Il materiale prelevato dall’asteroide Bennu svela la presenza di aminoacidi e nucleobasi, molecole essenziali per la vita.
Quando la sonda OSIRIS-REx è partita per raggiungere l’asteroide Bennu, l’obiettivo era chiaro ma ambizioso: raccogliere campioni di materiale spaziale incontaminato e riportarli a casa per capire meglio com’è nato il nostro sistema solare. Ma in realtà, la missione nascondeva anche una speranza più grande, quella di trovare indizi su come potrebbe essere iniziata la vita sulla Terra. Bennu, in questo senso, è una sorta di cassaforte cosmica: conserva materiale antico di miliardi di anni, praticamente intatto, un vero e proprio salto indietro nel tempo.
Quando i campioni sono finalmente tornati sulla Terra nel 2023, gli scienziati hanno iniziato subito a studiarli, trattandoli con estrema attenzione per evitare qualsiasi contaminazione. L’idea era quella di scoprire se tra le polveri e le rocce raccolte ci fossero composti organici, i mattoni fondamentali della vita. Anche se in passato sono stati analizzati meteoriti caduti sul nostro pianeta, questa volta era diverso: si trattava di materiale prelevato direttamente nello spazio, senza essere stato esposto all’ambiente terrestre. Un’occasione unica.
Le prime analisi non hanno deluso. Bennu si è rivelato ricco di minerali formati in presenza di acqua, il che è già di per sé una scoperta interessante, visto che l’acqua è essenziale per le reazioni chimiche che portano alla formazione di molecole complesse. E non è solo questo: le condizioni chimiche riscontrate suggeriscono che l’ambiente favorevole alla nascita della vita potrebbe non essere stato un’esclusiva della Terra, ma qualcosa di più diffuso in tutto il sistema solare primordiale.
Insomma, la missione OSIRIS-REx non ha solo raggiunto il suo obiettivo tecnico, ma ha anche aperto nuove porte nella comprensione delle origini della vita. Ma il bello doveva ancora arrivare: i risultati più sorprendenti sono emersi solo dopo le analisi più approfondite dei campioni.
I dati pubblicati su Nature e Nature Astronomy hanno confermato qualcosa di straordinario: nei campioni raccolti da Bennu sono stati trovati aminoacidi e nucleobasi. E non pochi. Ben 14 dei 20 aminoacidi che sulla Terra vengono usati per creare le proteine erano lì, insieme a tutte e cinque le nucleobasi fondamentali per trasmettere le informazioni genetiche attraverso DNA e RNA.
Ma non finisce qui. Sono stati trovati anche ammoniaca e formaldeide, due composti che, combinandosi nelle giuste condizioni, possono generare molecole più complesse, come appunto gli aminoacidi. E poi ci sono i minerali: calcite, halite, trona (quest’ultimo mai visto prima in campioni spaziali) e altri ancora. Questi minerali si formano quando l’acqua salata evapora, lasciando dietro di sé cristalli solidi. Tutto ciò indica che Bennu ha ospitato un ambiente chimico ricco e dinamico, perfetto per favorire la nascita dei mattoni della vita.
Anche se non ci sono prove dirette di vita nei campioni di Bennu, la presenza di questi composti suggerisce che gli ingredienti per la vita erano abbondanti nel sistema solare primordiale. Questo aumenta le probabilità che la vita possa essersi sviluppata anche altrove, su altri pianeti o lune come Encelado o Cerere, dove condizioni simili sono state già osservate.
Un dettaglio curioso riguarda la struttura degli aminoacidi trovati. Sulla Terra, quasi tutti gli aminoacidi hanno una forma “sinistrorsa”, ma quelli di Bennu mostrano un equilibrio perfetto tra le versioni destre e sinistre. Questo potrebbe significare che anche sul nostro pianeta, agli inizi, ci fosse una miscela bilanciata, e non è ancora chiaro perché la vita abbia scelto una “direzione” piuttosto che l’altra. Un altro mistero, insomma, che si aggiunge alla lista delle domande su come e dove potrebbe essere iniziata la vita nell’universo.