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Propulsore allo iodio: il 28 febbraio 2021 si concludono con successo i test

SITAEL is leading the consortium to develop very high power electric  propulsion for space exploration
Propulsore Hall. Crediti: Sitael

La propulsione elettrica in poche parole

La propulsione elettrica, come il propulsore allo iodio, genera in un propulsore la spinta tramite energia elettrica che può essere derivata sia da una fonte solare, come dei pannelli solari che convertono la radiazione solare in energia elettrica, sia da una fonte nucleare, che divide i nuclei atomici per rilasciare grandi quantità di energia.

Questa energia è impiegata per ionizzare le particelle di combustibile che formano il plasma e, a seconda del tipo di propulsore, viene generata la spinta.

Di solito come propellente viene utilizzato lo xeno: è un elemento facilmente ionizzabile e abbastanza pesante da generare una spinta soddisfacente. Tuttavia però questo gas è raro, deve essere conservato ad alta pressione (quindi è difficile immagazzinarlo), e la produzione commerciale è molto costosa.

Propulsore
Propulsore allo iodio. Crediti: ThrustMe

Una ricerca svela il propulsore allo iodio

Per la prima volta un satellite è stato alimentato con successo dallo iodio. Questo elemento si è comportato meglio del tradizionale propellente scelto, lo xeno, evidenziando la sua potenziale utilità per le future missioni spaziali.

Per ovviare a questo problema, sono stati compiuti numerosi studi che cercano di sostituire lo xeno nell’utilizzo dei propulsori elettrici. Grazie a nuove ricerche, potremmo presto avere un’alternativa.

La società ThrustMe, una start-up francese, ha da poco concluso uno studio nello spazio di un loro propulsore che utilizza lo iodio per generare la spinta. Questa tecnologia promette di far diventare sistemi di propulsione satellitare più efficienti ed economici.

Lo iodio è significativamente più abbondante ed economico dello xeno ed ha il vantaggio aggiuntivo di poter essere conservato non pressurizzato, come un solido.

Dmytro Rafalskyi, CTO e co-fondatore di ThrustMe

Prima di testare questa nuova tecnologia nello spazio, sono stati eseguiti numerosi test a terra, tutti molto promettenti. Questo è il segno che in futuro la nostra esplorazione dello spazio continuerà.

Propulsore allo iodio
Cubesat con propulsore allo iodio. Crediti: ThrustMe

La missione del 6 novembre

Il team di ingegneri ha utilizzato lo iodio per alimentare un satellite CubeSat da 20 kg con un motore denominato NPT30-I2, lanciato il 6 novembre 2020. Le manovre sono state eseguite con successo e lo iodio ha dimostrato di raggiungere una maggiore efficienza di ionizzazione rispetto allo xeno.

Oltre ai vantaggi di cui abbiamo già parlato, i sistemi a base di iodio potrebbero anche essere costruiti in forme notevolmente più piccole e semplici rispetto ai satelliti attuali: a differenza dello xeno e di altri propellenti, lo iodio può essere immagazzinato a bordo nella sua forma solida prima di essere convertito in gas, quindi non c’è bisogno di ingombranti serbatoi di gas ad alta pressione.

La riuscita dimostrazione dell’NPT30-I2 significa che possiamo procedere al passo successivo nello sviluppo della propulsione allo iodio

Dmytro Rafalskyi

Durante i test nello spazio, la società ha sviluppato nuove soluzioni che consentono di aumentare le prestazioni e hanno iniziato un’ampia campagna di test di resistenza a terra per spingere ulteriormente i limiti di questa nuova tecnologia”.

Propulsore allo iodio
Satelliti intorno alla Terra. Crediti: LeoLabs

A cosa può portare questa nuova tecnologia?

L’uso dello iodio per rendere i satelliti più compatti ha molteplici vantaggi potenziali: aumenterebbe le possibilità di dispiegamento delle costellazioni di satelliti, potranno essere addestrate per evitarsi a vicenda, e potranno essere smaltite quando hanno raggiunto la fine della loro vita utile.

Le sfide però rimangono: al momento i motori a iodio non sono così reattivi come le loro controparti allo xeno. Tuttavia, questo è un importante passo avanti per la tecnologia.

Ci sono alcune difficoltà con lo iodio che devono essere affrontate, afferma Rafalskyi. Ad esempio, lo iodio reagisce con la maggior parte dei metalli, quindi il team ha dovuto utilizzare ceramiche e polimeri per proteggere parti del sistema di propulsione. Inoltre, lo iodio solido impiega circa 10 minuti per trasformarsi in plasma, questo potrebbe non fornire propellente abbastanza rapidamente per manovre di emergenza per evitare collisioni in orbita.

Il CEO e co-fondatore di ThrustMe ha dichiarato che ha preferito pubblicare i risultati dei test dell’azienda su Nature per ricevere delle revisioni paritarie e rendere i dati accessibili pubblicamente. Inoltre, questo fornisce alla comunità ulteriore fiducia in questa tecnologia e aiuta a creare un punto di riferimento all’interno del settore.

Propulsore allo iodio
Propulsore allo iodio. Crediti: ResearchGate

Come funzione il propulsore allo iodio

Il sistema di propulsione riscalda prima un blocco solido di iodio, trasformandolo in un gas. Il gas viene bombardato da elettroni ad alta velocità che lo trasformano in un plasma di ioni ed elettroni liberi. L’hardware caricato negativamente accelera quindi gli ioni di iodio caricati positivamente dal plasma verso lo scarico del sistema e spinge in avanti la navicella spaziale.

Sia gli ioni di iodio atomici, che quelli molecolari, vengono accelerati da griglie ad alta tensione per generare la spinta. Un raggio altamente collimato può essere prodotto con una sostanziale dissociazione dello iodio. Il sistema di propulsione è stato utilizzato con successo nello spazio a bordo di un piccolo satellite con manovre confermate utilizzando i dati di localizzazione satellitare.

Il team ha utilizzato con successo il sistema 11 volte in una serie di piccole manovre fino al 28 febbraio 2021.

Se vogliamo un’esplorazione spaziale sostenibile, in cui non creiamo tanta spazzatura spaziale come oggi, dobbiamo installare sistemi di propulsione su tutti i satelliti, anche su quelli più piccoli. Ciò potrebbe consentire ad un satellite di tornare sulla Terra invece di rimanere in orbita fino alla fine della sua vita.

Foto da ricerca Nature
Propulsore allo iodio. Crediti: Nature