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Nei Campi Flegrei hanno scoperto qualcosa di terrificante | Le immagini appena arrivate fanno pensare al peggio: “Bisogna fare presto”

Campi Flegrei

Campi Flegrei visti dall'alto (INGV foto) - www.aerospacecue.it

Nuove immagini giungono direttamente dai Campi Flegrei. L’allerta resta elevata: i ricercatori hanno necessità di proseguire il monitoraggio

A ovest di Napoli, in Campania, sorge un’area vulcanica che figura indubbiamente come la più celebre, ma anche potenzialmente pericolosa, dell’intera Italia. Stiamo parlando dei Campi Flegrei.

Si tratta di una caldera vulcanica originatasi quasi 40.000 anni fa, che si discosta per aspetto e caratteristiche dal vicino Vesuvio, che domina la città partenopea, essendo caratterizzata da un complesso sistema sotterraneo.

Lo stesso che include, nelle profondità della caldera, camere magmatiche, solfatare, sorgenti termali e fumarole, articolandosi in differenti crateri, fra i quali la Solfatara di Pozzuoli e i vulcani sommersi siti nell’omonimo Golfo.

Gli esperti sono impegnati costantemente nel monitoraggio dell’attività dei Campi Flegrei, per via dei potenziali rischi che un’eventuale eruzione andrebbe a comportare, localizzandosi, tra l’altro, in una delle aree più densamente abitate dello Stivale intero.

Una scoperta sorprendente

Un team di ricercatori dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) ha sviluppato uno studio dal titolo ‘3D Magnotelluric Imaging of a Transcrustal Magma System Beneath the Campi Flegrei caldera, Southern Italy‘, collaborando con prestigiosi atenei a livello internazionale, quali l’Università di Monaco di Baviera, l’Università di Oxford e il Dublin Trinity College.

I risultati di tale approfondimento sono stati pubblicati attraverso articolo sulla rivista Nature Communications Earth & Environment; grazie a ciò, è stato possibile scoprire e diffondere immagini sino ad ora inedite rispetto al sistema magmatico che si annida nelle profondità del complesso vulcanico dei Campi Flegrei. Più precisamente, ci troviamo a circa 20 km di profondità, dove fino ad ora nessuno era mai riuscito a giungere; la parte sommersa della caldera è in grado di fornire informazioni maggiorate sull’intera struttura e sui processi magmatici che avvengono al suo interno.

Magnotellurica
Illustrazione della magnotellurica (INGV Ambiente foto) – www.aerospacecue.it

Come si è giunti in possesso di inedite informazioni?

Ciò è stato possibile grazie all’impiego da parte dei ricercatori della MT, ossia della magnotellurica. Parliamo di una metodologia geofisica altamente sofisticata, utile in quanto in grado di misurare le differenti variazioni naturali che riguardano i campi elettromagnetici, al fine di consentire la ricostruzione della resistività elettrica, ossia un parametro fisico che risulta essere particolarmente sensibile in presenza di fluidi, come ad esempio quelli magmatici. I dati elettromagnetici raccolti sono stati invertiti in informazioni tridimensionali, permettendo agli studiosi di identificare le differenti zone di accumulo o di trasferimento del materiale magmatico, rinvenendo la presenza di canali di risalita, che si presume possano essere correlati ad una maggiore “agevolezza” nel trasferimento di magma e gas verso la crosta.

Una ricerca fondamentale, in un periodo in cui lo stato dei Campi Flegrei resta una tematica di assoluta preoccupazione, che merita di essere costantemente monitorata e attenzionata da parte degli esperti dell’INGV. Si tratta soltanto di un primordiale, ma prolifico passo, verso lo sviluppo di ulteriori modelli predittivi, maggiormente avanguardistici e che siano in grado di garantire un elevato grado di accuratezza nel monitoraggio, come rivelato dallo stesso Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia.