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Astronave aliena o Asteroide: risolto il giallo che accompagna l’impatto da 7 anni | Le prove sono sui fondali dell’Oceano Pacifico

Rappresentazione artistica dell’asteroide interstellare Oumuamua

Un sigaro spaziale (ESO/M. Kornmesser foto) - www.aerospacecue.it

Una spedizione di scienziati nell’Oceano pacifico potrebbe aver fatto luce su un mistero che ci assale da 7 anni.

I corpi celesti provenienti dallo spazio interstellare hanno sempre suscitato un grande fascino e curiosità. Questi oggetti, che solcano il nostro sistema solare, rappresentano un’opportunità unica per gli scienziati di studiare materiali e fenomeni al di là dei confini del nostro sistema planetario. La scoperta di tali oggetti spesso porta a teorie avvincenti e a volte controverse riguardo la loro origine e composizione.

Uno dei casi più noti è quello di Oumuamua, l’oggetto interstellare avvistato per la prima volta nell’ottobre 2017. Questo corpo celeste, con la sua forma allungata e il comportamento peculiare, ha alimentato discussioni tra gli scienziati su una possibile origine artificiale. Nonostante la maggior parte degli esperti concordi sul fatto che si tratti di un fenomeno naturale, alcuni, come il professor Avi Loeb di Harvard, hanno suggerito che potrebbe trattarsi di una sonda inviata da una civiltà extraterrestre.

La teoria di Loeb ha ricevuto molta attenzione mediatica e ha aperto un dibattito sulla possibilità che il nostro sistema solare possa essere visitato da tecnologia interstellare. Oumuamua ha mostrato caratteristiche insolite, come la sua accelerazione non spiegabile solo con la gravità solare, che hanno portato a ipotesi alternative come quella di una vela solare.

Il dibattito su Oumuamua ha portato alla luce altri potenziali oggetti interstellari, come il meteorite IM1, scoperto nel 2014. Questo meteorite, che si ritiene abbia origine interstellare, ha fornito un ulteriore campo di ricerca per Loeb e il suo team. La scoperta di frammenti metallici nella sua scia ha riacceso la speranza di trovare prove tangibili di tecnologia extraterrestre.

Resti di una ‘navicella aliena’ trovati nel Pacifico

Durante una spedizione nel Pacifico, il team guidato dal professor Avi Loeb ha recuperato 50 minuscoli frammenti sferici di ferro dal sito di impatto del meteorite IM1. Questi frammenti, perfettamente rotondi, sono stati trovati utilizzando una slitta magnetica, suggerendo che potrebbero provenire da un ambiente naturale diverso dal nostro sistema solare o da una civiltà tecnologica extraterrestre.

La missione, durata due settimane, ha visto la partecipazione di circa due dozzine di persone tra scienziati, membri dell’equipaggio e documentaristi. Loeb ha sottolineato che IM1 è più resistente e ha una forza materiale superiore rispetto a qualsiasi altro oggetto spaziale catalogato dalla NASA, rendendolo un caso eccezionale. I frammenti di ferro trovati durante la spedizione sono stati analizzati preliminarmente a bordo della nave, ma ulteriori studi saranno condotti nei laboratori di Harvard. L’analisi chimica preliminare ha rivelato che il ferro è il componente dominante di questi frammenti, supportando l’ipotesi che possano essere di origine interstellare.

Pallina trovata nell'oceano, potrebb essere di originale extraterrestre
Le prove sono sui fondali dell’Oceano Pacifico (Avi Loeb/Medium foto) – www.aerospacecue.it

Il ruolo della Galileo Project Expedition

La Galileo Project Expedition, finanziata con 1,5 milioni di dollari raccolti indipendentemente, ha l’obiettivo di cercare prove materiali di civiltà extraterrestri. Loeb, che è stato spesso al centro di controversie per le sue teorie, ritiene che la scoperta di questi frammenti possa rappresentare la prima volta che l’umanità mette le mani su materiale interstellare. La spedizione nel Pacifico è stata un successo non solo per la raccolta di frammenti, ma anche per aver portato attenzione alla possibilità che la Terra possa essere visitata da tecnologia interstellare.

La conferma dell’origine interstellare di IM1 da parte del comando spaziale degli Stati Uniti ha dato ulteriore credibilità alle teorie di Loeb. Con i frammenti ora in laboratorio, il team di Loeb potrà eseguire analisi dettagliate per determinare l’esatta composizione chimica e isotopica. Questo potrebbe rivelare indizi cruciali sull’origine di IM1 e, forse, confermare l’ipotesi di una civiltà extraterrestre tecnologicamente avanzata.