Gianmarco Valletta

Laureato alla magistrale di Ingegneria Aerospaziale presso l’Università degli Studi di Napoli - Federico II. Due esperienze internazionali alle spalle (di cui una all'ESA) e grande appassionato di spazio. Apparso sul “Venerdì di Repubblica” e su "Lo Stradone" grazie alla pagina Facebook "Ingegneria del Suicidio", di cui è fondatore e ideatore.

SABRE: Il futuro a 6000 km/h

La notizia che le aziende cerchino sempre di aumentare la velocità dei propri velivoli e , contemporaneamente, di diminuirne i costi, non rappresenta di certo una novità. È una novità, però, ciò che è riuscita a fare la Reaction Engines Limited attraverso il SABRE, o Synergistic Air-Breathing Rocket Engine: un nuovo tipo di motore che sarebbe in grado di superare i 6000 kilometri all’ora, oltre 4 volte la velocità del suono, e a un costo dieci volte inferiore ai sistemi ora in uso.

iom3.org
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Il progetto prevede un motore a razzo a ciclo combinato con due modalità di funzionamento. La modalità esoreattore combina un turbo-compressore con un motore a getto pre-raffreddato dal peso contenuto posizionato a valle della presa d’aria dinamica. Alle alte velocità il raffreddamento dell’aria, riscaldatasi per effetto dell’elevata pressione di ristagno dovuta al rallentamento e compressione del flusso nella presa d’aria, è garantito da uno scambiatore di calore che ne abbassa la temperatura in modo repentino. È proprio questo scambiatore di calore ad essere la vera innovazione del progetto e la chiave del principio di alimentazione del motore: invece di iniettare ossigeno liquido da un serbatoio, l’aria viene liquefatta in una frazione di secondo, da +1000°C a -150°C così da usare l’ossigeno atmosferico. Dopo tale abbassamento di temperatura, l’aria viene ulteriormente compressa e poi immessa nella camera di combustione dove viene miscelata con l’idrogeno, infiammandosi. Il pre-raffreddamento permette al motore di continuare ad erogare una forte spinta ad altissime quote e velocità. Le basse temperature garantite dallo scambio termico con idrogeno liquido, permettono l’utilizzo di leghe leggere nella costruzione del motore, solitamente impossibili da utilizzare nei ramjet, ottenendo così motori leggeri essenziali per raggiungere l’orbita. A differenza dei prototipi LACE, il preraffreddamento del SABRE non liquefa l’aria permettendo un flusso più efficiente.

Dopo aver chiuso la presa d’aria a Mach 5,14, a 28,5 km di altitudine, il motore opera come un motore a razzo a ciclo chiuso ad elevate prestazioni bruciando ossigeno ed idrogeno liquido stivati a bordo, potenzialmente permettendo ad un prototipo di spazioplano ibrido, come lo Skylon, di raggiungere l’orbita dopo aver lasciato l’atmosfera con un profilo di salita graduale.

La  Reaction Engines Limited sicuramente starà incrociando le dita perché, se il progetto avrà successo, ciò consentirà al SABRE di rivoluzionare l’intero mondo dell’esplorazione del Cosmo.

SpaceX: Razzi non più “Usa e Getta”

Il Falcon 9 è un lanciatore a razzo progettato e costruito dalla Space Exploration Technologies (SpaceX) del magnate sudafricano Elon Musk. È in grado di trasportare 13.150 kg di carico utile in orbita terrestre bassa (LEO), e 4.850 kg in orbita di trasferimento geostazionaria (GTO). Falcon 9 è composto da due stadi, entrambi spinti da motori Merlin a ossigeno liquido e RP-1. Ed è lui il protagonista di un nuovo tassello della storia dell’esplorazione spaziale.

spacex.com
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Nella sera di lunedì 21 dicembre a Cape Canaveral in Florida (in Italia erano le 2:30 circa del 22 dicembre)il Falcon 9, infatti, dopo aver effettuato il trasporto di 11 piccoli satelliti nell’orbita terrestre,  è riuscito a fare ritorno alla base in posizione verticale: un risultato eccezionale che apre un nuovo capitolo per i veicoli spaziali, dimostrando che è possibile riutilizzare uno stadio di un razzo all’infinito mantenendolo sicuro e affidabile,  riducendo di molto, quindi,  i costi legati a questo tipo di missioni.

 

I razzi di oggi, infatti, vengono progettati per essere utilizzati per un solo volo, in quanto si distruggono ritornando sulla Terra. Questo porta a costi elevatissimi, che l’azienda SpaceX vuole abbattere. Per questo il primo stadio del Falcon 9 è riutilizzabile: dopo il distacco, infatti, scende in caduta libera in un primo tempo, poi accende nuovamente i motori frenando bruscamente la caduta e atterra in piedi, estendendo quattro zampe retrattili, su di una zattera predisposta nell’Oceano Atlantico.

rsi.ch
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Dopo tale successo, l’azienda sta lavorando per poter far fronte ad un compito ancora più difficile: la riutilizzabilità del secondo stadio. Data l’altitudine da cui viene lasciato cadere, tale stadio, viene costretto ad un vero e proprio rientro atmosferico. Questo comporta che il secondo stadio dovrà essere dotato di uno scudo termico completo, oltre ai sistemi di comunicazione e di propulsione per gestire il rientro. Entrambi gli stadi, comunque, sono stati progettati per renderli resistenti all’acqua marina e agli impatti.

Le sfide di SpaceX, dunque, non sono finite ma siamo sicuri che questo è solo l’inizio di un mondo di nuove scoperte nei razzi “riciclabili”.

 

 

New Shepard, Blue Origin

New Shepard: Turismo spaziale diventa realtà

La società Blue Origin, fondata nel 2009 da Jeff Bezos, nacque con lo scopo di realizzare il primo viaggio spaziale privato a scopi turistici: quest’obiettivo ha trovato un riscontro più che positivo grazie alla creazione  di  New Shepard, il razzo che ha compiuto, con successo, la sua missione nello spazio.

Hanno dichiarato dall’azienda di Seattle:

“Il volo ha validato l’architettura e il progetto del nostro veicolo.Il nostro anello di alette, unico nel suo genere, ha spostato il centro di pressione verso la coda per aiutare il controllo del rientro e della discesa; otto grandi freni aerodinamici sono stati dispiegati e hanno ridotto la velocità terminale del veicolo a 623 km/h (387 mph); delle alette controllate idraulicamente hanno guidato il veicolo attraverso venti trasversali in quota da 190 km/h fino a una posizione perfettamente allineata con il pad di atterraggio ma a 1.500 m di quota; successivamente il motore BE-3 dalla spinta altamente modulabile si è acceso per rallentare ulteriormente il razzo fino a che si sono dispiegate le gambe di atterraggio e il veicolo ha percorso gli ultimi 30 metri di discesa prima di toccare terra a 7,08 km/h (4,4 mph).”

Tutti i complimenti del fondatore Jeff Bezos sono indirizzati verso quelle aziende, sparse un po’ ovunque nel suolo USA, che hanno collaborato affinché questo progetto non rimanesse solo un sogno, ma rappresentasse il primo passo per la stabilizzazione della vita umana nello spazio, “lontano da questo pianeta blu che è l’origine di tutto ciò che conosciamo”. Presto o tardi lo spazio diventerà alla portata di tutti ma bisogna ricordare che il lavoro non è ancora finito, anzi, tutto è ancora nelle sue fasi preliminari: tutti i grandi lavori avvengono sempre facendo un passo alla volta, così come ci ricorda Jeff Bezos nel suo motto aziendale “Gradatim Ferociter!” (Coraggiosamente, passo dopo passo).

Non ci resta che aspettare e vedere i risultati dei “figli” di New Shepard.

 


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