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Detriti spaziali minuscoli? Un nuovo satellite li individuerà per proteggere le missioni spaziali

Detriti spaziali

Detriti spaziali colpiscono veicoli (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it

Allo studio un metodo rivoluzionario che garantirà maggiore sicurezza ai veicoli spaziali impiegati nel corso delle missioni

I detriti spaziali possono possedere forme diametralmente differenti tra loro, essendo rappresentati da razzi esauriti, satelliti in disuso, frammenti di collisioni e non solo. Generalmente possiedono una velocità di movimento elevatissima, pari a circa 17.500 mph, rappresentando un pericolo non indifferente in caso di collisione.

Molti di questi presentano una forma estremamente piccola, che non li rende osservabili e rintracciabili dalla Terra, impedendo agli studiosi di mettere in studio soluzioni che siano in grado di arginarli, liberando un concreto pericolo per i veicoli spaziali che navigano nell’orbita terrestre bassa.

Questa problematica ha condotto ad un’ipotesi: offrire ai satelliti e ai veicoli spaziali che verranno implementati in futuro tecnologie in dotazione che si dimostrino in grado di anticipare ed evitare l’eventuale collisione.

Il merito dell’ideazione di tale merito viene attribuito al professore di ricerca presso l’UAF Geophysical Institute, Paul Bernhardt, e di altri colleghi dell’Università di Calgary, che hanno rivelato di aver messo a punto un metodo che promette di rivelarsi in grado di determinare preventivamente l’angolo di avvicinamento e la distanza dei detriti.

Il metodo che consentirà protezione dai detriti

Avendo scoperto che quando un oggetto in orbita attraversa i disturbi del plasma naturali, o striature, è capace di generare onde, il metodo che verrà applicato si fonderà proprio su questa fondamentale scoperta. Bernhardt ha affermato che lui stesso, congiuntamente ai suoi colleghi, sta mettendo a punto gli strumenti che permetterebbero di sfruttare tale metodo, compreso il satellite, denominato Space Debris Hunter, che dovrà essere capace di trasportare le nuove tecnologie, in modo da procedere con i primi esperimenti concreti.

Il sistema prevede la dotazione di un sensore di bordo, in grado di misurare simultaneamente i campi di onde elettriche ed elettromagnetiche, così da individuare la direzione dei detriti spaziali, proprio sfruttando i segnali che gli stessi sono capaci di emanare. Di fondamentale importanza, in particolare, sarebbe l’analisi simultanea dei cambiamenti nella frequenza del segnale nel tempo, che unitamente agli altri dati rilevati garantirebbero agli scienziati di individuare preventivamente la posizione dei detriti.

Detriti spaziali
Spazzatura spaziale in orbita (Freepik foto) – www.aerospacecue.it

Il rischio attuale e gli obiettivi per il futuro

Prevedere il percorso futuro dei detriti sarà possibile proprio grazie alla nuova scienza correntemente in studio, annuncia Bernhardt, spiegando come la stessa permetterà di eseguire un direzionamento dei satelliti alla larga rispetto al percorso previsto dalla spazzatura stellare. Correntemente, come viene specificato nello studio stesso, gli operatori di Starlink sono già al lavoro per impedire che un elevato numero di detriti finisca in collisione con i veicoli, attraverso oltre 20.000 azioni di prevenzione annualmente.

L’articolo in cui il metodo viene esplicato all’intera comunità aerospaziale è stato pubblicato su Physics of Plasmas e inquadra in Bengt Eliasson dell’Università di Strathclyde il suo autore principale. Questo passo potenzialmente cruciale rientra nell’ambito di un progetto condotto dal Governo degli Stati Uniti d’America, in collaborazione con il contraente Blue Halo. Secondo le stime emerse sarebbero oltre 100 milioni gli oggetti presentanti dimensioni superiori a 1 millimetro correntemente orbitanti attorno al nostro pianeta, nonostante, fortunatamente, soltanto l’1% degli stessi sia in grado di causare danni elevati a tal punto da compromettere le missioni interplanetarie.