anni (risucchiato fuori dall’aereo nella caduta)
  • Alexis “Alejo” Hounié, 20 anni (risucchiato fuori dall’aereo nella caduta)
  • Gastón Costemalle, 23 anni (risucchiato fuori dall’aereo nella caduta)
  • Daniel Shaw, 24 anni (risucchiato fuori dall’aereo nella caduta)
  • Sergente Ovidio Ramírez, 26 anni, assistente di volo (risucchiato fuori dall’aereo nella caduta)
  • Eugenia Parrado, 50 anni (nello schianto)
  • Esther Nicola, 40 anni (nello schianto)
  • Francisco Nicola, 40 anni (nello schianto)
  • Colonnello Julio César Ferradás, 39 anni, comandante dell’aereo (nello schianto)
  • Arturo Nogueira, 21 anni (postumi dell’incidente)
  • Rafael Echavarren, 22 anni (postumi dell’incidente)
  • Francisco “Panchito” Abal, 21 anni (postumi dell’incidente)
  • Julio Martínez Lamas, 24 anni (postumi dell’incidente)
  • Tenente Colonnello Dante Héctor Lagurara, 41 anni, copilota (postumi dell’incidente)
  • Felipe Maquirriain, 22 anni (postumi dell’incidente)
  • Graciela Mariani, 43 anni (postumi dell’incidente)
  • Susanna Parrado, 20 anni (postumi dell’incidente)
  • Daniel Maspons, 20 anni (valanga)
  • Juan Carlos Menéndez, 22 anni (valanga)
  • Liliana Methol, 34 anni (valanga)
  • Gustavo “Coco” Nicolich, 20 anni (valanga)
  • Marcelo Pérez (il capitano della squadra di rugby), 25 anni (valanga)
  • Enrique Platero, 22 anni (valanga)
  • Sergente Carlos Roque, 24 anni, meccanico di bordo (valanga)
  • Diego Storm, 20 anni (valanga)
  • Numa Turcatti, 24 anni (denutrizione)
  • Carlos Valeta, 18 anni (caduto dal fianco della montagna)
  • Fernando Vásquez, 20 anni (emorragia dalla gamba)

Cosa è successo ai sopravvissuti del disastro aereo delle Ande: il ritorno alla normalità e il peso della memoria

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Il tragico incidente aereo sulle Ande del 1972 ebbe come conseguenza 29 vittime e 16 sopravvissuti. Una volta tornati a casa, i sopravvissuti del volo 571 dovettero affrontare non solo le sfide fisiche della riabilitazione, ma anche quelle psicologiche. Molti di loro continuarono a lottare con il trauma e i ricordi di ciò che avevano vissuto. Nonostante ciò, molti riuscirono a ricostruire le loro vite, proseguendo con le loro carriere e creandosi le proprie famiglie.

Inizialmente, i sopravvissuti furono riluttanti a parlare pubblicamente della loro esperienza, soprattutto riguardo al cannibalismo, temendo giudizi e fraintendimenti. Tuttavia, con il tempo, si resero conto dell’importanza di condividere la loro storia. La loro testimonianza ha offerto non solo un’illuminante prospettiva sulla capacità umana di sopravvivenza, ma anche lezioni significative sulla dignità umana e l’etica in situazioni estreme.

La trasformazione in autori e oratori

Diversi sopravvissuti hanno scritto libri o partecipato a documentari per raccontare la loro storia. La pubblicazione più notevole è “Alive: The Story of the Andes Survivors” di Piers Paul Read, pubblicato nel 1974, che racconta dettagliatamente la loro orribile esperienza. Alcuni hanno anche partecipato a conferenze e dibattiti, diventando oratori motivazionali.

Il legame indissolubile dopo il disastro aereo delle Ande

Il legame tra i sopravvissuti rimane forte. Si riuniscono regolarmente e hanno formato un’associazione unica, che testimonia il loro indissolubile legame fraterno. Queste riunioni sono occasioni per ricordare quelli che hanno perso la vita e per celebrare la loro incredibile resilienza e solidarietà.

Molti sopravvissuti hanno tratto insegnamenti profondi dalla loro esperienza, applicandoli nella loro vita quotidiana. Hanno parlato dell’importanza della famiglia e della forza interiore. Alcuni hanno anche trovato una rinnovata apprezzamento per la vita, dedicandosi a cause benefiche e attività umanitarie.

La storia di sopravvivenza delle Ande del 1972 va oltre la tragedia; è una testimonianza del potere dello spirito umano e della capacità di trovare speranza e forza anche nelle circostanze più disperate. Questi uomini, trasformati dalla loro esperienza, continuano a ispirare e a insegnare lezioni di vita, resilienza e umanità.