Marte, appena fatta una scoperta archeologica pazzesca | Scienziati senza fiato: da quanto tempo è li?
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Un affascinante ritrovamento su Marte (ESA foto) - www.aerospacecue.it
Il territorio marziano risulta essere ricco di resti archeologici sbalorditivi. Perché sarebbe fondamentale approfondirne le caratteristiche?
Nell’ambito dei viaggi interspaziali, Marte ha da sempre rappresentato un affascinante obiettivo per la comunità astronomica e aerospaziale del globo intero. Non a caso, una volta ultimato il progetto di raggiungimento della Luna, l’interesse degli scienziati si concentrò tutto sul Pianeta Rosso.
Il punto di svolta è rappresentato dall’anno 1960, quando l’Unione Sovietica tentò di dare il via al programma interspaziale Mars, che prevedeva sorvoli in orbita a distanza ravvicinata rispetto al suolo marziano, dagli esiti, però, fallimentari.
A partire dal tentativo di fly-by terminato senza riscuotere successo, anche gli Stati Uniti si giocarono la loro carta, impiegando la sonda Mariner 4 della NASA nel 1964, catturando per la prima volta immagini del pianeta visto da vicino. Si trattava soltanto della prima di una lunga serie di missioni che si sarebbero sviluppate negli anni a venire.
Nel corso delle missioni sviluppatesi sul suolo marziano, l’uomo, pur non calcando mai il Pianeta Rosso con i propri piedi, ha più volte lasciato “in sosta” numerosi elementi appartenenti a spedizioni che hanno avuto luogo nel corso degli ultimi cinque decenni su Marte, come sonde e rover, ormai accumulati sulla superficie come in una grande discarica a cielo aperto.
Una testimonianza preziosa
Gli accumuli, che molti definiscono come mera spazzatura, a detta del ricercatore presso l’Università del Kansas Justin Holcomb rappresenterebbero, in realtà, un vero e proprio tesoro archeologico. Quanto ne consegue è che, nel caso in cui si trattasse effettivamente di spazzatura bisognerebbe mobilitarsi attraverso la rimozione e la pulizia, ma la situazione cambia diametralmente se inquadrassimo i detriti come parte del patrimonio antropico diffuso su Marte, che in quanto tali dovrebbero essere conservati.
Lo stesso Holcomb sottolinea, in un articolo comparso sulla rivista Nature, come la presenza di tempeste di polvere e radiazioni potrebbero influire negativamente sugli accumuli archeologici, seppellendoli, come sta rischiando di accadere al rover Spirit, soggetto all’azione delle dune di sabbia. Per proseguire opportunamente l’approfondimento dei resti, si renderebbe necessario da parte delle agenzie spaziali del mondo stilare una lista, come una sorta di catalogo, che raduni nel dettaglio tutti gli oggetti marziani che non sono stati recuperati a seguito delle missioni.
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Una fruttuosa opportunità per gli scienziati
In questo senso, la NASA si era già mobilitata, dedicandosi alla redazione di un inventario che comprendeva più di 800 oggetti mai riportati sulla Terra dopo le missioni effettuate sulla Luna; la possibilità è che, nonostante le differenti dinamiche entranti in gioco, un approccio analogo potrà riguardare anche Marte. Si tratterebbe di un efficace metodo per portare alla luce caratteristiche finora inesplorate, riguardanti il rapporto tra le tecnologie antropiche e l’ambiente marziano, analizzando le conseguenze esercitate sull’apparecchiatura da parte delle radiazioni e della polvere del pianeta rosso.
Il modo in cui l’entrata in contatto con sistemi extraterrestri abbia portato all’eventuale degrado o deterioramento, comprendendo informazioni cruciali anche in merito all’ottimizzazione dei mezzi potenzialmente impiegabili nelle spedizioni, anche equipaggiate, direttamente su Marte. Holcomb definisce, inoltre, come i detriti rappresentino i resti primordiali lasciati dall’uomo nell’ambito dell’era di “migrazione interplanetaria”.