Le supernovae di tipo Ia saranno impiegate nell’ambito di missioni spaziali. Studiosi alla ricerca di informazioni sull’espansione universale e sull’energia oscura
La missione Roman permetterà di indagare sulle migliaia di supernovae presenti in aree ancora poco inesplorate dello spazio. In questo modo gli studiosi potranno approfondire la velocità d’espansione dell’Universo, focalizzandosi su un metodo completamente innovativo per sondare la materia oscura e il modo in cui essa si distribuisce.
Al fine di misurare le distanze cosmiche ed ottenere informazioni cruciali sull’energia oscura, nell’ambito della missione Roman saranno utilizzate le supernovae di tipo Ia, come già annunciato dalla Nasa. Le supernovae si originano dal collasso delle stelle massicce, ossia quando le stesse finiscono per scoppiare a causa di onde d’urto generatesi al loro interno.
Quelle appartenenti alla tipologia Ia, secondo quanto emerso da differenti prove, esordiscono all’interno di sistemi stellari binari, possedenti almeno una nana bianca e rappresentano una manifestazione rarissima, la cui possibilità di apparizione si verifica una volta ogni circa 500 anni all’interno della nostra galassia.
La prima individuazione e la conseguente scoperta di una supernova di tipo Ia è avvenuta oltre vent’anni fa, nell’ambito del programma NoirLab della National Science Foundation (NSF). Mediante l’osservazione attraverso due telescopi di ultima generazione, è stato possibile scoprire come l’espansione dell’Universo prosegua su ritmi incessanti, fenomeni attribuibile a ciò che sarebbe in seguito divenuta nota come energia oscura.
Stando agli approfondimenti correntemente forniti, è stato ipotizzato che la nana bianca possa sottrarre materiale ad altre stelle nel medesimo sistema, innescando, di fatto, un’esplosione nel momento in cui la stessa nana ha assunto massa a tal punto da diventare un corpo instabile.
Ma non si tratta dell’unica ipotesi indicata dagli esperti, che hanno provato a raccontare uno scenario alternativo, con protagoniste due nane bianche. Le stelle con bassa luminosità effettuerebbero un movimento spiralico fino a fondersi l’un l’altra e, soltanto qualora la massa di entrambe si rivelasse sufficiente a generare instabilità nelle nane, il risultato porterebbe all’origine delle supernovae di tipo Ia.
A prescindere dal processo che porta alla nascita dei corpi, l’emissione di un picco di luminosità specifico semplifica il lavoro degli scienziati, permettendo loro di individuare la distanza delle supernovae mediante una formula. In altre parole, gli astronomi sono in grado di determinare la lontananza delle esplosioni stellari già attraverso la misurazione della loro luminosità. Ed è proprio in questo processo che entra in gioco la missione Roman, che consentirà uno studio maggiormente approfondito rispetto all’allontanamento delle supernovae e, conseguentemente, alla velocità d’espansione dell’universo. Così facendo, vi sarà la possibilità di aggiungere un ulteriore tassello, volto a fornire una maggior comprensione sui mutamenti che l’energia oscura ha assunto durante nel corso della storia universale.
Potendo disporre di una limitata gamma di strumenti di misurazione, gli studi effettuati in precedenza si sono essenzialmente focalizzate sulle aree vicine dell’Universo; ma grazie all’introduzione di Roman e delle sue sofisticate dotazioni, a partire dall’enorme campo visivo sino ad arrivare allo spettro ad infrarossi, consentiranno di individuare un numero di supernovae senza precedenti, riuscendo a comprendere in quale misura la presenza dell’energia oscura abbia influenzato la storia universale.