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Meteore interstellari: facciamo chiarezza sulle origini “aliene” di IM1

meteore interstellari

Lo studio delle meteore interstellari è uno dei settori più affascinanti dell’astronomia. Di recente, l’ex presidente del Dipartimento di Astronomia di Harvard, Avi Loeb, ha attirato l’attenzione del mondo scientifico. Infatti, è stato il protagonista di una straordinaria spedizione oceanica alla ricerca di frammenti di quella che lui afferma essere la prima meteora interstellare conosciuta. Questo viaggio nell’oceano Pacifico, vicino alla Papua Nuova Guinea, ha sollevato una serie di controversie nella comunità scientifica. In questo articolo, esploreremo le sfide che si presentano nel tentativo di confermare l’origine di questi frammenti e il dibattito che ha scosso il mondo dell’astronomia.

Che cos’è la meteora IM1?

All’inizio, l’oggetto denominato IM1 era poco più di una serie di numeri archiviati in un database online, sotto la denominazione tecnica “CNEOS 2014-01-08”. I meteoriti possono sfuggire facilmente all’osservazione degli astronomi. Infatti, la vastità del firmamento rende impossibile monitorare ogni angolo e la sensibilità di molti telescopi spesso non basta a individuare oggetti di piccole dimensioni. Quando IM1 si è schiantato sulla Terra nel 2014, nessuno si è accorto di nulla. L’unica testimonianza della sua presenza è stata fornita dal governo degli Stati Uniti, il cui sofisticato sistema di sensori ha tracciato la sua traiettoria, velocità e altitudine mentre attraversava l’atmosfera sopra l’oceano Atlantico, nei pressi del Portogallo.

Tuttavia, nel database erano presenti dettagli che hanno catturato l’attenzione del professor Avi Loeb soprattutto per l’incredibile velocità di IM1. Poiché le stelle della Via Lattea si muovono costantemente, trascinando con sé i loro sistemi, qualsiasi oggetto proveniente da uno di questi sistemi eredita la sua velocità di percorrenza. Mentre si avvicinava al nostro Sistema Solare, l’attrazione gravitazionale del Sole ha accelerato ulteriormente l’oggetto. Per questo, è ragionevole aspettarsi che i meteoriti interstellari abbiano una velocità superiore rispetto a quelli di origine solare.

La scoperta di IM1 e la spedizione nel Pacifico

Tutto ha avuto inizio quando il professor Loeb ha attirato l’attenzione del mondo scientifico con una sua teoria audace e affascinante. Nel 2019, quando si è imbattuto in questo oggetto noto come “IM1”, ha dichiarato che la sua origine fosse al di fuori del nostro Sistema Solare. Questa teoria ha attirato l’attenzione della comunità scientifica e del pubblico, aprendo le porte a un dibattito intenso sulla natura di questo oggetto celeste. Deciso a ottenere prove concrete per la sua teoria, Avi Loeb ha quindi organizzato una spedizione oceanica. Con il sostegno finanziario dell’imprenditore delle criptovalute Charles Hoskinson, Loeb ha formato un team di esperti e ha intrapreso una missione verso l’oceano aperto al largo dell’isola di Manus, nella Papua Nuova Guinea.

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Credit: Abraham Loeb

Dotato di un dispositivo unico chiamato “gancio interstellare”, Loeb ha cercato di recuperare frammenti di IM1 dal fondale oceanico. La sua speranza era quella di analizzarli per determinare se la loro composizione potesse confermare l’origine interstellare. Delle origini di questa roccia spaziale sappiamo che l’8 gennaio 2014 esplose sopra l’oceano Pacifico. Misurando approssimativamente 1,6 piedi (cioè 0,5 metri) di diametro, l’IM1 ha attirato l’attenzione di Loeb proprio per la sua natura potenzialmente interstellare. Attratto dalle possibilità che questa meteora potesse provenire da regioni cosmiche remote, Loeb ha deciso di intraprendere questa missione pionieristica per raccogliere prove tangibili. Pare che la spedizione abbia portato alla luce un ritrovamento straordinario: decine di minuscole sfere metalliche, con un diametro che si aggira sotto il millimetro.

La teoria sui frammenti di IM1

Secondo l’analisi di Loeb, IM1 non solo viaggiava più rapidamente del nostro Sistema Solare, ma superava anche il 95% delle stelle nelle vicinanze. Questo, secondo Loeb, suggerisce chiaramente la sua natura interstellare. Tuttavia, anche tenendo conto di questa sorprendente velocità, rimaneva poco chiaro come l’oggetto avesse potuto raggiungere tale slancio. Un altro aspetto intrigante di IM1 è la sua eccezionale resistenza. Contrariamente alle aspettative, il meteorite non si è disintegrato nell’atmosfera superiore, ma ha resistito fino a raggiungere l’atmosfera inferiore. La sua composizione rimane ancora un enigma, ma ciò che è certo è che era incredibilmente robusto, più forte persino dell’acciaio.

Arriviamo al 2017, quando l’arrivo di Oumuamua nel nostro Sistema Solare ha stupito e confuso gli scienziati. La sua traiettoria insolita e la forma allungata hanno sollevato domande sulla sua natura e origine. Mentre molti scienziati hanno suggerito spiegazioni naturali, il professor Avi Loeb ha proposto un’ipotesi insolita, cioè che Oumuamua potesse essere un velivolo spaziale alieno. Questa teoria è stata oggetto di accese discussioni e dibattiti, spingendo Loeb a ulteriori ricerche a sostegno della sua teoria. Esplorando il fondale dell’oceano Pacifico, ha cercato frammenti della meteora IM1, schiantata al largo della Papua Nuova Guinea. Il team di Loeb ha recuperato 50 piccoli frammenti sferici, suggerendo un’origine non solare.

La teoria di Loeb non è emersa dal nulla. Sin dal 2017, ha sostenuto che la Terra potrebbe essere stata visitata o persino invasa da una tecnologia interstellare. Oumuamua, secondo Loeb, potrebbe essere stato solo uno dei molti oggetti interstellari che hanno attraversato il sistema solare. La sua ipotesi era che Oumuamua e IM1 potessero essere solo la punta dell’iceberg, perché il Sistema Solare potrebbe essere stato visitato da tecnologia interstellare in passato.

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Credit: EYOS

Il dibattito scientifico sulle meteore interstellari

Il professor Loeb e la sua squadra stanno cercando di rivelare la composizione chimica e isotopica dei frammenti recuperati per confermare l’ipotesi di meteore interstellari. Questo potrebbe aiutarli a determinare se i frammenti siano effettivamente di origine extraterrestre o se esistano spiegazioni alternative. Diversi scienziati ed esperti hanno sollevato dubbi sulla validità delle sue affermazioni. Uno dei principali punti di disaccordo riguarda l’interpretazione dei dati e delle prove raccolte. Molti scienziati ritengono che la connessione tra la meteora IM1 e le sfere metalliche recuperate da Loeb sia ancora da dimostrare. Inoltre, ci sono preoccupazioni sull’accuratezza dei dati utilizzati per supportare l’ipotesi dell’origine interstellare. Il dibattito sull’origine di IM1 e sulla validità delle affermazioni di Loeb continua a infiammarsi. Molti scienziati sono cauti nel trarre conclusioni affrettate, sottolineando la necessità di prove rigorose. Alcuni sostengono che le prove attuali non siano sufficienti per stabilire definitivamente l’origine interstellare di IM1 e delle sfere recuperate durante la spedizione.

L’analisi dei frammenti delle meteore interstellari

La parte più critica della spedizione è stata la ricerca frammenti di IM1 sul fondale oceanico. Utilizzando tecniche avanzate di immersione e recupero, il team di Loeb ha esplorato le profondità marine alla ricerca di indizi che potrebbero rivelare l’origine di questa meteora. Le sfide tecniche e logistiche hanno reso questa fase un’impresa complessa, ma il potenziale di scoperta ha alimentato la determinazione del team. Dopo intensi sforzi, gli esperti sono riusciti a recuperare i campioni dal fondale oceanico. Questi frammenti, presunti pezzi di IM1, sono diventati oggetto di un’attenta analisi. I geologi marini e gli scienziati hanno studiato la composizione chimica dei campioni, cercando indizi che potessero confermare l’ipotesi dell’origine interstellare.

Analisi dettagliate hanno rivelato isotopi insoliti e tracce di materiali che non corrispondevano a quelli tipicamente associati alle rocce terrestri. Questi risultati hanno rafforzato la teoria di Loeb e hanno aperto nuovi scenari sulla provenienza di IM1. L’alta velocità ha portato Loeb e il suo team a esplorare ulteriormente le possibili spiegazioni. Secondo la sua teoria, la velocità di rotazione potrebbe essere il risultato delle forze di marea causate dalla vicinanza di una stella madre. Questa prospettiva ha sollevato interrogativi sul sistema stellare di origine di IM1 e ha suggerito che potrebbe essere stata influenzata da forze cosmiche finora sconosciute.

Il futuro delle ricerche

Se la teoria di Avi Loeb fosse confermata, avrebbe profonde implicazioni per la nostra comprensione dell’universo. L’idea che meteore interstellari possano attraversare vaste distanze cosmiche per raggiungerci aprirebbe nuove prospettive sulla diffusione della vita e dei materiali nel cosmo. Inoltre, potrebbe spingere gli scienziati a rivalutare modelli esistenti di formazione planetaria e scambio interstellare di materia. L’audace spedizione di Avi Loeb alla ricerca di prove sull’origine interstellare di IM1 è solo l’inizio di un avvincente viaggio scientifico. La continua analisi dei campioni oceanici, insieme alla raccolta di nuovi dati e osservazioni, potrebbe fornire ulteriori dettagli sulla natura di IM1 e sulla sua provenienza.