Encelado: la luna ghiacciata di Saturno in una accurata mappa ad infrarossi
Encelado è il sesto satellite naturale in ordine di grandezza di Saturno e certamente uno dei più affascinanti dell’intero Sistema Solare. Osservato per la prima volta da William Herschel (lo stesso astronomo che accidentalmente scoprì Urano) nel 1789, Encelado rimase quasi sconosciuto fino al passaggio delle due sonde Voyager.
Quando nel 2005 la sonda Cassini effettuò svariati voli ravvicinati della luna, alcune delle sue caratteristiche più peculiari richiamarono l’attenzione di scienziati ed appassionati. Ancora oggi, Encelado non smette di stupire ed affascinare sia grazie alle continue scoperte fatte dagli scienziati, sia ai preziosi dati forniti da Cassini prima del suo gran finale (rientro e distruzione nell’atmosfera di Saturno) nel settembre del 2017.
Encelado è una palla di neve tra gli anelli di Saturno
Come molti altri satelliti di Saturno, il satellite deve il suo nome ad uno dei giganti della mitologia greca. Encelado ha un diametro di 505 km, circa un settimo della Luna, ed impiega mediamente 32.9 ore per compiere una rivoluzione completa. Inoltre, ha una rotazione sincrona con il periodo orbitale, motivo per cui rivolge sempre la stessa faccia verso il pianeta.
Essendo completamente ricoperto da ghiaccio, Encelado riflette la maggior parte della luce solare, addirittura possiede l’albedo più alta nel Sistema Solare. L’alta riflettività comporta temperature superficiali medie molto basse che si aggirano intorno ai -203 °C.
Il suo manto ghiacciato è frastagliato da crateri e fessure che si dilatano o restringono a causa della forte attrazione gravitazionale di Saturno. Encelado è infatti posizionato nell’anello più esterno di Saturno con il quale interagisce fortemente e subisce intensi effetti mareali.
Criovulcanismo ed oceani sotterranei: c’è “vita” su Encelado?
Una delle caratteristiche più particolari di Encelado è sicuramente l’intensa attività geologica al suo interno. Grazie infatti alle immagini fornite dalla sonda Cassini, è stato possibile ammirare gli inconfondibili pennacchi, espulsi ad altissima velocità dalla superficie nell’emisfero sud del satellite.
La causa di questo fenomeno è legata al crio-vulcanismo: come per i geyser che vediamo sulla Terra, la generazione di pennacchi di vapore acqueo e ghiaccio è dovuta alla presenza di camere pressurizzate sotto-superficiali, piene di acqua allo stato liquido.
I numerosi sorvoli di Cassini hanno permesso di mappare la materia espulsa da Encelado, componente principale della fascia orbitale E di Saturno. La composizione dei pennacchi, principalmente vapore acqueo, anidride carbonica, metano e sali di sodio, suggeriscono quindi l’esistenza di un mare salato sotterraneo. Inoltre, la presenza di nano-grani di silice, generati quando acqua e roccia interagiscono a temperature superiori ai 90 °C, indica un’attività idrotermale nelle profondità di Encelado, simile a quella localizzata sui fondali dei nostri oceani.
Nel gennaio 2020, un team di scienziati del Southwest Research Institute (San Antonio, Texas), studiando la composizione di alcune complesse molecole organiche rilevate da Cassini, ha fornito nuovi indizi sulla possibilità di vita nelle caverne oceaniche al di sotto del manto ghiacciato di Encelado. La potenziale presenza di vita extraterrestre, ipotizzata già dai primi rilevamenti di Cassini, ha in parte influenzato la scelta di far disintegrare la sonda nell’atmosfera di Saturno, in modo tale da preservare eventuali forme di vita presenti su questo o altri satelliti saturniani (come Titano).
La visione ad infrarossi di Encelado conferma le scoperte e ne fa di nuove
Grazie agli strumenti a bordo di Cassini, in particolare il VIMS (Visible and Infrared Mapping Spectrometre) ed il Imaging Science Subsystem, la NASA ha elaborato la più accurata mappa spettrale di Encelado di sempre.
I segnali ad infrarossi sono chiaramente compatibili con l’attività geologica, principale causa dell’espulsione di gas e ghiaccio nei pressi del polo sud del satellite. In particolare, le zone rosse corrispondono allo spettro tipico del ghiaccio fresco. Dalle immagini sono inoltre facilmente individuabili le fratture, non a caso chiamate Tiger stripes (Strisce della tigre), dalle quali fuoriescono i pennacchi.
Una novità assoluta riguarda invece la presenza di simili caratterizzazioni agli infrarossi anche nell’emisfero nord. Questo comporta non solo la presenza di ghiaccio fresco nella parte nord del satellite, ma anche che i due emisferi sono caratterizzati dalla stessa attività geologica per la quale vi è un continuo ricambio del terreno grazie alla riemersione di materiale. Tuttavia non è ancora chiaro se l’attività nell’emisfero nord sia dovuta ancora a getti ghiacciati o ad un graduale movimento del ghiaccio attraverso le fratture nella crosta, un po’ come accade con il fenomeno della tettonica a placche qui sulla Terra.
A cura di Matteo Gallucci