Dopo la conclusione della missione di Sentinel-1B, l’ESA ha avviato le procedure per facilitare il rientro del satellite tra 25 anni.
Il satellite Sentinel-1B ha rappresentato una delle missioni di osservazione della Terra più significative dell’ultimo decennio. Lanciato nell’aprile del 2016, questo satellite faceva parte della costellazione Sentinel, progettata per monitorare il pianeta con una straordinaria capacità di dettaglio. Assieme al suo gemello, Sentinel-1A, ha svolto una funzione cruciale nella mappatura globale e nel monitoraggio ambientale, offrendo informazioni preziose per la gestione delle risorse naturali e la risposta a catastrofi naturali.
La missione Sentinel-1B si è distinta per l’utilizzo di tecnologie avanzate, come il radar ad apertura sintetica (SAR), che consentiva di ottenere immagini della superficie terrestre in qualsiasi condizione meteorologica. Questa capacità è stata particolarmente utile nelle regioni polari, dove la luce solare scarseggia durante l’inverno, ma anche in aree soggette a cambiamenti rapidi come le zone costiere e quelle agricole. Grazie al radar, i dati raccolti hanno permesso di tracciare movimenti del terreno e monitorare gli spostamenti del ghiaccio artico.
Tuttavia, come accade per molte missioni spaziali, il tempo operativo di Sentinel-1B ha incontrato una battuta d’arresto. Dopo quattro anni e mezzo dal lancio, nel dicembre 2021, il satellite ha subito un guasto tecnico significativo che ne ha compromesso la funzionalità. Nonostante i numerosi tentativi di ripristinare l’operatività del satellite, nel 2022 l’ESA ha dichiarato formalmente conclusa la missione.
Questo evento ha posto una sfida non solo per la continuità delle osservazioni, ma anche per la gestione del fine vita del satellite. Ora, con il satellite non più operativo, l’attenzione si è spostata sulle fasi finali del suo rientro in atmosfera.
Dopo la conclusione della missione di Sentinel-1B, l’ESA ha avviato le procedure per facilitare il rientro del satellite. Questi processi hanno incluso il progressivo abbassamento dell’orbita, con l’obiettivo di ridurre il tempo necessario per la sua disintegrazione nell’atmosfera. Normalmente, secondo le normative dell’ESA, un satellite deve rientrare entro 25 anni dalla fine della missione, ma nel caso di Sentinel-1B si stima che il rientro avverrà con un anno di anticipo.
Il monitoraggio dell’orbita continua costantemente per garantire che il satellite non crei detriti spaziali. Anche se il satellite è stato passivato, rimuovendo energia residua dalle batterie e scaricando i serbatoi di propellente, la sua traiettoria verrà seguita per tutta la durata del rientro. Il contatto finale con Sentinel-1B è stato stabilito nel settembre 2024, dopo di che è stato disattivato. Ora, resta sotto osservazione da parte dei sistemi europei e statunitensi.
Il rientro del satellite rappresenta anche un test importante per le nuove policy dell’ESA, in particolare l’approccio Zero Debris, volto a ridurre la quantità di detriti spaziali entro il 2030. L’ESA ha implementato procedure rigorose per garantire che i satelliti alla fine della loro vita operativa non rimangano in orbita, riducendo così i rischi di collisioni con altri oggetti nello spazio. Sentinel-1B sarà un esempio concreto di queste politiche, poiché ogni passo verso il suo rientro è stato pianificato con precisione per minimizzare l’impatto ambientale nello spazio.
Questo approccio fa parte di un piano più ampio per migliorare la gestione sostenibile dell’orbita terrestre, già affollata da un numero crescente di satelliti attivi e dismessi. L’ESA ha inoltre lavorato a stretto contatto con altre agenzie spaziali per creare un quadro internazionale che regoli il fine vita di tutte le missioni spaziali, prevenendo la formazione di detriti. L’obiettivo è garantire che eventi come il rientro di Sentinel-1B non diventino una fonte di preoccupazione per la sicurezza delle future missioni o per l’integrità della nostra orbita terrestre.