Iron Dome: come funziona il sistema anti-missilistico israeliano?
Tutte le caratteristiche dell’Iron Dome, il sistema anti-missilistico israeliano messo nuovamente alla prova nella giornata di ieri.
Attivo dal 2011, l’Iron Dome rappresenta una delle tecnologie più avanzate sviluppate da Israele per la difesa contro gli attacchi missilistici. Questo sistema è stato progettato per rispondere in modo efficace agli attacchi con razzi e missili provenienti da zone limitrofe come la Striscia di Gaza. In particolare, la necessità di un sistema di difesa così sofisticato è emersa durante il conflitto con Hezbollah nel 2006, quando Israele subì numerosi attacchi con razzi. Iron Dome è diventato operativo nel 2011 ed è considerato uno dei pilastri della sicurezza nazionale israeliana.
La struttura dell’Iron Dome è composta da tre elementi principali che lavorano insieme per garantire l’intercettazione dei razzi. Il primo componente è il radar, incaricato di rilevare i razzi in arrivo e calcolarne la traiettoria. Il secondo elemento è il missile intercettore Tamir, che viene lanciato per distruggere i razzi in volo. Infine, c’è il centro di comando e controllo, dove il software analizza i dati del radar e decide se lanciare un intercettore. Questa combinazione ha reso il sistema estremamente efficace nel proteggere le aree civili da attacchi potenzialmente devastanti.
Nel corso degli anni, l’efficacia dell’Iron Dome è stata al centro di numerosi dibattiti, specialmente per quanto riguarda la sua capacità di dissuadere effettivamente gruppi militanti come Hamas. Israele sostiene che il sistema abbia una percentuale di successo del 90%, ma alcuni esperti, come Jean-Loup Samaan dell’Università di Singapore, sottolineano che tale cifra è difficile da verificare in modo indipendente. Questo perché l’Iron Dome viene attivato solo per intercettare missili che minacciano zone abitate, lasciando che quelli diretti verso aree disabitate cadano senza intervento.
Un altro aspetto da considerare è l’impatto strategico dell’Iron Dome sul conflitto in corso. Nonostante l’alta percentuale di intercettazione, i gruppi militanti palestinesi continuano a lanciare razzi contro Israele, dimostrando che, sebbene il sistema sia efficace a livello operativo, non riesce a fungere da deterrente a lungo termine. Anzi, con l’intensificarsi dei conflitti, come visto nell’ottobre 2023, la quantità di razzi lanciati da Hamas ha messo a dura prova la capacità del sistema di intercettare ogni attacco.
L’Iron Dome e la sua efficacia sul campo
Il 7 ottobre scorso, Hamas ha lanciato migliaia di razzi verso Israele in un attacco a sorpresa, colpendo duramente il paese e riaccendendo il conflitto israelo-palestinese. Questa ondata massiccia ha messo a dura prova l’Iron Dome, dimostrando che anche un sistema tecnologicamente avanzato può essere sopraffatto quando il numero di razzi lanciati supera la sua capacità di intercettazione. Secondo alcune stime, Hamas ha lanciato tra i 2.500 e i 5.000 razzi nelle prime ore dell’attacco.
La quantità elevata di missili ha fatto emergere il limite di saturazione del sistema, poiché l’Iron Dome può gestire solo un certo numero di attacchi simultanei. Questo evento ha messo in evidenza una delle principali vulnerabilità del sistema, nonostante il suo successo nel proteggere aree civili da attacchi di dimensioni più contenute. Inoltre, il conflitto ha sollevato preoccupazioni sul fatto che, se Hezbollah, con il suo arsenale di centinaia di migliaia di razzi, dovesse intervenire nel conflitto, la capacità di difesa di Israele verrebbe rapidamente sopraffatta, aumentando il rischio di una crisi regionale più ampia.
La risposta dell’Iron Dome all’Iran
Oltre agli attacchi provenienti da Gaza, l’Iron Dome è stato recentemente messo alla prova durante un’offensiva iraniana nell’aprile 2024 e di ieri, 1 ottobre 2024. Lo scorso aprile, in risposta a un sospetto attacco israeliano a un consolato iraniano in Siria, Teheran ha infatti lanciato circa 300 droni, missili balistici e missili da crociera verso Israele. Anche se molti di questi attacchi sono stati intercettati con successo, l’operazione ha mostrato quanto sia cruciale mantenere il sistema ben rifornito e aggiornato. Un altro attacco, avvenuto ieri, ha visto in campo 200 missili iraniani verso Israele. Anche questa volta il sistema anti-missilistico ha funzionato: sono stati registrati solo un paio di feriti in suolo israeliano.
Negli ultimi mesi, gli Stati Uniti hanno contribuito significativamente al rifornimento del sistema, inviando intercettori aggiuntivi per garantire che l’Iron Dome possa continuare a proteggere il territorio israeliano. Il costo di mantenere operativo il sistema è estremamente elevato: ogni missile intercettore Tamir ha un costo stimato di 50.000 dollari, ciò rende il supporto finanziario da parte degli Stati Uniti una componente essenziale per la sostenibilità del sistema. Dal 2011, gli Stati Uniti hanno fornito quasi 3 miliardi di dollari per il finanziamento e la manutenzione dell’Iron Dome, ribadendo l’importanza del sistema nella difesa israeliana e la stretta cooperazione tra i due paesi.