Origami: come sono utilizzati in ambito aerospaziale
L’arte degli origami sta tornando utile al mondo dell’ingegneria e dell’esplorazione spaziale. Le applicazioni pratiche per questa antica forma d’arte giapponese trovano impiego tra spazio, medicina, robotica e architettura.
Robert Lang, ingegnere e fisico che lavorava alla NASA, piegava la carta ottenendo forme uniche. Per farlo si affidava agli origami, appunto l’arte del piegare la carta. Egli non segue le regole giapponesi, ma utilizza la matematica e la geometria per trovare la soluzione migliore e ottenere il risultato cercato.
Origine degli origami
La storia dell’origami segue l’invenzione della carta, che si fa risalire ufficialmente al 105 d.C. in Cina. La caratteristica fondamentale di questo materiale era quello di poter essere piegato e di mantenere la piega. L’origami potrebbe essere nato allora, ma non esistono notizie precise; occorre aspettare il 610 d.C., quando un monaco buddista portò la tecnica per la fabbricazione della carta in Giappone. La carta non serviva per la realizzazione modelli, ma per creare figure astratte aventi un significato simbolico e rituale, seguendo rigide regole formali.
Come viene sviluppata la tecnica
Oggi esistono aziende che si dedicano esclusivamente allo studio e alla realizzazione di disegni per molteplici settori tecnologici, riuscendo a trasformare un foglio di carta in qualsiasi forma utilizzando schemi di piegatura. La tecnica di base prevede di trasformare un foglio di carta piatto in una forma tridimensionale mediante tecniche di piegatura lungo le linee segnate sulla carta.
Inoltre sono importanti i segmenti, gli angoli, i poligoni, le figure piane, le figure tridimensionali, numeri e lunghezze. Si tratta di un ambiente di progettazione che riunisce ingegneri, fisici e matematici, per sviluppare modelli per creare oggetti di qualsiasi forma. Si parte dalla realizzazione di figure semplici quali aeroplanini di carta, barche, figure di animali, oppure disegni più complessi come figure geometriche, strutture mobili, disegni pieghevoli e persino meccanismi stabili.
Robert J. Lang: il fisico degli origami
Robert J. Lang nato nel 1961, è un fisico americano e teorico di origami. La sua arte si dedica a figure complesse ed eleganti, quali insetti o animali. Ha studiato la matematica degli origami e ha utilizzato i computer per studiare le teorie dietro gli origami, fornendo applicazioni reali degli origami a problemi di ingegneria.
Dal 2001 Lang ha abbandonato il suo lavoro come fisico e ingegnere al Jet Propulsion Laboratory dell’agenzia spaziale statunitense e si è dedicato a tempo pieno agli origami, diventando uno dei massimi esperti al mondo.
Applicazioni aerospaziali
Applicate all’ambiente aerospaziale possiamo vedere come queste tecniche trovano da anni applicazione nelle zattere di salvataggio pieghevoli degli aerei, in grado di adattarsi in piccoli spazi e dispiegarsi in pochissimo tempo e nelle rampe di evacuazione di emergenza. Un’altra applicazione innovativa è progettazione degli ugelli di uscita dei motori degli aerei a reazione, che possono virare rapidamente in varie direzioni, espandendosi e contraendosi in modo controllato, conferendo all’aereo una grande manovrabilità.
Le tecniche degli origami emergono anche nello spazio. Tra le molteplici applicazioni vi è il ripiegamento e la distribuzione dei pannelli solari sui satelliti. Nel 1995, il primo origami fu lanciato utilizzando una tecnica nota come Miura-ori. Essa consisteva in un pannello solare piegato in un piccolo spazio, che poteva essere rapidamente dispiegato per alimentare il satellite.
Attualmente esiste un design ancora più efficace chiamato Origami Flasher. Si tratta di un modello pieghevole che consente ai pannelli solari di grandi dimensioni di essere ancora più compatti al momento del lancio. Questo aumenta l’affidabilità nell’implementazione. Questa tecnica sta migliorando per ridurre la dimensione dei pannelli fino a 10 volte la loro dimensione.
Origami impiegati nei telescopi
Le tecniche degli origami fanno già parte dello sviluppo dei telescopi spaziali. Ad esempio il telescopio spaziale James Webb prevede 18 specchi pieghevoli, costituiti da parti esagonali in berillio. Questi 18 specchi formano una superficie di raccolta totale di 6,5 m di diametro. Si tratta di un aumento considerevole rispetto allo specchio principale di Hubble, un unico pezzo di 2,4 metri di diametro. Poiché attualmente non esiste un razzo in grado di trasportare qualcosa di queste dimensioni in un unico pezzo, gli ingegneri, utilizzando tecniche e modelli di origami, sono riusciti a piegare questi specchi in un modo che consenta loro di essere trasportati e dispiegati in sicurezza. Per la NASA, raggiungere questa impresa è una pietra miliare che apre la strada allo sviluppo di altri oggetti più grandi e complessi che miglioreranno lo studio dell’universo.