Agenzie spaziali

    Cleanspace: verso uno spazio più pulito

    Le esplorazioni spaziali, sin dall’antichità, hanno affascinato l’uomo.

    Con il passare degli anni, mediante il progressivo sviluppo tecnologico, l’umanità è stata in grado di ampliare sempre più gli orizzonti: dai primi voli orbitali intorno la Terra, al lancio di sonde verso Marte per un’ analisi più accurata del Pianeta rosso.

    Il lancio di una sonda spaziale in orbita viene effettuato mediante un vettore, ossia un veicolo propulso mediante endoreattori, quasi sempre costituito da più “stadi”, ciascuno propulso per fornire la spinta soltanto per una parte del viaggio complessivo.

    Di tutto il missile che si vede sulla rampa di lancio, il carico utile occupa soltanto la punta;  tutto il resto è costituito dai sistemi propulsivi a razzo dei vari stadi, nei quali la gran parte del volume è occupata dalle grandi quantità di combustibile ed ossidante che servono per mandare nello spazio il carico utile.

    Gli oggetti incontrollati senza alcuna utilità come: stadi del lanciatore, materiale espulso dai motori o frammenti di satelliti, rappresentano un pericolo durante le missioni nello spazio, in quanto il lancio in orbita di successive sonde potrebbe essere compromesso mediante colluttazioni con essi.

    Il contributo dell’Agenzia Spaziale Europea

    Siccome in seguito a successivi lanci spaziali, la quantità di detriti potrebbe crescere, i livelli di rifiuti in orbite basse sono destinati ad aumentare inesorabilmente.

    Il modo più efficace per scongiurare questa reazione a catena e stabilizzare la “popolazione” di detriti in orbita, è quello di rimuovere oggetti di grandi dimensioni, ormai inutilizzati, dallo spazio.

    A tal fine, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) , con l’iniziativa Cleanspace, sta sperimentando un approccio ecologico alle attività spaziali, preservando l’ambiente orbitale come una zona sicura, privo di detriti.

    Una sfida, tre soluzioni

    Dal 2012, l’iniziativa Cleanspace dell’ESA, ha preso in considerazione in modo sistematico l’intero ciclo di vita delle attività spaziali: dalle prime fasi di progettazione al termine della missione.

    L’iniziativa segue tre strade le quali potranno garantire un primo passo per affrontare il futuro delle missioni spaziali in maniera sostenibile.
    Esse sono:

    • EcoDesign: Adottare tecnologie verdi per rispettare l’ambiente spaziale.
    • CleanSat: Progettare per ridurre la produzione di detriti spaziali.
    • eDeorbit: Rimuovere detriti spaziali.
    Cleanspace: iniziativa e.Deorbit
    Credits: esa.int

    Panoramica della missione e.Deorbit

    Un veicolo spaziale di circa 1600 Kg, sarà lanciato a bordo di un razzo Vega in una orbita quasi polare ad un’altitudine di 800-1000 km (500-620 mi).

    Una volta in orbita, la sonda eseguirà un’operazione di rendezvous, il cui fine primario è l’aggancio (docking) con il satellite inutilizzato grazie alla presenza di meccanismi atti alla realizzazione dell’agganciamento quali bracci robotici, reti ed arpioni, tuttora in fase di sperimentazione e di collaudo.

    Questa rimozione sarà effettuata spostando gli elementi ad alta velocità e alta precisione nell’atmosfera terrestre, facendoli bruciare.

    Cleanspace: Progetto e.Deorbit
    Veicolo spaziale che eseguirà l’agganciamento. Credits: esa.int

    Quadro complessivo della missione e.Deorbit

    La missione proposta per il 2024 è ancora oggi  in fase di sviluppo attraverso l’iniziativa SpaceClean dell’ESA. Gli accordi conclusivi saranno proposti al prossimo Consiglio dell’ESA a livello ministeriale, nel 2019.

    Pertanto e.Deorbit sarà la prima missione adibita alla rimozione di detriti nello spazio, e fornirà l’opportunità alle industrie europee di mostrare le loro capacità tecnologiche nell’affiancare al continuo progresso la salvaguardia dello spazio che ci circonda.

     

    VITA: Paolo Nespoli di nuovo sulla ISS

    Paolo Nespoli
    Quasi tre volte astronauta,Paolo Nespoli. Credits: esa.int

    28 Luglio 2017: è questa la data decisa per l’avvio della missione VITA, che porterà, per la terza volta nella sua vita, l’astronauta Paolo Nespoli sulla ISS.

    Il lancio è previsto con partenza dalla base russa di Baijkonur in Kazakhistan, a bordo della Sojuz MS 05. L’astronauta rimarrà nello Spazio fino a novembre 2017.

    IL NOME

    VITA
    VITA: Acronimo di Vitalità, Innovazione, Tecnologia e Abilità. Ma non solo. Credits: asi.it

    VITA (un acronimo che sta ad indicare VitalityInnovationTechnology e Ability), non è stato scelto a caso: è stato pensato per rivolgersi ad un pubblico più vasto. Vita è un termine universale, comprensibile in tutte le lingue, oltre quella italiana: è un concetto che unisce l’umanità (attraverso i termini vitalità e abilità) e la scienza (attraverso i termini Innovazione e Tecnologia).

    Per esprimere meglio questo concetto, possiamo riprendere una citazione dello stesso Paolo Nespoli:

    Essere vivi non vuol dire solo avere un cuore che batte, ma anche un cervello che funziona e mani che lavorano; vivere insieme, credere nello sviluppo, gestire correttamente le risorse, usare l’innovazione per portare questa vita su altri pianeti e migliorarla sulla Terra

    IL LOGO

    VITA: missione Paolo Nespoli
    Il logo della nuova missione di Paolo Nespoli

    Il logo VITA è stato realizzato dalla designer Elena D’Amato a partire dal simbolo Terzo Paradiso” ideato dall’artista Michelangelo Pistoletto.

    Simbolo Terzo Paradiso
    Simbolo Terzo Paradiso, ideato da Michelangelo Pistoletto. Credits: asi.it

    Esaminiamolo più nel dettaglio: ci sono i due cerchi laterali che rappresentano i due poli opposti relativi a ciò che è naturale e artificiale e il centro che rappresenta, per citare lo stesso Michelangelo Pistoletto, il “grembo generativo di una nuova umanità”.

    Il logo è stato elaborato in modo da poter spiegare il significato che c’è dietro questa nuova missione. Possiamo notare, in particolare, da un lato il simbolo del DNA, che raffigura la natura e la scienza, e dall’altro lato un libro, che rappresenta la capacità umana di imparare e trasformare la natura stessa, la cultura e l’apprendimento. La Terra, inserita nel lobo centrale, è l’unione armonica di questi due concetti che insieme danno luogo a nuova VITA, ed è anche la pupilla dell’astronauta che osserva il nostro pianeta, simbolo dell’umanità intera.

    Scopo Scientifico di una VITA

    Missione VITA
    Presentazione degli scopi della missione VITA. Credits: dire.it

    Gli obiettivi della missione, così come tutte le altre fatte fino ad ora, sono molteplici: la maggior parte, però, si concentreranno principalmente sull’aspetto medico-fisiologico. I contributi relativi a questa missione provengono da tutta Italia (da qui anche il rimando dei colori italiani all’interno del logo), esaminiamoli in toto:

    CORM (dell’Università di Firenze) analizzerà i danni subiti dalle cellule della retina in microgravità, testando su di esse le proprietà anti-apoptotiche del coenzima Q10. Sulla Terra, queste conoscenze saranno utili negli studi contro il glaucoma e la degenerazione maculare senile.
    MyoGravity (dell’Università di Pescara) porterà in orbita cellule muscolari di Paolo, e ne studierà altre a Terra in microgravità simulata: dopodiché verrà studiato quali sono le differenze che portano alla degenerazione.
    NANOROS (dell’Istituto Italiano di Tecnologia), Valuterà le potenzialità di guarigione dell’ossido per i tessuti cardiaci.
    SERISM (del Campus Biomedico di Roma), Molto importante per tutti coloro che soffrono di osteoporosi: verrà studiata la rigenerazione del tessuto osseo.

    ARAMIS (di Thales Alenia Space e Altec, entrambe di Torino), Un’importantissima app che permetterà all’astronauta Paolo di ridurre i tempi standard di manutenzione sulla Stazione Spaziale Internazionale.
    In-SITU (dell’Università di Bologna), Con la semplice masticazione di un pezzo di cotone, Paolo Nespoli potrà monitorare tutti i suoi parametri (come il cortisolo) attraverso la saliva.
    Orthostatic Tolerance (dell’IRCCS San Raffaele Pisana Roma), Un esperimento sui fluidi (concentrandosi sul sistema cardiocircolatorio): un particolare allenamento che dovrebbe mitigare gli effetti del “brusco” rientro degli astronauti nell’atmosfera terrestre.

    PERSEO (dell’Università di Pavia e Thales Alenia Space), Paolo Nespoli collauderà una nuova tuta (composta internamente da acqua) che avrà la funzione di impedire i danni dovuti alla radiazioni cosmiche. Avrà probabile utilizzo per le future missioni verso il pianeta rosso.
    ARTE (di Argotec e Politecnico di Torino), Per quanto non ancora sicuro, si pensava di portare uno scambiatore di calore sulla Stazione Spaziale per regolare la temperatura di alcune zone attraverso l’utilizzo di quattro fluidi non tossici. Troverà utilizzo anche sulla Terra per evitare il fenomeno del ghiaccio sulle ali di un aereo.
    MINI-EUSO (dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), Un telescopio utilizzabile per mappare la Terra in UV e studiare le traiettorie dei micrometeoriti

    LIDAL (dell’Univerisità di Tor Vergata di ROMA e Infn), Servirà a fornire un’idea del quantitativo di radiazioni a cui è sottoposta la Stazione Spaziale Internazionale.
    Multi-Trop (dell’Università Federico II di Napoli con la partecipazione degli studenti di un liceo scientifico di Portici), Studierà il comportamento delle piante (e quindi delle radici) in condizione di microgravità. Anche questo esperimento è stato pensato per una futura missione sul pianeta Marte (in caso si vorrà tentare qualche coltivazione).

    Osiris Rex: gli asteroidi hanno informazioni sulla vita?

    Il 9 Settembre 2016, a Cape Canareval alle ore 1:05 (ora italiana) è cominciato il lungo viaggio della sonda Osiris Rex verso l’asteroide Bennu: una missione che durerà circa tre anni e che si concluderà con il trasporto di campioni di roccia sulla Terra nel 2023.

    La sonda è stata lanciata a Cape Canaveral all'1:05 (ora italiana). Credits: nasa.gov
    La sonda è stata lanciata a Cape Canaveral all’1:05 (ora italiana). Credits: nasa.gov

    L’obiettivo della sonda è quello di cercare di carpire tutte le informazioni circa la composizione degli asteroidi: cercando, quindi, acqua o molecole organiche, fondamentali per la vita. Oltre al suo obiettivo scientifico, Osiris Rex avrà anche un’altra importante funzione: potrebbe aprire le porte verso lo sfruttamento degli asteroidi, sia per utilizzarle come ipotetiche “stazioni di servizio” durante i viaggi interplanetari, sia per  usarle come miniere da cui ricavare metalli preziosi per l’elettronica.

    LA SONDA

    Dopo circa 2 anni di viaggio la sonda Osiris Rex si inserirà nell’orbita di Bennu, lo studierà per circa un anno per poi raccogliere dei campioni di roccia. I risultati della fase osservativa saranno utilizzati anche per individuare il sito da cui prelevare il campione e la strategia di avvicinamento. La sonda non atterrerà sulla superficie dell’asteroide ma estenderà un braccio robotico, lungo 3 m, attraverso cui potrà prelevare un campione incontaminato. Raccolto un campione di almeno 60 grammi di regolite – uno strato di materiale eterogeneo (normalmente polvere) che copre uno strato di roccia compatta dal quale proviene ( roccia madre) –  la sonda lo conserverà all’interno di una capsula e inizierà il suo viaggio di ritorno verso il pianeta Terra che raggiungerà nel settembre del 2023. Una volta avvicinatosi al nostro pianeta, la sonda rilascerà tale capsula che atterrerà nello Utah per poi essere trasportato al Johnson Space Center per le analisi.

    La sonda presenta un braccio meccanico lungo 3m per raccogliere campioni di regolite sull'asteroide Bennu. Credits: spaceflight101.com
    La sonda presenta un braccio meccanico lungo 3m per raccogliere campioni di regolite sull’asteroide Bennu. Credits: spaceflight101.com

    John Robert Brucato, uno dei ricercatori italiani che parteciperà all’analisi dei dati, ha affermato:

    Le analisi dei campioni che saranno prelevati dall’asteroide Bennu ci permetteranno di capire per la prima volta quale è l’origine della materia organica che più di 4 miliardi di anni fa, cadendo sulla Terra, ha dato l’avvio alla nascita della vita sul nostro pianeta

     

    L’ASTEROIDE BENNU

    101955 Bennu è un asteroide scoperto l’11 Settembre 1999, nell’ambito del programma LINEAR (Lincoln Near-Earth Asteroid Research).

    L'asteroide è uno di quelli a rischio impatto. Credits: thenexttech.startupitalia.eu
    L’asteroide è uno di quelli a rischio impatto. Credits: thenexttech.startupitalia.eu

    Con un diametro di circa 506 m, tale asteroide è uno di quelli a rischio d’impatto con la Terra: infatti Andrea Milani, professore presso la Facoltà di Matematica dell’Università di Pisa, e collaboratori hanno individuato una serie di otto potenziali impatti con la Terra tra il 2169 ed il 2199. La probabilità d’impatto collettiva dipende dalle proprietà fisiche dell’oggetto, al momento poco conosciute, ma non sarebbe superiore allo 0,07 % per tutti gli otto incontri. Bennu, che prende il suo nome dalla divinità egizia della rinascita, si è formato contemporaneamente a tutti i pianeti del sistema solare ma, a differenza della Terra, è riuscito a rimanere integro, dandoci, quindi, una possibilità di raccogliere dettagli su ciò che successe allora. Una volta che i campioni di questo asteroide arriveranno sulla Terra, aggiunge Brucato:

    Tutta la nostra storia sarà raccolta sul palmo della mano e richiederà solo di essere decifrata utilizzando i migliori strumenti di analisi disponibili, oggi, nei laboratori di tutto il mondo

    STRUMENTAZIONE ITALIANA

    Come per la maggior parte delle missioni, anche in questo caso l’Italia ha voluto dare il suo contributo per la riuscita di questa missione. In questo caso, volendo esaminare più nel particolare, i sensori stellari con la mappa digitale del cielo sono stati montati dalla Finmeccanica e permetteranno al robot di orientarsi al meglio (le stesse strumentazioni sono state montate per la missione ExoMars e per la sonda Rosetta).

    Parla Marco Molina di Leonardo:

    Li abbiamo forniti alla Lockheed Martin, costruttrice della sonda in una rapporto diretto, come è accaduto per altre sonde americane

     


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