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Ariel, questa Luna continua a stupire | Si fa influenzare dal suo Pianeta e dalle altre Lune: è sempre in continua evoluzione

Luna di Urano

Ariel, la luna di Urano (ESA foto) - www.aerospacecue.it

Ariel resta ancora una luna misteriosa per la comunità astronomica. Le sue peculiarità e la sua dinamicità rendono difficile comprenderne i segreti

E’ la più luminosa tra le 27 lune che orbitano attorno ad Urano; stiamo parlando di Ariel, scoperta per la prima volta grazie all’osservazione dell’astronomo britannico William Lassell nel 1851.

La prima reale esplorazione interplanetaria ad aver coinvolto Ariel nel corso della storia fu il sorvolo della sonda Voyager 2 della NASA, avvenuto nel 1986. L’evento rappresentò un fondamentale passo avanti nella scoperta dei satelliti di Urano, in quanto permise di catturare immagini che ancora oggi fungono come fonti per l’approfondimento della luna.

La sua posizione la rende la seconda luna più vicina al pianeta Urano, mantenendosi ad una distanza d’orbita di 190.000 km circa, impiegando il corrispettivo di 2,5 giorni terrestri per compiere una rotazione completa.

Ad aver sempre interessato gli studiosi è soprattutto la peculiare superficie che Ariel presenta, decisamente complessa se comparata alle altre lune di Urano, che ha contribuito ad accrescerne l’incertezza, nonché i numerosi interrogativi in merito.

Un satellite ricco di misteri

La superficie della luna risulterebbe essere ricoperta da ghiaccio di anidride carbonica, secondo quanto rilevato dagli esperti. Questa scoperta non ha fatto altro che alimentare le già numerose domande riguardanti Ariel e, più in particolare, il motivo dietro la presenza di tale composto sul satellite. Le ipotesi degli studiosi fanno riferimento a differenti meccanismi provenienti, ma tutti concordano sul medesimo tema; l’anidride carbonica che si disperde ha necessità di essere sostituita da altra che ‘subentra’, in modo da alimentare gli strati congelati in continuazione.

Il dubbio resta acceso sulla provenienza dell’anidride carbonica, indicata da una parte della comunità come derivante dall’interazione della superficie di Ariel con le particelle cariche della magnetosfera uranica; si tratta di un processo scientificamente noto come ‘radiolisi’. Un’alternativa a questa spiegazione potrebbe, invece, essere rappresentata dalla pista che indica la produzione dell’anidride carbonica direttamente all’interno di Ariel, come avanzato da un gruppo di scienziati coordinati dalla geologa planetaria Chloe Beddingfield.

Ariel
Cattura di Ariel eseguita dalla sonda Voyager 2 (NASA foto) – www.aerospacecue.it

Le testimonianze sul passato di Ariel

La ricerca e i suoi risultati sono stati pubblicati nelle scorse settimane su The Planetary Science Journal, sottolineando come sia possibile pensare che l’anidride carbonica riesca a fuoriuscire dai solchi presenti sulla superficie della luna. Gli stessi che, a detta del parere concordante di numerosi studiosi, rappresenterebbero il segno concreto dell’attività tettonica verificatasi sul satellite, secondo quanto emerso dai rilevamenti effettuati nel 1986 dalla sonda Voyager 2 della NASA. Ma come sarebbe avvenuta la formazione di questi solchi? E’ stata proprio la geologa Beddingfield a spiegare il processo, facendo luce sul modo in cui il calore permetterebbe la risalita della materia verso la superficie, generando una pressione che porta allo spaccamento della crosta, da cui poi fuoriuscirà proprio la materia.

E l’attività geologica che avrebbe contraddistinto il passato di Ariel risulta fondamentale per comprendere alcune dei più peculiari aspetti odierni. Gli avvenimenti avrebbero, infatti, contribuito alla formazione di un oceano sotterraneo, che si ipotizza possa esistere ancora in tempi odierni direttamente sul satellite di Urano. Si tratta, tuttavia, di una possibilità messa in dubbio dal team di ricerca, che afferma attraverso la sua portavoce Chloe Beddingfield di come la presenza ipotetica dell’oceano potrebbe rappresentare un fenomeno distinto rispetto ai solchi derivanti dall’attività tettonica. Ariel resta ancora un mistero tutto da scoprire, nonostante siano trascorsi quasi quarant’anni dai primi rilevamenti della Voyager 2, che nonostante i numerosi studi a riguardo, non sono riusciti a fornire un quadro chiaro in merito alle sue caratteristiche e ai fenomeni che la riguardano.