Auto, rivoluzione ecologica beffa | Si pensa solo ai nuovi carburanti: ma quello che fa male di più all’uomo è questo

La rivoluzione dei carburanti (Canva/Pixabay) - www.aerospacecue.it
L’attenzione verso i carburanti nocivi, nell’ambito della transizione green, si sta spostando verso ulteriori fattori di potenziale pericolo
Il Green Deal disposto dall’Unione Europea si prefissa come obiettivo fondamentale la riduzione delle emissioni nocive di CO2 dell’atmosfera, raggiungibile attraverso il progressivo passaggio dall’alimentazione a combustibili fossili all’energetico.
Un passaggio fondamentale verso un futuro maggiormente green riguarda inevitabilmente il processo di cooperazione tra i governi nazionali, le indicazioni diffuse dalla comunità scientifica e dai singoli produttori, in questo caso, del mercato automobilistico.
L’unità di intenti e la collaborazione rappresentano indubbiamente elementi cardine, grazie alla cui presenza sarà possibile raggiungere la meta entro il limite stabilito, che nel caso specifico del Green Deal sarà l’anno 2030.
Ma se la transizione ecologica passa soprattutto attraverso la debellazione progressiva dell’utilizzo del diesel, è importante sapere che esistono elementi, strettamente correlati al funzionamento dell’auto, in grado di produrre effetti ancor più nocivi per l’organismo umano.
Cosa è stato dimostrato?
Sul fatto che il diesel abbia una capacità inquinante spaventosamente elevata non esistono dubbi, ma stando a quanto emerso a seguito di uno studio condotto dall’Università di Southampton ci sono delle componenti delle autovetture, di utilizzo inevitabile ogni volta che ciascun conducente prende il manubrio tra le proprie mani. Rientrano all’interno di queste categoria, per esempio, i gas di scarico, ma anche le particelle scaturite dagli pneumatici usurati sull’asfalto.
Gli esami nell’ambito sono stati guidati dal dottor James Parkin, che ha esaminato come un fattore in particolare fosse in grado di produrre effetti impattanti sulla salute polmonare. Stiamo parlando delle pastiglie dei freni, che nonostante la dimensione microscopica risulterebbero capaci di generare danni e rivelarsi nocive in modo nettamente maggiore rispetto all’inalazione dei gas di scarico delle vetture alimentate a diesel. I test hanno previsto l’utilizzo di quattro differenti tipologie di pastiglie per freni, dimostrando quali fossero gli effetti scaturiti sull’apparato respiratorio dal particolato proveniente dagli stessi.

L’elemento più nocivo in assoluto
I risultati finali hanno permesso di stabilire che la tipologia di pastiglie per freni organiche rappresentino l’opzione più dannosa possibile per le cellule polmonari, basandosi su precisi marcatori di tossicità. Le stesse sono infatti in grado di sconfinare sino alle vie aeree superiori, intervenendo durante il processo di scambio tra ossigeno e anidride carbonica che avviene negli alveoli. Il motivo per cui ad emergere negativamente è stato proprio questo tipo specifico è soprattutto l’abbondante concentrazione di rame presente al loro interno. Le particelle delle pastiglie rappresentano una concreta minaccia per l’ambiente naturale e per la qualità dell’aria, considerando che nel corso della produzione del carburante, entrano in gioco processi chimici in grado di provocare la dispersione di un quantitativo ancor più dannoso di agenti inquinanti nell’atmosfera.
Ma c’è un modo per risolvere questa situazione? Tutto dovrebbe passare tra le mani dei principali produttori di pastiglie per freni, che dovrebbero intervenire attivamente per modificare la composizione dei propri prodotti, oltre che le fasi di cui si compone il processo di fabbricazione degli stessi. La sfida più ardua appare quella di mantenere elevati standard qualitativi, pur operando con delle modifiche sui singoli articoli, in modo da evitare che l’immagine del marchio possa subire un qualsivoglia tipo di crollo. Ma i produttori si sono espressi anche a favore di una trasparenza più marcata da parte dei singoli governi: la volontà comune è chiara, le aziende non vogliono trovarsi a dover fare i conti con normative sganciate senza preavviso, che obbligherebbero a modifiche immediate e repentine, senza possibilità di riflettere concretamente sulle strategie di mercato.