Soprattutto nelle stagioni estive degli ultimi anni è sempre più frequente scorgere in cielo la sagoma gialla dei Canadair, velivoli sfruttati come principali “armi” contro i roghi che si verificano in Italia e non solo. Ma quando sono nati e come funzionano i pompieri del cielo?
I velivoli Canadair nascono nel 1944 dall’omonima azienda, fondata dal governo canadese (da cui prende il nome) per rifornire la Royal Canadian Air Force di idrovolanti sfruttati per il pattugliamento marittimo (Consolidated PBY Catalina), seguiti immediatamente da una variante dei Douglas DC-4, nominata “Northstar”. Per la produzione e il primo volo di un aereo anfibio appositamente progettato per la lotta antincendio bisogna invece aspettare il 1967, con il CL-215, velivolo bimotore concepito per operare efficacemente in regioni boscose e, ovviamente, sull’acqua.
Nonostante soprattutto in Europa il termine Canadair sia tuttora di uso comune come sinonimo di velivolo usato per lo spegnimento di roghi, l’azienda fondatrice venne prima nazionalizzata dal governo canadese e poi, nel 1986, ceduta a Bombardier, la quale procede nello sviluppo e nel potenziamento dei precedenti modelli.
A tal proposito, va citato il Viking Air 415, anche conosciuto come Canadair 415 o Bombardier 415, ovvero il modello attualmente in dotazione alla Protezione Civile Italiana, così come ad altri paesi europei e non. Il triplice nome è di fatto dovuto al progressivo “passaggio di consegne” avvenuto nello sviluppo dell’aereo, visto che nel 2016 la Viking Air Limited ha rilevato dalla Bombardier la produzione del CL-415.
Il Viking Air 415 è, come anticipato, un velivolo anfibio, ossia in grado di agire non solo su superficie terrestre ma anche su un qualsiasi specchio d’acqua, il che lo contraddistingue dagli idrovolanti, in grado di atterrare e decollare solo dall’acqua. Dal punto di vista propulsivo si tratta di un velivolo bimotore turboelica ad ala alta, con eliche quadripala a passo variabile. P
er l’atterraggio e la movimentazione terrestre è previsto un carrello triciclo, con il ruotino anteriore retraibile nella fusoliera e le due laterali che invece vengono affiancate alla stessa, rimanendo quindi sporgenti al di sotto delle ali anche nelle fasi di volo. L’ammaraggio è invece reso possibile dallo scafo centrale metallico, supportato da due galleggianti equilibratori fissati in prossimità delle estremità alari.
La fase di rifornimento, propriamente detta fase di “scooping” o “flottaggio” in italiano, dura appena 12 secondi. Attraverso delle bocchette (probes) di 15 cm di diametro, reticolate per evitare il passaggio di residui potenzialmente dannosi, il velivolo è in grado di riempire i due serbatoi raggiungendo una capacità totale di 6140 litri.
Questa fase di “volo radente” avviene in circa 410 m, a condizione che lo specchio d’acqua abbia una profondità minima di 1.5 m. Il flottaggio è ovviamente velocizzato dal movimento del Candair stesso, che in questa condizione passa dal volo in crociera (velocità massima di 376 km/h a 1500 m) a 130 km/h circa. L’autonomia prevede ben 3 ore di volo continuative, permettendo il rilascio di 9 carichi d’acqua nel caso di fonte d’acqua distante meno di 10 km.
All’interno di specifici serbatoi posti solitamente sotto i sedili sono poi previste sostanze chimiche come polveri o schiuma, che, miscelate all’acqua raccolta, agiscono come ritardanti per la propagazione dell’incendio, formando di fatto una sorta di barriera fisica tra vegetazione e fuoco. La schiuma in particolare diventa fondamentale nel caso di roghi di grandi dimensioni, poiché permette alla miscela di attraversare la nube di fumo che si crea e che non permetterebbe alla sola acqua di raggiungere la base delle fiamme.
Generalmente dall’allarme al decollo del CL-415 decorrono circa 30 minuti. Segue una fase di studio del rogo, volta ad individuare testa e coda dell’incendio, velocità di propagazione e direzione del vento. Infine si agisce allineando il velivolo con la testa dell’incendio e scaricando i serbatoi attraverso l’apertura di 4 portelloni. Le criticità sono ovviamente diverse e riguardano sia gli operatori a terra che i piloti del Canadair stesso.
Nel primo caso è infatti necessario che l’acqua venga rilasciata con estrema precisione per evitare seri danni ai veicoli e uomini a terra, ecco perché è prevista la presenza di un secondo pilota che si occupa unicamente del rilascio dell’acqua e della movimentazione degli altri sistemi di bordo.
Nel secondo caso un fattore fondamentale è il volo a bassa quota, reso necessario dal fatto che un rilascio del carico ad un’altitudine maggiore porterebbe alla vaporizzazione dell’acqua, ossia alla formazione di piccole goccioline d’acqua che di fatto sarebbero inutili allo spegnimento del rogo. Ovviamente quote così basse espongono i piloti a diversi ostacoli naturali (montagne, alberi) o artificiali (cavi della corrente o tralicci), tant’è che i piloti, generalmente ex-militari, devono essere appositamente addestrati anche dal punto di vista fisico.
L’Italia conta attualmente una delle più ampie flotte Canadair al mondo, con 15 CL-415 disponibili, a cui si aggiungono ben 19 elicotteri tra i modelli a disposizione dei Vigili del Fuoco e quelli appartenenti alla Difesa di Stato e all’Arma dei Carabinieri, esemplari che talvolta partecipano anche a missioni antincendio in altre zone europee.
Ci sono poi ben 16 basi sparse nella penisola in cui i modelli Canadair vengono dislocati stagionalmente o in via permanente, anche se le principali sono a Genova, Roma e Lamezia Terme. Parlando invece dei costi, ciascun esemplare ha un prezzo di circa 25 milioni di euro, mentre un’ora di volo si aggira intorno ai 6 mila euro. Abbastanza recente è inoltre l’annuncio della nascita di un nuovo modello di Canadair sviluppato dalla De Havilland Canada.
I primi esemplari del DHC-515, che integra le caratteristiche dei predecessori a diverse migliorie in termini prestazionali rese possibili dalle nuove teconologie avanguardistiche, vedranno verosimilmente la luce nella seconda metà del decennio, nonostante l’azienda abbia già ricevuto delle richieste d’acquisto provenienti dall’Europa.
A cura di Antonio Lerose