Dalle missioni spaziali una quantità enorme di dati | Una voce dall’Italia: ‘Per non perderli bisogna affidarsi all’Intelligenza Artificiale’
L’importanza dell’Intelligenza Artificiale per la gestione dei dati delle missioni spaziali. Sono una quantità enorme!
Nel corso degli anni, le missioni spaziali hanno generato una quantità enorme di dati, grazie all’avanzamento delle tecnologie e delle metodologie di raccolta. Dall’inizio dell’era spaziale, i satelliti, le sonde e i rover hanno iniziato a inviare informazioni preziose su tutto, dall’atmosfera terrestre ai pianeti lontani.
Negli anni ’60 e ’70, le missioni Apollo hanno raccolto dati attraverso campionamenti lunari e osservazioni dirette. Con il passare del tempo, la tecnologia ha continuato a evolversi, con l’introduzione di sonde interplanetarie come Voyager e Galileo, capaci di trasmettere immagini e misurazioni dettagliate dei pianeti e delle loro lune.
Negli ultimi anni, l’emergere di telescopi spaziali come Hubble e osservatori terrestri avanzati ha ulteriormente incrementato la quantità di dati disponibili.
In questo contesto, l’Intelligenza Artificiale si sta rivelando una risorsa preziosa, garantendo che non vengano persi dati fondamentali per la nostra comprensione dell’universo e delle sue dinamiche.
Una quantità enorme di dati dallo spazio
Nei prossimi anni, ci aspettiamo una vera e propria “pioggia di dati” dallo spazio. Entro il 2030, solo grazie allo Square Kilometer Array Observatory, situato in Australia e Sudafrica, si prevede di ricevere ben 300 petabyte di informazioni all’anno riguardanti l’origine delle stelle e l’evoluzione delle galassie. Parallelamente, l’Osservatorio Vera C. Rubin aumenterà drasticamente il numero di rilevamenti annuali di supernovae, passando da centinaia a milioni. Le telecamere e i telescopi a infrarossi stanno già contribuendo a un aumento esponenziale di avvistamenti di pianeti lontani. Se non saremo in grado di gestire tutto questo, rischiamo di dover ricorrere a milioni di computer per immagazzinare e analizzare i dati.
In questa situazione, l’Intelligenza Artificiale (AI) emerge come una possibile soluzione per non sprecare queste informazioni preziose. Nonostante l’AI non possieda conoscenze specifiche sullo spazio, la sua capacità di elaborare dati la rende un alleato fondamentale. Grazie alla sua potenza, l’AI può contribuire a gestire e analizzare i dati in modo più efficace, migliorando l’approccio della comunità scientifica nella selezione e nell’interpretazione delle informazioni raccolte.
L’AI come alleata nella ricerca astronomica
Stefano Cavuoti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha recentemente collaborato con Demetra De Cicco dell’Università di Napoli Federico II per sviluppare un metodo che sfrutta l’AI per studiare le curve di luce. Utilizzando una tecnica chiamata transfer learning, che consente di adattare un modello pre-addestrato a nuovi compiti, il loro approccio mira a ottimizzare la selezione dei dati. Questo potrebbe rivelare informazioni preziose che, in passato, sono state trascurate a causa di metodi di selezione poco accurati. Cavuoti spera di scoprire “cose mai viste” attraverso l’uso di queste nuove tecnologie.
L’AI non solo promette di accelerare e migliorare l’analisi dei dati, ma offre anche la possibilità di gestire in modo più efficace i parametri dei telescopi. Grazie all’intelligenza artificiale, sarà possibile classificare oggetti in modo più preciso, abbandonando le rappresentazioni bidimensionali per accedere a dimensioni multiple che riflettono la complessità dell’universo. Inoltre, l’AI potrebbe ottimizzare l’uso dei telescopi, decidendo dove focalizzare l’attenzione, e persino aiutare a selezionare quali dati conservare direttamente in orbita, prevenendo il rischio di esaurire lo spazio di memoria disponibile e di perdere nuove scoperte.