La Stazione Spaziale Internazionale ospita astronauti da più di venti anni. Questa struttura assicura agli astronauti la sopravvivenza in un ambiente ostile all’essere umano e, inoltre, fornisce tutti gli strumenti per condurre centinaia di ricerche scientifiche a bordo. Per rendere possibile tutto ciò, è necessario inviare annualmente alla stazione più di 3200 kg di pezzi di ricambio. Altri 13000 kg di ricambi hardware sono immagazzinati a bordo della stazione, e 18000 kg a terra, pronti a volare se necessario. Una soluzione per alleggerire i viaggi spaziali sarebbe la stampa 3D.
Attualmente negli USA, per un solo chilogrammo di carico inviato in un’orbita terrestre bassa, il costo oscilla tra i 2.000$ e i 10.000$. Quando sei a 400 chilometri dalla Terra, dopo tutto, vuoi assicurarti di avere tutti i rifornimenti necessari, dai bulloni ai supporti per i cavi. Proprio per questo la NASA ha sempre approcciato le sue missioni con il motto: “è meglio prevenire che curare”, tuttavia, significa che la stragrande maggioranza delle parti immagazzinate sulla ISS non vengono mai utilizzate.
Per alleggerire il carico e ridurre i costi, la NASA sta utilizzando la ISS come banco di prova per dimostrare un modo alternativo di produrre le parti necessarie, direttamente nello spazio: la stampa 3D.
La stampa 3D, chiamata anche produzione additiva, è il processo di creazione di un oggetto tridimensionale in cui strati successivi di materiale vengono depositati per generare la forma del modello disegnato preventivamente. Nata negli anni ’80, questa tecnica di produzione, ha fatto importanti progressi ed ora è in grado di utilizzare qualsiasi materiale: dalla plastica, al metallo, alla ceramica. Le tecnologie di stampa 3D trovano molte applicazioni nell’industria e nel mondo degli sport ad alte prestazioni, ma stanno trovando uno uno spazio nel mercato hobbistico.
Nel 2016, la prima stampante a volare nello spazio ha completato una missione dimostrativa sulla ISS nota come “3D printing in zero gravity“. L’hardware è stato sviluppato da Made in Space Inc. in collaborazione con la NASA con l’obiettivo di testare le possibilità della stampa 3D nello spazio per le future applicazioni nelle missioni della stazione spaziale e per i voli interplanetari.
Made in Space ha sviluppato una stampante 3D di piccole dimensioni per adattarsi all’interno del Microgravity Science Glovebox. L’apparecchiatura è stata sviluppata per soddisfare tutti gli standard di sicurezza della Stazione Spaziale e ha completato una vasta gamma di test per valutare la tecnologia nelle missioni a gravità zero. Inoltre, i test hanno certificato anche l’interferenza elettromagnetica (EMI), le vibrazioni, la conformità dei materiali e i controlli elettronici.
Nel volo spaziale, la stampa 3D ha mostrato un’importanza crescente. Una delle aziende che utilizza la stampa 3D come parte integrante della produzione è SpaceX. Il motore SpaceX SuperDraco è uno dei primi motori a razzo completamente stampato in 3D.
Le applicazioni di questa nuova tecnologia sono infinite. L’aspetto più importante è che limiterebbe la quantità di parti immagazzinate sulle stazioni spaziali. Un recente studio interno della NASA ha analizzato i guasti che l’hardware della ISS ha avuto in passato: l’82% di questi fallimenti erano superabili con la sostituzione di parti attraverso la produzione additiva. Di quel 82%, il 28,6% era costituito unicamente da materie plastiche e compositi che possono essere forniti attraverso una produzione basata unicamente sull’estrusione di materie plastiche.
Alcune materie plastiche utilizzate sulla ISS sono anche riciclabili, una caratteristica da non trascurare per una ricaduta importante quando si considera l’efficienza e il risparmio sui costi. Un giorno la schiuma e le pellicole utilizzate per imballare il carico potrebbero potenzialmente diventare materie prime per la produzione.
Inoltre, con le prime dimostrazioni di successo della stampa 3D sulla Stazione Spaziale Internazionale, la NASA spera di applicare in definitiva l’approccio della produzione additiva a missioni di lunga durata, come l’esplorazione di Marte o le operazioni umane sostenute sulla superficie lunare, scenari in cui il rifornimento del carico non è così prontamente disponibile.
Per verificare la conformità dei pezzi creati, sono stati stampati contemporaneamente i pezzi sulla Terra utilizzando una stampante 3D identica a quella in orbita. Questi duplicati verranno utilizzati per analizzare le differenze delle proprietà tra le parti prodotte sulla Terra e quelle di ritorno dallo spazio. Una delle prime parti stampate dal team sulla ISS è un cricchetto.
Poiché molte delle parti necessarie nelle missioni spaziali sono in alluminio, titanio e acciaio, la NASA sta anche collaborando con una serie di piccole imprese per sviluppare stampanti per metalli per la ISS.
Sulla Terra, il metodo di stampa 3D in metallo preferito per il settore aerospaziale è l’SLM (selective laser melting). In questo processo, la polvere metallica viene depositata da una tramoggia su una piastra di costruzione. Un laser, quindi, fonde in modo selettivo la polvere, depositando uno spessore di circa un capello umano. Questi sistemi, tuttavia, sono molto ingombranti e hanno requisiti di potenza elevati. Inoltre, le polveri sono un pericolo per la respirazione, sono combustibili e sarebbero difficili da gestire in un ambiente di microgravità.
Tali vincoli hanno spinto la NASA a considerare altri processi oltre l’SLM per l’adattamento allo spazio: macchine ultrasoniche che utilizzano le vibrazioni per unire strati adiacenti di lamina metallica, macchine che impiegano un processo di saldatura per depositare e fondere strati successivi di filo metallico, e metodi che depongono metalli utilizzando filamenti o paste di particelle metalliche confezionate in un legante polimerico.
Tuttavia, questo era solo il primo passo. Mentre la capacità di stampare oggetti, parti e strumenti 3D direttamente sulla ISS è stato uno sviluppo importante, l’obiettivo finale di Made in Space è creare tecnologie di produzione per applicazioni extraterrestri.
La flessibilità della produzione nello spazio è di vitale importanza per le missioni spaziali a lungo termine: non solo consentirà la produzione di componenti e strumenti troppo fragili per sopravvivere alle massicce forze g coinvolte nel lancio nello spazio, ma sarà un requisito per qualsiasi missione spaziale estesa, come l’eventuale colonizzazione di Marte.