Un getto radio enorme che aiuterà a scoprire le galassie primordiali | Grazie ad esso mai più segreti
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Illustrazione di un quasar (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it
La scoperta di un getto radio da una vastità e da una potenza incredibili consentirà ulteriori approfondimenti sulla formazione delle galassie
I getti radio, nonostante rappresentino eventi decisamente rari, risultano essere correlati ai quasar. Quando parliamo di quasar facciamo riferimento a nuclei di galassie, con al loro centro un buco nero capace di divorare rapidamente i gas e i materiali presenti nelle vicinanze.
L’individuazione dei quasar si attesta attorno al secondo dopoguerra. Erano gli anni ’50 e l’ingresso in campo di radiotelescopi caratterizzati da tecnologie estremamente sofisticate per l’epoca permise di captare prima le onde radio generate dai centri intergalattici, poi di completarne l’osservazione.
L’ipotesi degli scienziati sottolinea la possibilità che i quasar altro non siano che il processo iniziale dell’evoluzione galattica. Ed è per questo che, data la loro distanza pari a miliardi di anni luce, sia possibile inquadrarne unicamente il nucleo.
Ecco spiegato anche il motivo per cui la comunità astronomica ha da sempre riservato un particolare occhio d’osservazione nei confronti dei quasar; il loro approfondimento potrebbe fornire testimonianze cruciali in riferimento alla formazione delle galassie.
Un fenomeno senza precedenti
E’ stato recentemente identificato un getto radio caratterizzato da una vastità mai osservata prima d’ora in fenomeni analoghi nell’Universo primordiale. Ad effettuare tale scoperta è stato un team di astronomi guidati dal NoirLab, che ha impiegato il telescopio Gemini North combinatamente con la rete di telescopi LOFAR. Sappiamo che i getti radio sono capaci di formarsi attorno ai quasar e l’espulsione di flussi di materiale altamente energetici può essere rilevata mediante l’impiego di telescopi radio.
L’individuazione degli stessi, a causa della loro luce usualmente risultante attenuata a causa della radiazione cosmica di fondo, si è dimostrato un evento particolarmente raro; ma grazie all’enorme estensione del nuovo getto, individuato nei pressi del quasar J1601+3102, anche la rete LOFAR è stata capace di rilevarne le frequenze. Nello specifico, la strumentazione impiegata nel rilevamento era costituita dal telescopio Gemini North, dallo spettrografo GNIRS e dal telescopio Hobby-Eberly.
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Un getto capace di superare anche la radiazione del Big Bang
La formazione del sopracitato quasar, secondo quanto emerso da ulteriori analisi, risalirebbe al momento in cui l’Universo aveva ‘soli’ 1.2 miliardi di anni; il nucleo galattico presenta una massa pari a circa 450 milioni di volte superiore rispetto a quella del Sole e pur essendo caratterizzato da un buco nero di dimensioni non da meravigliarsi se comparato ad altri quasar, la potenza del getto generato si è dimostrata essere senza eguali. Gli studiosi ipotizzano come l’eventualità di interazioni con i campi magnetici galattici possano aver alterato la dimensione della struttura e la sua fase evolutiva.
La scoperta assume dimensioni ancora maggiormente curiose se pensiamo che è stato possibile rinvenire il getto radio, nonostante la presenza della così nota radiazione residua del Big Bang, ossia il fondo cosmico a microonde che può ostacolare l’osservazione delle sorgenti radio, specie se caratterizzate da un’importante distanza. Il risultato che si evince da questo aspetto è abbastanza chiaro; la luminosità e l’energia emessa dal quasar J1601+3102 si sono rivelati talmente potenti a tal punto da riuscire a superare la barriera rappresentata dalla radiazione residua del Big Bang. Si tratta di una scoperta potenzialmente fondamentale in relazione all’approfondimento del ruolo che i quasar potrebbero aver svolto nella formazione delle prime galassie. La scoperta è stata diffusa tramite pubblicazione sul The Astrophysical Journal Letters.