Il Saturn V e le missioni Apollo
“20 secondi.. 15.. 10, 9, inizia la sequenza di accensione, 6, 5, 4, 3, 2, 1, tutti i motori sono accesi e.. liftoff!”.
È iniziata così la missione Apollo 11, la prima in assoluto a portare l’uomo sulla Luna. È stata tra le imprese più difficili mai tentate dall’uomo: un razzo enorme, vari rendezvous e manovre orbitali, e tre coraggiosi uomini che hanno scritto la storia.
Il razzo Saturn V
Qual è il velivolo spaziale più potente mai costruito? Non è lo Space Shuttle e neanche il Falcon Heavy, ma bensì il Saturn V! Un enorme razzo alto poco più di 110m, che misura 10m in diametro e pesa ben 3000 tonnellate e che in tre anni, dal 1969 al 1972, ha permesso a 12 fortunati astronauti di toccare il suolo lunare!
Come molti altri lanciatori, il Saturn V è un razzo a stadi, cioè composto da diverse parti che vengono via via abbandonate durante la prosecuzione della missione. In particolare, questo razzo, è composto da ben 3 stadi.
Primo stadio
Il primo stadio, l’S-IC, alto 42m e con un diametro di 10m, riesce a sprigionare una potenza incredibile. Come la maggior parte degli stadi dei razzi, quasi tutta la sua massa al lancio, di ben 2300 tonnellate, è costituita dal propellente, in questo caso cherosene RP-1 e ossigeno liquido. Il propellente alimenta i 5 enormi motori F-1: quello centrale è fisso mentre i restanti 4 sono in grado di ruotare con lo scopo di guidare il razzo. Insieme riescono a spingere l’intera struttura fino a 61km di altezza ad una velocità di 8450 km/h. Raggiunta tale quota, lo stadio viene sganciato, ricadendo nell’Oceano Atlantico.
Secondo stadio
Entra quindi in funzione il secondo stadio, l’S-II, che come il primo ha un diametro di 10m ma è alto solamente 25m. Usato per guidare il Saturn V attraverso gli strati alti dell’atmosfera, al lancio pesa circa 480 tonnellate e il 97% di tale peso è costituito dal propellente, diverso dal primo stadio: ossigeno e idrogeno liquidi. Equipaggiato con 5 motori J-2 disposti similarmente all’S-IC, riesce a portare gli astronauti a circa 180km di altitudine a una velocità di 25.000 km/h. Viene così sganciato per dare spazio al terzo stadio.
Terzo stadio
Il terzo stadio, l’S-IVB, facendo uso di un unico motore J-2, riavviabile a comando, viene utilizzato due volte durante la missione. La prima di queste è subito dopo aver sganciato l’S-II: viene infatti acceso per circa 2 minuti e mezzo così da stabilizzare il carico in orbita.
Ci troviamo così a circa 12 minuti dal lancio e gli astronauti si trovano in una speciale orbita conosciuta come “orbita di parcheggio terrestre”. È utilizzata per varie tipologie di missioni comportando diversi vantaggi e, in una missione lunare come questa, permette agli astronauti e al centro di controllo a Terra, di effettuare una serie di verifiche per il corretto funzionamento dei sistemi di bordo mentre si è vicini casa, prima di abbandonarla del tutto.
La manovra più complessa mai effettuata
Terminati i controlli, il motore del terzo stadio viene avviato per la seconda e ultima volta per circa 6 minuti, accelerando in direzione Luna fino a 39.000 km/h. Il veicolo, ridotto ormai a una configurazione quasi minimale, si trova così in una particolare orbita denominata Trans-Lunar Injection (Traiettoria di inserzione lunare). Qui il veicolo si muove solamente per inerzia, inizialmente decelerando per l’attrazione gravitazionale terrestre e in seguito accelerato dall’attrazione lunare.
Durante questa fase, della durata di ben 3 giorni, viene effettuata in tutte le missioni Apollo, una delle manovre più complesse mai eseguite nei voli spaziali. Il CM+SM (O CSM) infatti si stacca dal resto della struttura, ruota di ben 180° e aggancia il modulo lunare LM, estraendolo dal terzo stadio ormai privo di utilità.
Configurazione finale della navicella
Siamo così arrivati alla configurazione finale. Del razzo mostruoso iniziale è rimasto ben poco, e sarà tutto ciò che accompagnerà gli astronauti a completare con successo quest’impresa titanica.
La navicella è così formata da tre soli elementi principali:
Il Modulo Lunare (LM), che viene utilizzato solo da due astronauti dei tre per scendere sulla luna e poi ripartirne. Vedremo più avanti che anch’esso è composto da due parti.
Il Modulo di Comando (CM), dove viaggiano principalmente gli astronauti. È dotato di piccoli motori di manovra e, essendo l’unica parte che tornerà a Terra, è dotato di uno scudo termico per proteggerlo durante il rientro in atmosfera terrestre.
Il Modulo di Servizio (SM), che contiene il carburante per i motori di manovra e quello primario, e tutti i sistemi elettrici di bordo e di comunicazione necessari per la missione.
L’arrivo in orbita lunare e.. allunaggio!
Passati i tre giorni, arriviamo al momento clou della missione: tramite l’utilizzo del motore principale, gli astronauti si immettono in un’orbita attorno alla Luna quasi circolare, ad un’altitudine di circa 125km.
I due astronauti incaricati di scendere sulla Luna, si spostano nell’LM, e dopo una serie di ispezioni visive, si staccano dal resto del veicolo iniziando la discesa. Data l’assenza di atmosfera, l’unico modo per allunare è affidarsi ai due astronauti che, facendo un uso manuale del motore e dei sistemi di controllo di cui è dotato il modulo lunare, in circa 12 minuti devono ridurre la velocità da 5900 km/h a 0 km/h, atterrando.
Siamo, finalmente, arrivati sulla Luna! Sulla superficie lunare, gli astronauti compiono diverse attività scientifiche ed escursioni, con una durata che varia dalle 21 alle 75 ore.
Nel caso della missione Apollo 11, sull’LM troviamo gli statunitensi Neil Armstrong e Buzz Aldrin. Armstrong sarà il primo a mettere piede sulla Luna, pronunciando la famosa frase “Questo è solo un piccolo passo per un uomo, ma un balzo gigantesco per l’umanità”.
Ripartenza dalla superficie lunare e ritorno a Casa
Anche la ripartenza è un momento critico della missione. Infatti attraverso l’unico motore messo a disposizione dall’LM, lo stadio di risalita deve essere in grado di raggiungere l’orbita, lasciando il secondo stadio sulla superficie, e riagganciarsi al resto della navicella. Se qualcosa va storto, gli astronauti saranno condannati a rimanere sulla Luna o intrappolati in Orbita.
Fortunatamente non ci sono mai stati inconvenienti di questo tipo. Completata con successo la manovra di rendezvous con la navicella principale, gli astronauti sono pronti a ripartire, facendo schiantare lo stadio di risalita dell’LM sul suolo lunare.
Riaccendendo i motori, la navicella si immette in un’orbita chiamata Trans-Earth Injection (Traiettoria di inserzione terrestre) per un viaggio di 3 giorni.
Poco prima di raggiungere la Terra, anche il Modulo di Servizio viene sganciato e fatto bruciare in atmosfera. Rimane così solo una piccola capsula con i tre astronauti a bordo, pronti a rientrare in atmosfera ed effettuare uno splashdown nell’Oceano, con l’aiuto dei paracaduti.
Questo è quindi, in sintesi, il modo in cui si sono svolte le storiche missioni Apollo che hanno dominato la scena mondiale 50 anni fa: elevatissimi rischi, budget illimitato, margini di errore ridottissimi, e la fama di un’intera nazione in gioco in diretta mondiale.