La NASA stravolge tutte le teorie conosciute | Il colore di questo Pianeta è dovuto solo a questo: libri da riscrivere

Pianeti del Sistema Solare (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it
Da cosa dipendono i colori dei pianeti? Gli esperti hanno evidenziato una teoria pronta a mutare drasticamente il modo di interpretare la chimica di questi corpi
Tra gli elementi che hanno maggiormente catturato l’attenzione degli scienziati nel corso delle differenti osservazioni vi sono indubbiamente le peculiari cromaticità dei principali corpi del Sistema Solare, i pianeti.
Le loro colorazioni svariano dal blu a tonalità rossastre, fino ad apparire completamente bianchi. Ovviamente esiste un motivo, spesso più di uno, per cui ciascuno presenta un aspetto cromatico totalmente unico e peculiare.
Ma quali sono i fattori che influenzano direttamente il colore di un pianeta? Ad entrare in gioco sono, più spesso, la composizione chimica, dunque i materiali abbondanti nella superficie di un determinato pianeta o l’atmosfera, dipendentemente dalle sostanze presenti in essa.
Da non dimenticare sono anche l’attività geologica e l’evoluzione storica che hanno contraddistinto il passato, dalla formazione alla modificazione, di un determinato pianeta, influenzandone l’aspetto.
Da cosa deriva il colore?
Ad accendere i riflettori su un’altra possibile motivazione è un team di ricerca, che ha svolto il proprio lavoro usufruendo dei risultati ottenuti grazie alle sonde ESA e alle sonde NASA, i cui dati sono stati combinati ad innovativi esperimenti, che hanno condotto alla scoperta della presenza fittissima di ossidi di ferro nella polvere marziana, presumibilmente formatisi quando il pianeta ospitava ancora acqua allo stato liquido. Tutto si cela, dunque, sull’approfondimento della chimica del pianeta e dei materiali diffusi nell’atmosfera; se le precedenti osservazioni avevano suggerito che l’ossido di ferro aveva avuto origine da reazioni avvenute in condizioni asciutte, verificatesi nel corso di miliardi di anni, il nuovo studio, poi pubblicato su Nature Communications, mette in evidenza come lo stesso ossido provenga, in realtà, dall’ossidazione del ferro presente all’interno della regolite marziana.
In particolare, è stato sottolineato come il canonico colore del pianeta rosso sarebbe maggiormente comparabile alla presenza di ferridrite, ovverosia ossidi di ferro con presenza di acqua. Lo ha definito Adomas Valantinas, principale autore dello studio, affermando come mescolando questo materiale con il basalto, si può immediatamente notare un più agevole adattamento della ferridrite con il minerali marziani.

Un test pronto ad inaugurare un’era
Si tratta, come già affermato, del primo test che mette sul piatto risultati concreti, derivanti dalle tecniche laboratoriali coniugate ai dati forniti dalle esplorazioni di sonde e rover sul Pianeta Rosso. L’esperimento, nello specifico, ha avuto luogo mediante l’impiego di una smerigliatrice da parte degli scienziati, che ha permesso loro di ottenere grani di polvere simili a quella marziana, poi esaminata mettendo in campo le medesime tecniche adottate dai veicoli spaziali.
Lo scienziato di TGO e Mars Express, Colin Wilson, ha spiegato che Marte resterà immutabilmente il Pianeta Rosso; ad essere cambiata, è solo la comprensione e la differente percezione del motivo per cui lo stesso viene definito tale. Il prossimo determinante passo è rappresentato dall’approfondimento dei campioni raccolti su Marte dal Rover NASA Perseverance, mediante avanzate tecniche di laboratorio, al fine di determinare la quantità esatta di ferridrite presente all’interno della polvere marziana.