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Grande Nube di Magellano, un’esplosione enorme | Il calore rilasciato non è quantificabile: il nostro vicino di casa fa paura

Grande Nube di Magellano

Esplosione nella Grande Nube di Magellano (Canva/ESO foto) - www.aerospacecue.it

Nella galassia limitrofa alla Via Lattea ha avuto luogo un’esplosione impressionante, capace di raggiungere milioni di gradi di temperatura

E’ la vicina della nostra galassia, la Via Lattea, e dista circa 200.000 anni luce dal pianeta Terra. Stiamo parlando della Grande Nube di Magellano, considerata una vera e propria nube satellite rispetto alla Via Lattea stessa.

La sua struttura è stata definita dagli esperti come irregolare, non presentando caratteristiche che permettessero di catalogarla nella categorie delle galassie ellittiche o spiraliformi.

Si era ipotizzato che la Grande Nube di Magellano fossa legata gravitazionalmente alla nostra galassia, orbitandole attorno, ma una sostanziosa fetta della comunità astronomica, ad oggi, inquadra più una possibilità diversa.

Secondo questa si tratterebbe unicamente di una galassia di passaggio, che una volta raggiunta la sua distanza minima rispetto a quella in cui noi risiediamo, proseguirà la propria orbita nell’Universo.

Un evento unico nella Grande Nube

Nella Grande Nube di Magellano è stata riscontrata la presenza di quella che gli scienziati hanno denominato Lmc 1968-12a, altresì nota come Lmc68, che rappresenta sino ad ora un vero e proprio unicum. Stiamo parlando di una nova ricorrente extragalattica, ossia un esplosione attribuibile a sistemi binari di stelle. Le nove si verificano quando la nana bianca, una volta terminata la sua evoluzione, comincia a sottrarre la materia alla sua compagna, una gigante rossa, sino a provocare il brillamento dell’intero sistema binario.  Lmc68, secondo quanto individuato dagli approfondimenti degli studiosi, presenta un intervallo di esplosione pari a circa quattro anni; l’evento più recente che ne ha reso possibile l’osservazione è datato agosto 2024, mentre venne sorpresa per la prima volta a compiere una simile esplosione addirittura nel 1968.

Un team di ricercatori provenienti dalla britannica Keele University, usufruendo dei telescopi Gemini South e Magellan Baad Telescope, entrambi siti in Cile, hanno effettuato un preciso rilevamento riguardante la lunghezza d’onda del vicino infrarosso, pubblicando i risultati finali su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Le osservazioni si sono concentrate dopo 8 e 22 giorni successivi all’esplosione, mediante lo spettrografo Flamingos-2, montato sul Gemini South, e lo spettrografo Fire, montato sul Magellan Telescope. In questo modo si è reso possibile esaminare la nova nella sua fase ultra-calda, ossia quando gli elementi del materiale che viene espulso risultano essere particolarmente energizzati.

Esplosione di una nova
Esplosione di nova in un sistema binario (International Gemini Observatory foto) – www.aerospacecue.it

Cosa è stato scoperto?

Gli approfondimenti hanno condotto i ricercatori ad identificare la firma dell’emissione di atomi di silicio, privati, tuttavia, di nove elettroni. Contemporaneamente è stata sottolineata l’assenza di firme prodotte da altri elementi pesanti ionizzati, come osservato precedentemente negli spettri di emissione correlati alla nostra Via Lattea, dove non è affatto raro rinvenire righe di emissione di calcio, fosforo, alluminio e zolfo. Discorso profondamente differente, dunque, per Lmc68, durante le cui rilevazioni è stato possibile evidenziare soltanto la riga del silicio ionizzato. Questo elemento ha condotto i ricercatori ad indicare una temperatura estremamente elevata del gas, come affermato dallo scienziato presso l’Arizona State University, nonché coautore dello studio Sumner Starrfield.

E’ stato stimato, a seguito delle simulazioni, che la temperatura del gas espulso sia stata in grado di raggiungere i tre milioni di gradi. Si tratta di un valore realmente sbalorditivo, che conduce Lmc68 ad essere inquadrata inevitabilmente come una delle nove più calde che siano mai state registrate, sottolineando come, con molta probabilità, questa manifestazione di temperatura sia strettamente correlata alle condizioni ambientali che caratterizzano la Grande Nube di Magellano, come la sua metallicità, dunque la presenza minore di atomi più pesanti rispetto all’elio e all’idrogeno.