Missioni spaziali per la difesa della Terra | Ora si raccolgono i risultati della prima in assoluto: avrà dato i risultati sperati?

Illustrazione di Hera (ESA foto) - www.aerospacecue.it
Si cominciano a tirare le somme della prima missione pensata per proteggere il nostro pianeta, ecco i risultati.
Negli ultimi anni si è cominciato a parlare sempre di più di missioni spaziali con scopi ben diversi dalla semplice esplorazione. Certo, il fascino dell’ignoto resta, ma ora c’è anche una certa urgenza: proteggere la Terra. Sì, hai capito bene. Non è il copione di un film catastrofico, ma una realtà che sta prendendo forma, missione dopo missione.
L’idea è questa: se un giorno ci trovassimo di fronte a un asteroide diretto verso di noi, potremmo davvero fare qualcosa per evitarlo? È una domanda che fino a poco tempo fa era solo teorica. Ora però, con le tecnologie spaziali in continua evoluzione e la collaborazione tra agenzie internazionali, si comincia a fare sul serio. Anzi, a dirla tutta, c’è già stato un primo test concreto.
Il bello (o il difficile) di queste missioni è che non si risolvono in pochi giorni. Ci vogliono anni solo per far partire una sonda, e molti altri per farla arrivare a destinazione. Ma intanto, nel suo lungo viaggio, può fare un sacco di cose interessanti. Tipo raccogliere dati, fare test, fotografare lune misteriose… e magari scoprire pure qualcosa che non stavamo cercando.
Ed è esattamente quello che sta succedendo con una sonda europea, che nel frattempo si sta avvicinando pian piano al suo obiettivo. La parte più curiosa? È riuscita a sbirciare da vicino uno degli oggetti più sfuggenti del Sistema Solare. E no, non era previsto.
Un viaggio lunghissimo, con tappe sorprendenti
La protagonista si chiama HERA, ed è una missione dell’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea) che si sta dirigendo verso un asteroide lontanissimo: più di 11 milioni di chilometri da qui. Nel frattempo, però, ha fatto una “scorciatoia” passando da Marte. O meglio, ha usato il pianeta rosso per una manovra gravitazionale — tipo uno slancio, per cambiare rotta e risparmiare carburante.
Durante questo passaggio ravvicinato (parliamo di circa 5.600 km dalla superficie marziana), la sonda ha scattato centinaia di immagini. E tra queste, alcune rarissime della luna Deimos, che di solito resta nell’ombra rispetto alla sorella più famosa, Phobos. Ah, Deimos è piccola e piuttosto strana, e non è ancora chiaro da dove arrivi. Alcuni pensano sia un ex asteroide catturato da Marte, altri ipotizzano che sia nata da un impatto antico. In realtà, le immagini non erano l’obiettivo principale, ma hanno già entusiasmato diversi ricercatori. Specialmente per via degli strumenti a bordo, come HyperScout e il sensore a infrarossi, che riescono a vedere cose che l’occhio umano si sogna.

Tutto pronto per capire se possiamo davvero deviare un asteroide
Ma torniamo al punto centrale. HERA non è in giro per il Sistema Solare per caso. Il suo scopo vero è analizzare gli effetti del primo impatto volontario contro un asteroide, avvenuto nel 2022. All’epoca, una sonda della NASA chiamata DART si è schiantata contro l’asteroide Dimorphos, modificando la sua orbita di ben 33 minuti.
Adesso tocca ad HERA capire cosa è successo dopo quell’impatto. Ha cambiato davvero qualcosa? L’orbita è stabile? C’è stato qualche effetto collaterale? Tutte domande cruciali, perché se questo sistema funziona, potremmo usarlo per difendere la Terra da future minacce. Magari non domani, ma chi lo sa.