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Terran 1: decollato con successo il primo razzo stampato in 3D

“Good Luck, Have Fun”, “Buona Fortuna, Divertiti” questo è il nome della missione che ha visto il decollo del primo razzo composto per un 85 per cento da componenti in stampa 3D, il Terran 1. Un nome che descrive bene la morale del lancio e della stessa azienda, la start-up “Relativity Space”.

Chi è la Relativity Space?

Relativity Space è una grande azienda aerospaziale americana fondata nel 2015 da Tim Ellis (il CEO) e Jordan Noone (il CTO), due ex-studenti dell’Università della California del Sud e ingegneri della Blue Origin, l’azienda di Jeff Bezos.

Prima di fondare l’azienda, Tim Ellis si occupava di costruire e studiare come introdurre i componenti 3D nei razzi della Blue Origin, ed era stato riconosciuto per aver trasformato la stampa 3D in metallo in una pratica comune per i componenti dei razzi.

Un razzo quasi interamente stampato in 3D

Nel 2015 Tim Ellis ebbe un’idea: costruire un intero razzo in stampa 3D. Il potenziale della produzione additiva è illimitato, il tempo di costruzione verrebbe più che dimezzato con il CEO che punta addirittura a un tempo di 60 giorni.

Si sono impiegati molto più di 60 giorni per costruire il Terran 1 ed assicurarne il decollo, ma Relativity Space vuole ridurre il processo di produzione di un intero razzo a due mesi. Un obiettivo raggiungibile? Solo il tempo potrà dirlo, ma se Relativity ne uscisse vincitrice, il futuro dell’ingegneria aerospaziale verrebbe completamente rivoluzionato.

Il sogno di creare una base di lancio sulla Luna diventerebbe molto più tangibile. I componenti verrebbero così costruiti in loco invece di essere portati da Terra. E poi, il costo dei lanci spaziali si ridurrebbe parecchio: le vacanze spaziali potrebbero diventare una realtà.

Il primo tentativo: Terran 1

Il 23 Marzo scorso, la Relativity ha lanciato il suo primo razzo costruito con una percentuale di componenti 3D dell’85%: il Terran 1. Originariamente il lancio era previsto per l’8 Marzo, ma si è rivelato un azzardo, con la Relativity che voleva lanciare il razzo prima di aver completato tutti i test. Infatti, alcune analisi precedenti al lift off hanno rivelato un carico maggiore del previsto per il secondo segmento.

Un secondo tentativo era stato programmato per l’11 Marzo, ma le condizioni atmosferiche lo hanno impedito. Lanciare un razzo spaziale è un processo complicato e le condizioni atmosferiche devono essere abbastanza buone da permettere il decollo. Quel giorno i venti di Cape Canaveral hanno bloccato il Terran 1 a terra per oltre un’ora. E quando i venti si sono calmati abbastanza da almeno tentare il lancio, la presenza di una nave lungo la traiettoria ha portato il team ad alzare bandiera bianca.

Finalmente, il 23 Marzo il Terran 1 è decollato con successo da Cape Canaveral e, sebbene non abbia raggiunto la quota desiderata di 185 km in orbita LEO (Low Earth Orbit, in orbita bassa), ha comunque dimostrato di essere il futuro dell’ingegneria spaziale.

La missione era stata divisa in due segmenti: il primo che avrebbe portato il Terran fuori dall’atmosfera terrestre, ed il secondo che lo avrebbe inserito in orbita. Il primo segmento misurava 6.8 metri di lunghezza con un diametro di 3 metri e sopporta un carico fino a 1250 kg. Il primo segmento è partito con successo e quando ha raggiunto la quota prevista si è staccato dal razzo come previsto.

I problemi sono iniziati con il secondo segmento: con una lunghezza di 8.1 metri e un diametro di 2.3 metri, il secondo segmento doveva raggiungere facilmente l’orbita desiderata. Purtroppo, un’anomalia dei motori ne ha compromesso l’accensione corretta, e il Terran 1 non è riuscito ad entrare in orbita. Tuttavia, il volo non è stato un completo fallimento. La Relativity Space ha dimostrato che il volo è possibile e che presto potrebbe diventare la nuova normalità.

Innovazioni non solo stampate

Il Terran 1 è un razzo innovativo anche per il propellente che lo aziona: il metano. Infatti, i suoi nove motori “Aeon 1”, anche questi disegnati e costruiti dalla Relativity Space, bruciano metano e ossigeno liquido, producendo una spinta di 100 kN.

Il metano liquido per il momento è un propellente costoso; per essere utilizzato deve passare una serie di lavorazioni ed è impegnativo da estrarre. Tuttavia, è anche una delle soluzioni più green rispetto ai propellenti solidi attuali, come il cherosene.

Ma questi motori producono una spinta molto bassa, sufficiente solo per entrare in orbita bassa. Infatti, a breve la start up ha già in mente di sostituire i nove motori Aeon 1 con un unico motore Aeon R, sviluppato per il nuovo razzo Terran-R.

Un altro motivo per cui la Relativity Space è una start-up così studiata in questi giorni è il loro approccio alla stampa 3D con un’Intelligenza Artificiale. L’azienda, infatti, non ha solo creato da sé le sue immense stampanti 3D, le Stargate, ma ha anche introdotto l’utilizzo di una AI per semplificare il design del veicolo.

Terran 1: cosa potremmo aspettarci per il futuro?

La Relativity Space ha già in programma una serie di lanci da effettuare, con un calendario pieno per il 2023. Durante questi primi mesi avremo una serie di collaborazioni, con l’azienda che ha già firmato molti contratti con altre start up e anche con la stessa NASA. La Relativity, poi, non si fermerà di certo qui. Il Terran-R ha bisogno di ancora molto studio prima di essere lanciato e Tim Ellis ha ancora molti assi nella manica.

Se il sogno di Tim Ellis dovesse rivelarsi un successo, questo cambierebbe completamente il panorama dell’ingegneria aerospaziale. I razzi verrebbero a costare molto meno dei milioni di dollari attuali e un veicolo spaziale riuscirebbe ad essere costruito a 60 giorni dalla commessa, diminuendo di molto il tempo di attesa.

E il sogno di una base sulla Luna o su Marte, per ora ancora fantascienza, risulterebbe molto più tangibile. Invece di portare su e assemblare tutti i componenti, questi potrebbero essere costruiti in tempo reale grazie alle enormi stampanti 3D Stargate. Ma per ora possiamo solo osservare i lanci di Terran 1 e augurarle Buona Fortuna!

A cura di Michela Carrossa