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Scoperto in Australia il cratere da impatto più antico: ha 3,5 miliardi di anni circa

Il cratere in Australia (INGVambiente foto)

Il cratere in Australia (INGVambiente foto) - www.aerospacecue.it

Il cratere da impatto più antico mai trovato, risalente a 3,5 miliardi di anni fa, offre nuove prospettive sulla storia geologica della Terra.

In Australia, gli scienziati hanno fatto una scoperta che potrebbe cambiare il nostro modo di pensare alla storia della Terra. Un cratere da impatto di circa 3,5 miliardi di anni fa è stato trovato nel Pilbara Craton, una zona già famosa per la sua geologia antica. Questo cratere è il più vecchio mai identificato, e potrebbe fornire risposte a molte domande sui primi giorni del nostro pianeta.

Una vera e propria finestra sul passato remoto della Terra, che ci racconta di eventi che hanno plasmato la crosta terrestre. Il Pilbara Craton è una delle aree più affascinanti da un punto di vista geologico, con formazioni che risalgono a miliardi di anni fa. Ma la scoperta di un cratere così antico era una sorta di “santo graal” per i ricercatori, che avevano sempre pensato che i crateri di quell’epoca fossero difficili da trovare a causa dell’erosione e dei processi di subduzione.

Ed è proprio in questa zona che è stata fatta la sorprendente scoperta, proprio nel cuore del Pilbara, vicino al North Pole Dome. Una scoperta che, insomma, rischia di farci rivedere molte cose. In questa zona, i geologi hanno trovato delle caratteristiche geologiche davvero uniche: i coni di frattura, conosciuti come “shatter cones”, che sono il segno inequivocabile di un impatto a velocità estremamente elevate.

Questi coni non lasciano dubbi sul fatto che un meteorite abbia colpito la Terra circa 3,47 miliardi di anni fa, durante l’epoca Arcaica. Non è solo una scoperta interessante, ma una vera e propria prova di quanto gli impatti spaziali abbiano potuto influenzare il nostro pianeta fin dai suoi primi giorni.

La scoperta del cratere e la sua importanza

L’aspetto più interessante di questa scoperta è che, secondo le datazioni precise, il cratere che si trova nel North Pole Dome potrebbe aver avuto un diametro di almeno 100 km. Parliamo di un impatto enorme, che probabilmente ha avuto un ruolo fondamentale nel modellare la crosta terrestre nei primi stadi della sua formazione. Ma non finisce qui: oltre ai coni di frattura, sono stati trovati anche dei piccoli frammenti di materiale solidificato, chiamati sferule, che si sono formati durante il calore intenso generato dall’impatto. Questi ritrovamenti ci danno un’idea più chiara di come doveva apparire la Terra in quei tempi.

Questa scoperta non è solo un record da segnare nei libri di geologia. Ci racconta anche di come gli impatti, in quelle epoche remote, potessero davvero influenzare la geochimica e la struttura della Terra. In particolare, la presenza di brecce carbonatiche suggerisce che l’impatto abbia avuto effetti sulla produzione di minerali e sulla composizione della crosta, contribuendo così all’evoluzione del nostro pianeta. E tutto ciò a 3,5 miliardi di anni fa. È davvero incredibile pensare a come questi eventi abbiano plasmato la Terra, proprio nei suoi primi momenti di vita.

Area circostante del cratere (Geological Survey of Western Australia foto)
Area circostante del cratere (Geological Survey of Western Australia foto) – www.aerospacecue.it

Conseguenze e implicazioni scientifiche

Questa scoperta ha delle implicazioni che vanno ben oltre la geologia. Se ci fossero altri crateri di questa età che aspettano di essere trovati, potrebbe significare che gli impatti durante l’Arcaico erano molto più frequenti di quanto pensassimo. Gli scienziati ora ipotizzano che questi impatti non solo abbiano avuto un grande impatto sulla crosta, ma che possano aver anche giocato un ruolo fondamentale nella formazione dei cratoni, le formazioni geologiche più antiche che costituiscono il cuore dei continenti.

Inoltre, gli impatti di questo tipo potrebbero aver creato le condizioni necessarie per l’emergere della vita sulla Terra, riscaldando l’ambiente e creando superfici dove la chimica e la fisica si sono evolute. Insomma, questa scoperta potrebbe non solo cambiare la nostra comprensione degli impatti meteorici, ma anche delle origini della vita sulla Terra. A quanto pare, il nostro pianeta è stato martellato da meteoriti molto prima di quanto pensassimo!