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Esopianeti scoperti: due “Terre” potrebbero ospitare la vita

Si chiamano GJ 1002 b e GJ 1002 c, i due nuovi pianeti extrasolari scoperti da un gruppo di ricerca internazionale. Tra i vari collaboratori allo studio, ci sono anche ricercatori nostrani dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Sono anche detti esopianeti per via della loro non appartenenza al sistema solare, in quanto orbitano attorno ad una stella diversa dal Sole.

I due nuovi esopianeti potenzialmente abitabili

Infografica che mette a confronto le dimensioni dei pianeti del nostro Sistema solare con le due eso-Terre scoperte attorno alla stella Gj 1002, denominate Gj 1002 b e Gj 1002 c. Credits: Alejandro Suárez Mascareño / Nasa. Fonte: Inaf.

Ad oggi, tali corpi celesti conosciuti sono molti, ma quelli che più interessano gli scienziati, ovviamente, sono quelli simili alla terra. Al punto che esiste una lista degli esopianeti potenzialmente abitabili basata su dati scientifici. Questa volta a guidare la scoperta è intervenuto lo Iac, l’Istituto Astrofisico delle Canarie, insieme alle istituzioni italiane.

Le caratteristiche dei nuovi oggetti interplanetari sono estremamente interessanti. Con una massa simile alla terra, entrambi distano dalla loro stella il giusto affinchè l’acquasi mantenga allo stato liquido. Condizione questa, ritenuta indispensabile per ospitare forme di vita. I due pianeti orbitano attorno ad una stella con massa pari al 12% rispetto al Sole, la nana rossa Gj 1002. Gli esperti la considerano alla stregua di Proxima Centauri, la stella a noi più prossima. La distanza di Gj 1002 è relativamente “breve”: solo 16 anni luce dalla terra. Questo numero è abbastanza piccolo da un punto di vista quantitativo, se inserito all’interno di un contesto inimmaginabile come l’universo conosciuto.

Situati nei pressi della Costellazione della Balena, i due pianeti hanno un periodo di rivoluzione molto breve. Gj 1002 b impiega 10 giorni, mentre Gj 1002 c 21 giorni per effettuare un ciclo completo. Il fatto che la nana rossa Gj 1002 sia una gemella di proxima Centuari spiega perchè la fascia abitativa è nelle sue immediate vicinanze. Ed ecco perchè, pur avendo una breve distanza dal loro astro i due pianeti potrebbero ospitare la vita.

Gli strumenti che hanno permesso la scoperta e i futuri piani di studio per i due esopianeti

Lo studio, pubblicato su sulla rivista Astronomy & Astrophysics, ha visto l’utilizzo di potenti tecnologie ad uso degli scienziati. Stiamo parlando degli spettrografi del del Very Large Telescope in Cile e un doppio spettrografo a fibra ottica dell’osservatorio spagnolo di Calar Alto. ESPRESSO e CARMENES, questi rispettivamente i loro nomi, hanno identificato la nana rossa Gj 1002 in due tempi differenti.

Combinando poi i dati dei due strumenti gli scienziati sono riusciti a risalire alla presenza degli esopianeti. I dataset provenivano da periodi lontani tra di loro nel tempo, infatti si è cominciato con materiali frutto di osservazioni del 2019. Per finire al 2021 a causa di un ritardo dovuto alla pandemia.

La Spettroscopia e i metodi usati

Tra le tecniche utilizzate per lo studio, quella del Transito ( variazione del tempo di Transito) e il metodo della velocità radiale. Il primo, più promettente, si basa su una sorta di effetto di eclissi. Infatti, sfrutta la rivelazione della curva di luce di una stella quando diminuisce di qualche punto percentuale per via del passaggio di un pianeta davanti ad essa. Insomma, osservata la stella, se la sua luminosità diminuisce a intervalli regolari forse è perché c’è un potenziale esopianeta.

Il secondo approccio, tratta di grandezze specifiche e sfrutta l’emissione di radiazione elettromagnetica dell’astro osservato. In particolare, sfrutta l’osservazione dell’effetto Doppler nello spettro di una stella. Questo si osserva in una prima fase insieme alla misurazione delle lunghezze d’onda che oscillano in un arco di tempo. Le variazioni, potrebbero indicare un cambiamento della velocità radiale della stella, a sua volta segno della possibile presenza di un esopianeta!

Per quanto riguarda invece gli sviluppi futuri della vicenda, un ricercatore italiano dell’Inaf assicura un ruolo centrale per il nostro paese. L’istituto infatti, ha progetto un componente (lo spettrografo Andes) che farà parte del futuro Extremely Large Telescope dell’European Southern Observatory. Attualmente in costruzione in Cile, sarà il più grande telescopio al mondo, anche del James Webb. Andrà a caccia di un’atmosfera sui pianeti, in particolare per individuare la presenza di ossigeno.

Cosa rende un corpo celeste un esopianeta potenzialmente abitabile

Da un punto di vista scientifico, ci sono diversi indici che classificano un esopianeta potenzialmente abitabile. In ogni caso, per categorizzarlo come tale gli scienziati si basano comunque su dei modelli da cui stimano la temperaura. Grandezza che derivano con gli unici dati a disposizione che sono la massa, la densità e la distanza dalla stella. Infatti, le vere e proprie condizioni chimiche e termiche di questi pianeti sono sconosciute.

Ciò che sono stati in grado di notare però è che quasi tutti i pianeti potenzialmente abitabili orbitano attorno a stelle di tipo M. Queste sono in genere più piccole del Sole e la nana rossa Gj 1002 scoperta di cui si parla in questo articolo non fa eccezione. Le stelle di tipo M sono poco luminose e la loro zona abitabile (regione dove è teoricamente possibile per un pianeta mantenere acqua liquida) è abbastanza vicina.

Da queste considerazioni, sorge spontanea la riflessione per la quale i media alle volte esagerano con le affermazioni. E per questo che parliamo allora di esopianeti “potenzialmente” abitabili, che costituiscono quindi dei possibili candidati alla vita.

Gli indici di abitabilità

Una misura di quanto un pianeta sia fisicamente simile alla terra si esprime con il così detto Earth Similarity Index. Il valore minimo di questa scala è 0 e quello massimo, riferito al pianeta Terra, è 1. Noto con la sigla ESI, esso tiene conto di diversi fattori come il raggio, la velocità di fuga, la temperatura e la densità del corpo.

Si tratta comunque di stime, che alle volte si basano su altre caratteristiche. Tuttavia non è detto che solo questo valore influenzi la possibilità che l’esopianeta sia abitabile. Oltre all’ESI si prendono in considerazione ad esempio altri parametri, di cui riportiamo qui alcuni dei più conosciuti:

  • L’SPH (Standard Primary Habitability) , che indica quanto il corpo è idoneo a ospitare vegetazione.
  • L’HZD (Habitable Zone Distance), ossia la distanza dal centro della zona abitabile.
  • L’HZC (Habitable Zone Composition) che raggruppa i corpi per composizione (pianet terrosi, con acqua ecc.) e varia da -1 a +1.
  • L’HZA (Habitable Zone Atmosphere) che esprime la capacità di un corpo celeste di avere un’atmosfera. Quelli idonei alla vita di solito hanno un valore compreso tra -1 e +1.