Home » DART: partita la prima missione di difesa planetaria

Lo scorso 24 novembre è partita la missione DART (Double Asteroid Redirection Test), missione della NASA con lo scopo di difesa della Terra da parte di eventuali attacchi di asteroidi. La missione rappresenta solo una parte dell’immenso scenario riguardante le strategie di difesa sostenute dalla NASA. La missione è stata sviluppata e guidata da Johns Hopkins membro dell’ Applied Physics Laboratory (APL) in Maryland. Lo scopo della missione sarà quello di colpire l’asteroide Dimorphos, il più piccolo del complesso Didymos, formato da due asteroidi. Dimorphos ha un diametro di circa 530 piedi (160 metri), mentre Didymos ha un diametro di circa 2.560 piedi (780 metri).

L’impatto cinetico di DART può essere misurato molto più facilmente di un cambiamento nell’orbita di un singolo asteroide attorno al Sole. La motivazione è che Dimorphos orbita attorno a Didymos a una velocità relativa molto più bassa rispetto alla coppia che orbita attorno al Sole. Questa missione sarà il test per capire se saremo in grado di salvarci da un eventuale impatto di asteroidi sulla Terra.

Le prime fasi della missione

DART missione
Lift off di Falcon 9. Crediti: NASA

Il vettore di lancio utilizzato per lanciare la missione è stato il Falcon 9, di SpaceX. Dopo circa un’ora dal distacco del razzo dalla piattaforma di lancio, è avvenuta la separazione del secondo stadio del razzo. Alcuni minuti dopo i mission operators (la stazione di Terra con il compito di seguire la missione) hanno ricevuto i primi segnali di telemetria.

Si è proceduto con l’orientamento del satellite per il raggiungimento della posizione ottimale rispetto al Sole. Questo ha permesso il dispiegamento dei pannelli solari di larghezza 8.53 metri. Essi alimenteranno sia il velivolo spaziale che l’Evolutionary Xenon Thruster, il motore a ioni sviluppato dalla NASA. I test ambientali, avvenuti un anno prima del lancio, hanno verificato che il thruster può resistere alle vibrazioni e alle temperature estreme del volo spaziale. Anche questa si presenta come una nuova tecnologia che sarà testata proprio sulla missione in esame.

DART missione
Evolutionary Xenon Thruster – Commercial ion engine. Crediti: NASA

Cosa accadrà tra 11 mesi?

Tra meno di un anno la missione DART dovrà colpire come un proiettile il suo target: l’asteroide Dimorphos. L’impatto cinetico tra i due corpi in esame servirà a variare, di poco, la direzione dell’asteroide. In questo modo la missione Dart dimostrerà che un veicolo spaziale è in grado di navigare autonomamente, puntando al suo target. Il valore aggiunto al veicolo spaziale riguarda la capacità di impattare intenzionalmente verso un pericolo. Questo test fungerà da cavia per raccogliere dati importanti che permetteranno di essere preparati per un eventuale difesa da un asteroide particolarmente pericoloso. Il moto dell’asteroide potrà essere misurato grazie all’installazione di telescopi terrestri a bordo di DART.

Lindley Johnson, ufficiale della difesa planetaria presso il quartier generale della NASA afferma:

“Non abbiamo ancora trovato alcuna minaccia significativa di impatto di asteroidi sulla Terra. Continuiamo a cercare quella popolazione considerevole che sappiamo essere ancora da trovare. Il nostro obiettivo è quello di trovare qualsiasi possibile impatto, con anni o decenni di anticipo, in modo che possa essere deviato.

L’impatto avverrà tra il 26 settembre e il 1 ottobre 2022 a circa 6 km/s. Gli scienziati affermano che l’impatto accorcerà l’orbita dell’asteroide attorno al suo complesso. I ricercatori invece valideranno tale teoria in modo quantitativo, misurando la deviazione di Dimorphos.

Strumentazione utilizzata dalla missione DART

DART missione
Crediti: ASI (Agenzia Spaziale Italiana)

DRACO Didymos Reconnaissance and Asteroid Camera for Optical navigation è lo strumento che fornirà le prime immagini dell’asteroide. Esso sarà acceso una settimana prima dell’impatto. L’altro sistema a bordo è lo SMART Nav (Small-body Maneuvering Autonomous Real Time Navigation), un sofisticato sistema di guida. Esso permetterà al veicolo spaziale di distinguere i due asteroidi, indirizzandolo verso Dimorphos. La missione è seguita e controllata da numerose stazioni di terra:

  • il Jet Propulsion Laboratory nel sud della California
  • il Goddard Space Flight Center a Greenbelt, nel Maryland
  • il Johnson Space Center di Houston
  • il Glenn Research Center di Cleveland
  • il Langley Research Center di Hampton, in Virginia

Il lancio è gestito dal Launch Services Program della NASA, con sede presso il Kennedy Space Center dell’agenzia in Florida.

Il contributo italiano alla missione DART

La missione DART. Credits: ASI

Il piccolo satellite a bordo di DART: LiciaCube è tutto Made in Italy. Esso è stato realizzato da una compagnia torinese Argotec, in collaborazione con l’Asi (Agenzia Spaziale Italiana), la quale lavora nel campo dei microsatelliti. Il LiciaCube avrà il compito di filmare l’impatto per dichiarare la riuscita della missione. Il satellite entrerà a lavoro circa 10 giorni prima dell’impatto e una volta separatosi da DART, viaggerà autonomamente per filmare l’impatto. Esso è realizzato con due telecamere Leia (Liciacube Explorer Imaging for Asteroid) e Luke (Liciacube Unit Key Explorer). LiciaCube sarà il primo satellite italiano più lontano dalla Terra e sarà gestito solo da italiani.