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Orbita retrograda: cos’è e perché verrà usata da Orion, la capsula di Artemis 1?

Dopo la conferma dell’ uscita dalla zona d’ombra della Luna, la capsula Orion ha ottenuto la spinta necessaria per allontanarsi verso un’orbita più distante. Attorno alle 22:52 ore italiane del 25 novembre il veicolo arriverà a oltre 432.000 km dalla Terra, circa 70 mila km dalla superficie lunare. L’orbita nella quale si troverà si chiama orbita retrograda distante (DRO).

Credits Nasa

Cos’è un orbita retrograda distante?

Le orbite retrograde distanti (DROs distance retrograde orbits) appartengono ad una famiglia di orbite non kepleriane, con la caratteristica di possedere un alto grado di stabilità. Esse permettono di assumere, almeno per un’analisi preliminare, che il percorso orbitale rimanga imperturbato, dando maggior significato alle soluzioni periodiche. Una DRO, essendo quindi linearmente stabile, offre potenziali utilizzi per le missioni. Viceversa, le strutture instabili che esistono in prossimità delle DROs possono essere disponibili per avvicinarsi o allontanarsi dalle DROs a bassa energia.

Famiglie DRO attorno alla Luna, Credits COUPLED DYNAMICS OF LARGE SPACE STRUCTURES IN LAGRANGIAN POINTS Lorenzo Bucci, Michele Lavagna

La capsula Orion: perché usa un’orbita retrograda

Sfruttando una DRO possiamo orbitare per molto tempo attorno alla Luna senza effettuare manovre correttive. La DRO consentirà ad Orion di trascorrere più tempo nello spazio profondo per garantire che i sistemi del veicolo spaziale, come ad esempio navigazione, comunicazione e controllo termico siano pronti a mantenere gli astronauti al sicuro nelle future missioni con equipaggio. Inoltre, trattandosi di un’ orbita estremamente affidabile, sarà possibile evitare sia una continua correzione della rotta sia l’utilizzo di molto carburante.

Credits Derek Richardson,Spaceflight Insider,Orbital Velocity

Cosa farà Orion

Utilizzando l’orbita retrograda, la capsula si muoverà intorno alla Luna nella direzione opposta a quella in cui la Luna si muove intorno alla Terra. DRO è altamente stabile a causa delle sue interazioni con due punti lagrangiani del sistema pianeta-luna in cui gli oggetti tendono a rimanere fermi, in equilibrio tra l’attrazione gravitazionale di due grandi masse. Dopo aver ricevuto la sua grande spinta verso la Luna dal motore dello stadio superiore del razzo SLS, il modulo di servizio di Orion, fornirà la propulsione per raggiungere DRO.

Credits Around the Moon with NASA’s First Launch of SLS with Orion, Nasa

I requisiti per entrare in DRO

L’utilizzo del DRO per Artemis I richiede l’uso di quattro principali navigational burns mirate: due vicine e due lontane dalla Luna. Questo servirà per entrare e uscire dall’orbita.

  1. Orion volerà al suo avvicinamento lunare più vicino a circa 96 km sopra la superficie della Luna.
  2. Quindi farà affidamento sulla forza gravitazionale della Luna insieme ad una propulsive burn, anche nota come flyby potenziato in uscita. Questo permetterà di dirigere il veicolo spaziale verso DRO.
  3. Infine Orion effettuerà un secondo propulsive burn per entrare in DRO e stabilizzarsi nell’orbita.
Credits Nasa

In partenza dalla DRO

Per il ritorno sulla Terra, la capsula Orion si dirigerà dalla DRO verso un altro sorvolo ravvicinato entro circa 96 km dalla superficie della Luna. Un’altra combustione del motore da parte del modulo di servizio (flyby di ritorno) e l’assistenza gravitazionale dalla Luna, permetteranno ad Orion di raggiungere la traiettoria verso casa. La Terra sarà in grado di accelerare Orion a una velocità di circa 40200 km/h, offrendo l’opportunità di dimostrare lo scudo termico della capsula quando raggiungerà temperature di circa 2760°C durante l’ingresso in atmosfera.

Rappresentazione artistica rientro nell’atmosfera,Orion, Credits Nasa

La conoscenza delle DROs oltre Orion

La ricerca della DRO si è evoluta da molti precedenti studi sull’architettura del volo spaziale umano. I pianificatori della missione hanno sviluppato una solida base di conoscenza dell’orbita e hanno determinato che DRO potrebbe raggiungere gli obiettivi per Artemis I. Lo studio connesso alle DROs sarà di fondamentale interesse anche per i successivi programmi spaziali.