Astronauti, ancora una brutta notizia per loro | Studi recenti hanno stabilito che la guarigione è lenta: anche i piccoli graffi restano un’eternità
Per un astronauta anche la più piccola ferita può rappresentare un pericolo serio per la salute: lo spazio altera il loro fisico.
Nello spazio, la vita si sviluppa in condizioni molto diverse rispetto alla Terra. L’assenza di gravità, l’esposizione alle radiazioni cosmiche e l’isolamento sono fattori che influenzano non solo il corpo umano, ma anche il modo in cui esso si rigenera. Per molti anni, la scienza ha cercato di capire in che modo questi fattori esterni potessero influenzare il processo di guarigione delle ferite, un aspetto cruciale per le future missioni a lungo termine.
Con l’intensificarsi delle missioni spaziali, la necessità di approfondire la biologia dello spazio è diventata sempre più urgente. Gli astronauti, che passano lunghi periodi in orbita, potrebbero infatti trovarsi in situazioni in cui devono curare ferite o sottoporsi a piccoli interventi chirurgici. Ma come reagiscono i tessuti umani in un ambiente senza gravità? Questa domanda ha spinto i ricercatori a intraprendere studi mirati a scoprire le differenze nel processo di guarigione.
Numerose ricerche svolte negli ultimi anni hanno evidenziato che lo spazio altera molte funzioni del corpo umano. Dall’indebolimento del sistema immunitario alla riduzione della massa muscolare, l’ambiente spaziale si è rivelato una sfida importante. Tuttavia, solo di recente si è cominciato a indagare in modo approfondito su come la riparazione dei tessuti potesse essere influenzata dalle condizioni di microgravità.
La domanda principale resta la stessa: se gli astronauti del futuro dovessero affrontare viaggi lunghi verso Marte o altre destinazioni lontane, come potrebbero affrontare le ferite e il loro processo di guarigione? Una risposta a questa domanda è fondamentale per la sicurezza e il successo di missioni interplanetarie.
Il progetto “suture in space”
Un’importante svolta nella ricerca medica spaziale è arrivata grazie a un esperimento internazionale coordinato dall’Italia, intitolato “Suture in Space”. L’Università di Firenze, in collaborazione con altre università e aziende italiane, ha analizzato i modelli di ferite suturate create da campioni biologici inviati sulla Stazione Spaziale Internazionale. Lo scopo principale era capire in che modo la microgravità influenzi il processo di guarigione.
L’esperimento è stato condotto con un’attenzione particolare ai dettagli, con i campioni che sono rimasti nello spazio per nove giorni prima di essere riportati sulla Terra per ulteriori analisi. I risultati preliminari hanno confermato che la riparazione dei tessuti nello spazio è più lenta rispetto a quella che avviene sulla Terra, un dato che pone molte sfide per le future missioni spaziali.
I risultati del congresso a Milano
Durante il congresso internazionale di astronautica, Iac24, a Milano, sono stati presentati i risultati finali di questa ricerca. L’esperimento ha dimostrato che nello spazio vi sono significative alterazioni nei tessuti, in particolare nella matrice extracellulare, fondamentale per la guarigione delle ferite. Questo processo è cruciale non solo per la struttura del tessuto, ma anche per la trasmissione di stimoli biochimici e meccanici alle cellule.
Inoltre, l’esperimento ha evidenziato cambiamenti nella risposta cellulare di fibroblasti e cheratinociti, le cellule coinvolte nel processo di guarigione. Questi risultati rappresentano un passo avanti nella comprensione di come preparare l’uomo a vivere nello spazio per lunghi periodi.