Apocalisse e sopravvivenza | L’unico posto che resterà incontaminato è questo: corri ad accaparrarti la tua casa prima che finiscano
Nuova Zelanda sarebbe l’unica a restare così com’è nel caso di un’apocalisse: perché gli esperti indicano questo punto del mondo?
I concetti di resilienza e sostenibilità sono diventati centrali nei dibattiti globali. La crescente consapevolezza riguardo alle sfide che la società moderna deve affrontare ha spinto governi, istituzioni e individui a considerare scenari prima impensabili. Temi come i cambiamenti climatici, le crisi economiche e le pandemie hanno dimostrato come i sistemi globali siano interconnessi e vulnerabili agli shock.
Prepararsi a eventi di grande impatto è diventato un obiettivo fondamentale per molti Paesi. La gestione delle emergenze e la pianificazione per scenari estremi stanno entrando nelle agende politiche e scientifiche. La domanda principale è: come possiamo garantire la continuità della civiltà di fronte a eventi catastrofici?
Il concetto di autonomia energetica e alimentare ha acquisito una nuova rilevanza. La pandemia di Covid-19, ad esempio, ha evidenziato la fragilità delle catene di approvvigionamento globali, spingendo molte nazioni a riconsiderare la propria capacità di sostenersi in modo indipendente. La ricerca di soluzioni per la difesa dalle catastrofi, sia naturali che causate dall’uomo, è ora al centro delle strategie di sviluppo.
Le isole e i Paesi con bassa densità di popolazione sono stati identificati come potenziali rifugi in caso di eventi catastrofici globali. La loro capacità di isolarsi dal resto del mondo e la loro autosufficienza energetica li rendono luoghi particolarmente adatti a resistere alle crisi future.
Le isole come rifugi in caso di apocalisse
Uno studio condotto dal Global Sustainability Institute ha evidenziato che la Nuova Zelanda è uno dei luoghi più sicuri al mondo in caso di un collasso globale. Grazie alla sua posizione isolata e alla capacità di coltivare cibo in modo autosufficiente, il Paese si posiziona in cima alla lista dei potenziali rifugi. Insieme alla Nuova Zelanda, anche Islanda, Regno Unito, Tasmania e Irlanda sono considerate “scialuppe di salvataggio” per l’umanità.
Le metriche utilizzate per valutare questi luoghi includono la capacità di produzione alimentare, la difendibilità dei confini e la stabilità delle infrastrutture energetiche. Questi fattori sono cruciali per determinare quali Paesi potrebbero sopravvivere a un collasso della civiltà industriale.
La resilienza e le critiche allo studio
Alcuni esperti ritengono che il clima dovrebbe essere una priorità nella valutazione delle scialuppe di salvataggio, poiché le aree geografiche più sicure oggi potrebbero non esserlo in futuro. La ricerca ha sollevato un’importante riflessione: in un mondo sempre più instabile, la pianificazione per la resilienza diventa essenziale.
La speranza è che queste analisi stimolino azioni concrete per migliorare la capacità di resistenza della società, non solo in vista di un’ipotetica apocalisse, ma anche per affrontare le sfide quotidiane del nostro tempo.